Comincia sempre ma non finisce mai
🌍 Il colore verde #186 Cop28 si chiude con un accordo che sancisce l'inizio della fine dell fonti fossili. Il lungo lunghissimo addio riparte oggi e punta al 2050
Buongiorno!
Ho contato le parole che ho scritto nelle ultime due settimane sulla Cop: 12.960. A cui si aggiungono quelle di oggi. Poi basta non ne parlo più. Anche perché devo ancora trovare tutti i regali di Natale.
Nel frattempo è arrivato Threads e ci sono anch’io. Sto raccogliendo buoni propositi verdi per il 2024, come avevo fatto l’anno scorso. Se ne hai e usi il nuovo social, scrivimi lì — altrimenti fallo nei commenti qui, basta cliccare questo tasto:
5️⃣ Come è finita Cop?
Come riassumere in una frase il risultato di Cop28?
Se sei ottimista → È l’inizio della fine dell’era dei combustibili fossili.
Se sei pessimista → È l’ennesimo primo passo di un percorso di transizione che comincia sempre ma non finisce mai.
Se sei realista → L’accordo è migliore delle aspettative, crollate negli ultimi giorni di negoziati; ma peggiore delle legittime speranze che si erano create in queste due settimane emiratine.
Senza dubbio Dubai 2023 diventerà un precedente utile, forse addirittura storico: come dicevo sabato scorso le Cop servono anche a mutare lentamente lo spirito del tempo.
Ora cinque punti per capire tutto.
IL “TRANSITION AWAY”
Sabato scorso dicevo che il successo di Cop si giocava sul concetto di phase out, eliminazione graduale delle fonti fossili. Alla fine di phase out non c’è traccia, ma è stata inserita una nuova formula.
Il punto più importante del Global Stocktake – il documento approvato all’unanimità – è racchiuso nelle parole transitioning away, transizione fuori, ovvero “abbandono” delle fonti fossili entro il 2050 per mantenere il livello di surriscaldamento globale entro il livello di sicurezza +1,5°C. Per la prima volta nella storia degli accordi finali delle Cop si attribuisce così chiaramente la responsabilità alle fonti fossili e si indica un orizzonte temporale entro il quale eliminarle dai nostri sistemi produttivi. Transitioning away è un linguaggio di compromesso. È meno rigido e deciso di phase out, eliminazione graduale.
CHI STAVA CON CHI
I Paesi più green chiedevano il phase out (Europa, Usa, ma anche l’America latina), i Paesi ricchi di petrolio si rifiutavano di approvare qualsiasi accordo che contenesse questa espressione. In mezzo una zona grigia di delegazioni, soprattutto provenienti da Paesi in via di sviluppo, che puntavano a un accordo che attribuisse responsabilità alle fonti fossili ma anche ai Paesi storicamente più ricchi e inquinatori.
L’accordo finale, festeggiato dall’assemblea plenaria dei 198 Paesi con quasi un minuto di applauso liberatorio, accontenta tutti senza far gioire nessuno. Strette di mano e sorrisi in prima fila per John Kerry, delegato Usa e il suo corrispettivo cinese Xie Zhenhua. L’intesa è stata figlia anche della distensione dei rapporti “climatici” tra i due grandi emettitori di CO₂. E della capacità di Sultan Al Jaber di mettere, alla fine, tutti d’accordo al ribasso, visti i tanti interessi in gioco: persino l’Arabia Saudita a un certo punto ha detto sì. Sul Guardian ieri è uscita una bella ricostruzione delle ultime ore di negoziato.
COSA PREVEDE L’ACCORDO
Il testo finale (21 pagine) elenca i tanti modi in cui gli Stati possono ridurre le emissioni. Prima di tutto, triplicando l’energia rinnovabile entro il 2030. E poi: allargando il ruolo delle altre fonti a emissioni zero, come il nucleare (che compare per la prima volta in un documento finale di Cop), e delle tecnologie che assorbono le emissioni degli impianti o catturano la CO₂ dall’aria. Il testo chiede la riduzione dei sussidi alle fonti più sporche come il carbone; il taglio delle emissioni di metano entro il 2030, e una spinta alla transizione energetica nel settore dei trasporti. La contropartita, però, si legge una riga dopo l’elenco, al punto 29 del documento: «Si riconosce il ruolo dei combustibili “transitori” (su tutti il gas) come facilitatori della transizione per assicurare sicurezza energetica» degli Stati. Un punto – controverso – che sembra in linea anche con la visione del governo italiano e il Piano Mattei.
Sugli altri temi, l’accordo è meno dettagliato. Si riconosce la scienza del cambiamento climatico e l’adattamento ha un ruolo importante nei prossimi anni di fronte a una crescente crisi climatica, ma mancano strumenti effettivi. E anche sulla finanza si procede debolmente: c’è stato qualche progresso nel mercato dei crediti del carbonio, ma le roadmap operative arriveranno. Se vuoi approfondire gli altri punti dell’accordo, però, ti consiglio l’analisi dell’Italian Climate Network.
LE REAZIONI, CARTINA AL TORNASOLE
Un po’ di reazioni interessanti. Per Al Gore l’accordo è stato «il minimo indispensabile». Il segretario Onu per il clima, Simon Stiell, ha fatto capire che il risultato politico è importante, ma ora arriva il difficile: «Gli Stati devono interpretare il testo nel suo senso più ambizioso».
E infatti subito dopo l’accordo c’è chi ha già provato a trovare le “scappatoie”. Un delegato saudita ha detto che il documento «non tocca le nostre esportazioni e la nostra capacità di vendita». La Russia ha detto che non ha senso affidarsi a una “transizione caotica”. Al Jaber ieri ha fatto sapere che la sua azienda, la compagnia petrolifera emiratina Adnoc, continuerà a investire nel petrolio.
LA CANOA BUCATA
La lettura migliore di questo “lungo addio” al fossile la offre John Silk, il delegato delle Isole Marshall, tra le voci più forti per la riduzione drastica delle emissioni: «Sono venuto qui dalle mie isole per lavorare con tutti voi per risolvere la più grande sfida della nostra generazione. Sono venuto qui per costruire insieme una canoa per il mio Paese. Ora l’abbiamo costruita: è debole, perde, è piena di buchi. Ma dobbiamo comunque metterla in acqua».
✅ Diamo i voti
Vincitori e vinti di Dubai in una comoda infografichetta che ho fatto per te.
Ci rivediamo alla Cop29 in Azerbaigian (e nel 2025 in Brasile).
Notina di fine Cop
Un’ultima volta, una menzione a chi ci ha aiutato a capire Cop in queste settimane e che ti consiglio di seguire anche il resto dell’anno. Il think tank Ecco, l’associazione Italian Climate Network, la newsletter Areale di Ferdinando Cotugno per Domani, la cronaca e i reportage di Giacomo Talignani e Luca Fraioli su Green&Blue. Il podcast Un clima pesante di Lorenzo Tecleme. Il Guardian, Carbon Brief, Heated. Gli amici di ZeroCo2 che erano là a esportare la loro rivoluzione verde. E grazie anche alle tante persone che mi hanno inviato comunicati, informazioni, testi. Cito il più instancabile e il più preparato: Nicola Flamigni del Gscc Network.
🔎 LO STUDIO: Gemelli vegani
Cosa succede se un gemello segue una dieta vegana e l’altro una onnivora?
Riassunto rapidissimo: sta meglio il vegano, soprattutto dal punto di vista cardiovascolare. E forse a questo punto possiamo definitivamente smetterla di litigare quando amici, parenti, figli ci dicono che hanno scelto un’alimentazione a base vegetale.
Un gruppo di 14 ricercatori e ricercatrici della Stanford University, in California, nel 2022 ha condotto uno studio clinico su 22 coppie di gemelli adulti identici (omozigoti) in buona salute. Per permettere una valutazione in parallelo degli effetti dell’alimentazione vegana rispetto a quella onnivora, ciascuna coppia ha seguito per otto settimane una dieta sana, a base di cereali, frutta e verdura, ma differenziata tra i due fratelli o le due sorelle: una integrava anche alimenti di origine animale e l’altra no. I risultati dello studio, pubblicato il 30 novembre sulla rivista scientifica JAMA, hanno mostrato un miglioramento dei valori relativi alla salute cardiovascolare maggiore nell’individuo di ciascuna coppia che aveva seguito la dieta vegana.
→ Se vuoi leggere tutto, trovi l’articolo qui e lo studio qui. Se invece sei del partito “se non vedo non credo” ecco un bel video dell’Università di Stanford con i protagonisti della ricerca.
📸 LA MIA FOTO PREFERITA
Questo pesciolino che “sale” su questa medusa come fosse un ascensore. La foto è di Tom Shlesinger, vincitore del concorso fotografico della Royal Society Publishing. Qui la gallery.
💚 GRAZIE!
Se sei qui, vuol dire che Il colore verde ti piace davvero e ti è utile: grazie per supportare questa newsletter. Il colore verde è nata nel 2020 e la curo io, Nicolas Lozito, friulano, 32 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa. Nel 2021 la newsletter ha vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici e Radio 3 Scienza.
La comunità de Il colore verde ha un bosco di 250 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO₂: trovi la sua storia e i suoi dati qui. Se vuoi adottare un albero anche tu da ZeroCO₂, usa il codice ILCOLOREVERDE per uno sconto del 30%.
Insegno alla Scuola Holden di Torino e al Master di giornalismo della Luiss di Roma. Tengo anche dei corsi aperti, come “Progettare una newsletter” per Holden Pro.
Ho curato anche quattro podcast: Climateers (2021, Pillow talk), Cambiamenti (2022, Emons record), Verde speranza (Onepodcast/La Stampa) e Moltitudini (Laterza, 2023).
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Ciao Nicolas,
grazie e complimenti per la tua NL.
Scusa se cerco sempre il pelo nell'uovo, ma vorrei far notare, riguardo allo studio sulla dieta vegana VS onnivora, che esistono moltissimi modi di essere onnivori. In particolare nello studio è stata scelta una dieta onnivora che includeva "almeno una porzione (170-220 g) di pesce, carne o pollo E un uovo e una porzione e mezza di latte o latticini al giorno". Mi sembra una dieta onnivora decisamente molto, MOLTO ricca di proteine di origine animale (in particolare carne e pesce); anche se, effettivamente, può essere abbastanza vicina alla dieta "media" di molti occidentali onnivori.
È quindi almeno incompleto, se non inesatto, dedurne che "tra un vegano e un onnivoro sta meglio il vegano", o comunque che una dieta onnivora (in generis) è meno sana di una dieta vegana.
La mia opinione (tutta da dimostrare) è che una dieta onnivora meno ricca di proteine animali potrebbe comunque essere più sana di una dieta vegana (che può invece avere problemi di carenza di vitamina B12, ferro e calcio).
La domanda interessante (ma immagino di difficile risposta) è: oltre quale soglia le proteine di origine animale causano più danni che benefici?
Tuttavia sono d'accordo nel dire che la dieta media di un occidentale dovrebbe prevedere una forte riduzione del consumo di carne.
Riguardo alla COP, invece, il rapporto Oxfam che spiega CHI emette di cui hai parlato in precedenza (https://www.oxfamitalia.org/clima-il-50-delle-emissioni-prodotte-dal-10-piu-ricco) permette di vedere molte delle "conquiste" nel modo giusto (pessimista o realista?): un modo per far restare buona parte dei soldi per la transizione ecologica (grandi investimenti nelle rinnovabili, nucleare e anche il fondo Loss&Damage) in mano ai maggiori responsabili delle emissioni (riferedosi non tanto agli stati quanto alle persone).
Grazie ancora e complimenti per il lavoro che fai
Ciao Nicolas, ti seguo ormai da un po' e volevo ringraziarti del servizio che rendi. Ho 31 anni e negli ultimi 10 anni ho provato sempre più a perfezionarmi come essere umano: ho venduto la macchina e uso quasi solo la bicicletta (la macchina ce l'ha la mia compagna e quando occorre la usiamo insieme), sono vegetariano e quando posso mangio vegano e, in generale, tutte le volte che posso cerco di fare scelte che credo abbiano un minore impatto ambientale (spesso raccolgo anche plastica da terra). Ti racconto questo perché il tuo lavoro (e quello di molti tuoi colleghi) sono una fonte di ispirazione e mi aiutano a perfezionare le mie scelte e i mie comportamenti di tutti i giorni.
Per questo ti ringrazio e ti abbraccio.
Gionata