

Discover more from Il colore verde
Acqua piovana, acqua sovrana
🌍 Il colore verde #155: La pioggia devasta l'Emilia-Romagna e ancora una volta c'entrano l'incuria, il cambiamento climatico e la nostra incapacità a proteggere
Ciao!
Un regalino per te, in anteprima: ho selezionato 99 libri sul clima, l’ambiente, la biodiversità. Una mini-libreria per salvare il pianeta. Qui l’elencone.
Nella puntata di oggi invece trovi una riflessione sull’Emilia e sull’acqua. Come scriveva D’Annunzio in una celebre poesia:
Acqua di monte, acqua di fonte, acqua piovana, acqua sovrana,
acqua che odo, acqua che lodo, acqua che squilli, acqua che brilli,
acqua che canti e piangi, acqua che ridi e muggi.
Tu sei la vita e sempre sempre fuggi.
Pronti, via.
🌧️ Quarantotto ore di pioggia
Per parlare di ciò che è successo in Emilia-Romagna martedì e mercoledì, parto da Torino. Vivo a un passo dal Po, esattamente sopra la diga Michelotti, che nel centro della città – all’altezza di Piazza Vittorio e della Gran Madre – divide in due il fiume, da una parte la parte navigabile e gonfia, dall’altra la parte sempre più esile a causa dalla siccità.
Lunedì primo maggio pioveva tanto. Io non lavoravo e così ho passato la giornata a guardare fuori dalla finestra. Era uno spettacolo degno di un documentario del National Geographic. Credo di non essermi mai emozionato tanto di fronte a un cielo grigio e a un fiume che riprende vita, che si sporca di marrone, che sovrasta gli isolotti corsari emersi nell’ultimo anno. La pioggia era regolare, intensa ma non minacciosa, le rondini svolazzavano in cerchio. Mi sembrava un incantesimo, una magia della natura finalmente riuscita.
«Bagniamoci di pioggia, di emozioni mai perdute» cantano Giulio Wilson e gli Inti Illimani in un album appena uscito, Agua.
Dopo solo 48 ore le emozioni sono mutate completamente. La stessa pioggia che aveva benedetto il Po, ha maledetto l’Emilia-Romagna. Due giorni di pioggia senza sosta, record storici battuti in numerosi punti, più di 200 mm di acqua, quanta ne dovrebbe cadere in due mesi. Una “flash flood”, un’alluvione improvvisa.

Sono esondati fiumi – Silaro, Lamone, Senio – ci sono state frane e allagamenti: a Castel Bolognese, in provincia di Ravenna, un uomo di 80 anni è morto travolto dalle acque esondate del fiume Senio; a Fontanelice, in provincia di Bologna, un uomo è morto nel crollo di una casa. Sono state chiuse alcune strade e diverse centinaia di persone hanno dovuto abbandonare le proprie case.
Abbiamo visto foto e video impressionanti: acqua ovunque, soccorsi che si muovevano in canoa, come nei grandi disastri stranieri, gli uragani negli Stati Uniti, i monsoni in Asia. Questa foto di Michele Lapini sembra scattata alle coordinate opposte del Pianeta.
In poche ore il dibatto mediatico aveva già preso le forme di sempre: “maltempo”, “emergenza”, “disastro naturale”. Espressioni vere e comprensibili, ma non complete. Gli eventi meteo estremi ci colgono ancora piuttosto impreparati dal punto di vista scientifico e culturale. Dovremmo fare come sui pacchetti delle sigarette, mettendo in guardia degli effetti collaterali del climate change: NON È MALTEMPO, È (ANCHE) CAMBIAMENTO CLIMATICO.
Il cambiamento climatico è un fattore sempre più decisivo in eventi simili. Intanto perché agisce da moltiplicatore, intensificando e rendendo più frequenti gli eventi estremi. Negli ultimi 30 anni gli eventi meteo estremi globali sono aumentati dell’83% rispetto al trentennio precedente. Una situazione in costante crescita nel nostro Paese: secondo il Cnr, in Italia il 2022 è stato l’anno con il maggior numero di eventi meteo estremi. Leggendo i consigli della Protezione civile da seguire in caso di alluvione, sembra di vivere in un Pianeta diventato ormai inospitale.
Ma il cambiamento climatico c’entra anche quando non piove. La siccità prolungata che abbiamo vissuto negli ultimi due anni ha seccato i terreni, compattandoli, rendendoli meno permeabili alle piogge. Quando cade tanta acqua dal cielo in poco tempo, un terreno molto secco non riesce ad assorbirla alla stessa velocità di un terreno umido.
Politici e persino qualche scienziato ha aggiunto una causa a ciò che è capitato sulla Via Emilia. “Colpa degli istrici”, “cosa c’entrano le nutrie con l’alluvione?” titolano molti giornali. Istrici e nutrie, ma anche le volpi, creano tane lungo gli argini e indeboliscono così la resistenza alla pressione del corso d’acqua. Il geologo Mario Tozzi si è scagliato contro questa interpretazione, al limite della fake news: «È un alibi ai danni provocati da noi Sapiens». Non solo perché non ci sono prove dirette che la causa siano proprio le tane, ma anche perché molti animali incriminati fanno parte di specie aliene. Scrive il geologo:
Le nutrie provengono dai grandi bacini fluviali sudamericani, da cui furono importati negli anni Cinquanta del XX secolo, soprattutto nel Polesine, quando la moda imponeva, anche alle donne meno abbienti, una pelliccia che potesse non farle sfigurare di fronte ai costosi visoni (lo chiamavano, pomposamente, Rat Musquet, o castorino). Ma le mode passano e, per liberarsene, gli allevatori non trovarono di meglio che rilasciare le nutrie in fiumi e paludi nostrane. Non considerandone la straordinaria capacità riproduttiva e l’adattabilità.
Se molti argini sono collassati, altri hanno retto con facilità: merito delle opere di pulizia e rafforzamento implementate negli scorsi anni. Perché di fronte a questi disastri c’è un nemico più grande di tutti quelli citati finora: l’incuria.
Antonello Pasini nel libro L’equazione dei disastri spiega perché il nostro Paese è così soggetto a dissesti idrogeologici. L’Italia è un Paese fragile dal punto di vista geologico e geografico, ma noi ci abbiamo messo del nostro: consumo di suolo, abusivismo edilizio, scarsa programmazione. Secondo l’Ispra, ogni secondo due metri quadri di terreno naturale vengono conquistati dall’uomo, che ci costruisce sopra qualcosa.
L’equazione che formula Pasini è:
Il rischio aumenta quindi, all’aumentare di qualsiasi fattore. La vulnerabilità è data dalla fragilità del territorio, l’esposizione da dove costruiamo, la pericolosità è data dalla frequenza dei fenomeni atmosferici. Con il cambiamento climatico il coefficiente della pericolosità è aumentato, facendo crescere il rischio. Pasini, ricercatore del Cnr, proprio in questi giorni ha scritto su Nature un appello “Migliorare la fiducia tra scienza del clima e politica”: è la chiave per ottenere risultati concreti.
Forse l’ho scritto mille volte, ma le strade da percorrere per ridurre i disastri e le brutte notizie sono tante, da percorrere in contemporanea. Le principali direzioni sono due: ridurre le emissioni di gas serra che provocano il cambiamento climatico e nel frattempo prepararci a condizioni meteorologiche e climatiche già mutate. Mitigazione e adattamento. Prevenire costa molto meno.
Dopo l’alluvione dell’Emilia-Romagna mi sono sentito in colpa. Per aver gioito di fronte alla pioggia sul Po, per aver pensato fosse una benedizione a costo zero. Ho provato un grande sconforto, tanto da pensare di non scrivere questo sabato. Ho riflettuto e riflettuto ancora ed è così che mi è venuto in mente D’Annunzio e la usa poesia che si impara a scuola: acqua piovana, acqua sovrana. Maestri e professoresse ci spiegavano che quel sovrana significava “territoriale”, l’acqua che spetta a una Nazione. Vorrei ribaltare il significato: acqua sovrana perché comanda lei. Comanda sempre lei. Di fronte alla forza della Natura, non siamo noi i sovrani. Siamo minuscoli.
📰 Notizie, letture, sguardi
Ultima Generazione ora si spoglia: attiviste e attivisti del movimento giovedì 4 maggio hanno bloccato Via del Tritone, a Roma, si sono incatenati e si sono spogliati (Ansa).
The Conversation è tornato sull’argomento attivismo: la manifestazione di Londra di Extinction Rebellion del weekend 21-23 aprile, The Big One, ha ricevuto pochissima copertura mediatica, mentre le performance estreme dei gruppi più radicali sono state molto raccontate. È un problema? (The Conversation)
“End Fossil: Occupy!”: 22 scuola e università europee sono state occupate dagli attivisti climatici (The Guardian)
Come l’Earth Fund di Jeff Bezos, il suo fondo miliardario per il Pianeta, sta spendendo i suoi soldi (Podcast “Zero” di Bloomberg)
Se danneggi l’ambiente mi licenzio: il fenomeno del climate quitting (L’Essenziale)
Bisogna agire subito se vogliamo salvare il Po e il Norditalia (L’Essenziale)
Sostenibilità, si sa cos’è? In Italia poca conoscenza. Tanti i pigri e gli scettici. Un sondaggio Ipsos (Corriere)
Le regole della sopravvivenza: strategie, adattamenti e migrazioni nel mondo animale (Francesca Buoninconti su Il Tascabile)
📸 La mia foto preferita
Una volpina tra i narcisi in fiore, sulle rive del fiume Dodder di Dublino, Irlanda.
💚 Grazie!
Se sei qui, vuol dire che Il colore verde ti piace davvero e ti è utile: grazie per supportare questa newsletter. Il colore verde è nato nel 2020 e lo curo io, Nicolas Lozito, friulano, 32 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa. Nel 2021 la newsletter ha vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici e Radio 3 Scienza.
La comunità de Il colore verde ha un bosco di 250 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO₂: trovi la sua storia e i suoi dati qui. Se vuoi adottare un albero anche tu da ZeroCO₂, usa il codice ILCOLOREVERDE per uno sconto del 30%.
Tengo il corso “Progettare una newsletter” per la Scuola Holden. Il prossimo ciclo di lezioni inizia il 6 giugno: 5 incontri serali, una a settimana, online. Con il codice HOLDENPRO hai lo sconto del 10%. Segnalo anche il corso “Cronache dal Pianeta Terra”, che farò quest’estate per Scuola Holden e Fronte del Borgo. È pensato per docenti (dal 28 giugno, 8 lezioni).
Ho curato anche tre podcast: Climateers (2021, Pillow talk), Cambiamenti (2022, Emons record), e Verde speranza (Onepodcast/La Stampa).
Se vuoi darmi una mano:
• Condividi la puntata sui social. Se lo fai su Instagram, taggami: nicolas.lozito.
• Considera una donazione. Mi aiuteresti a sostenere questo progetto editoriale. Puoi donare su DonorBox o Paypal.
Acqua piovana, acqua sovrana
Settembre 2022 è successa la medesima alluvione pochi chilometri più a sud... 8 mesi per le menti politiche sono un battito di ciglia ma l'incuria, giorno dopo giorno, aumenta la vulnerabilità dei nostri territori. Che le precipitazioni abbiano cambiato il loro carattere non è in dubbio, che la meteorologia sia in difficoltà anche, perchè di giorno in giorno cambiano le condizioni al contorno, e sentire un ministro che usa parole vecchie di quarant'anni come infrastrutturazione del territorio come unico rimedio per contrastare le alluvioni fa rabbrividire. Un saluto dal magnifico verde veneto cementificato.
D'accordissimo con tutto quello che hai scritto sull'alluvione in Emilia Romagna. In particolare, non bisogna dimenticare che la bassa pianura Padana è una è sempre stata soggetta ad alluvioni ed eventi simili. Ricordo almeno una piena con esondazione del Panaro, provincia di Modena, all'anno, prima degli anni 90. Ora è un fenomeno molto raro. Eccezionale appunto.
Per quanto riguarda il discorso sulla siccità, che ha creato la scarsa ritenzione delle acque da parte della terra, oltre al cambiamento climatico, come concausa, è da riflettere anche sulla scarsa quantità di sostanza organica presente in queste terre. Depauperata dalle tecniche di lavorazione della moderna agricoltura. La sostanza organica funziona come una spugna e contribuisce all'assorbimento, all'infiltrazione e alla ritenzione delle acque