L'ora più buia, l'era più calda
🌍 Il colore verde #98: La guerra in Ucraina non si ferma. Nel frattempo arrivano nuovi allarmanti dati sull'impatto dell'emergenza climatica
Il colore verde è una newsletter settimanale sulla crisi climatica e la sostenibilità. Esce ogni sabato e iscriversi è gratis.
Siamo al decimo giorno di guerra in Ucraina e ancora facciamo fatica a vedere qualche spiraglio di luce. Mentre l’invasione russa avanza feroce, i negoziati proseguono a rilento: nonostante la resistenza dell’esercito e dei volontari ucraini, molte aree sono già cadute in mano alle forze di Putin. I civili stanno fuggendo dal Paese: in soli sette giorni sono scappate dalle città ucraine almeno 1 milione di persone. É la più rapida e grande crisi migratoria dai tempi della Seconda guerra mondiale.
Ogni giorno siamo raggiunti da brutte notizie dal fronte: foto, video, testimonianze angoscianti. Ieri è stata colpita una centrale nucleare e il terrore di incidenti con conseguenze estreme si è fatto ancora più forte. Ci scopriamo vicini, vicinissimi al conflitto: perché a soffrire è un popolo che conosciamo bene. Nelle immagini che ci arrivano le persone ritratte ci assomigliano. Sentiamo una fratellanza indissolubile con il popolo ucraino. Sono europei tanto quanto noi.
Lo storico Yuval Noah Harari, che ho citato sabato scorso, ha scritto un nuovo articolo sulla crisi russo-ucraina, in cui sostiene che “Putin ha già perso la guerra” (qui in italiano, a pagamento, su La Stampa). Anche se riuscisse a conquistare il Paese invaso, non riuscirebbe mai a controllarlo. Perché gli ucraini hanno dimostrato — e noi l’abbiamo capito — “di essere un vero popolo, una vera nazione, e di non volere vivere sotto l’impero russo”. Secondo Harari però questo non fermerà il conflitto, Putin non si arrenderà certo facilmente, e la guerra potrà durare ancora a lungo.
Non bastasse la guerra, lunedì scorso è arrivato l’ennesimo allarme per il climate change. L’Ipcc, ovvero l’organo delle Nazioni unite che si occupa di cambiamenti climatici (il più importante e riconosciuto ente al mondo sull’argomento), ha pubblicato nuovi dati abbastanza impressionanti. Si tratta del secondo volume del sesto rapporto: in questo documento viene affrontato il tema dell’impatto e gli effetti dei cambiamenti climatici e dell’aumento della temperatura media globale (la prima parte del rapporto era uscita lo scorso autunno e trattava delle basi scientifiche del climate change).
Secondo António Guterres, segretario generale delle Nazioni unite, il documento è un “atlante della sofferenza umana e una schiacciante accusa contro i fallimenti della leadership politica sui temi del clima”. E in questi giorni di conflitto, dimostra ancora una volta che “l’unica guerra che dobbiamo combattere è contro l’emergenza climatica”, come scrive Chiara Saccani su Instagram.
Faccio un riassunto, ma se vuoi approfondire trovi in fondo alla mail un po’ di link.
Gli effetti del climate change sono più forti e più veloci di quanto stimassimo. Le prove scientifiche oggi sono inequivocabili: il benessere degli esseri umani e la salute della Terra sono minacciati.
Più del 40% della popolazione mondiale è già ora molto vulnerabile agli effetti dell’emergenza climatica: in grande parte si tratta di comunità povere che poco hanno contribuito a causare il surriscaldamento globale.
Se l’aumento medio della temperatura globale superasse il livello di +1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali di 150 anni fa (e oggi siamo già a +1,1°C), gli effetti sulla natura sarebbero irreversibili: aumento dei periodi di siccità, difficoltà per coltivazioni e stress idrico. Non solo: molte isole e città costiere rischieranno sempre di più di affondare e scomparire.
La finestra temporale è sempre più stretta: bisogna intervenire entro questo decennio per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra causate dalle nostre attività. Ma ciò non basta: bisogna anche investire di più sull’adattamento, ovvero su tutte le misure per rendere le nostre città e le nostre infrastrutture meno vulnerabili al caos climatico.
Più la Terra si riscalda, più si attivano degli eventi a catena dall’effetto imprevedibile: dei domino che colpiscono tanto la natura quanto le popolazioni umane, mettendo a rischio la sicurezza idrica e alimentare. Ci saranno sempre più conflitti causati dall’emergenza climatica, e flussi migratori sempre più incontenibili.
Il conflitto in Ucraina non è attribuibile in maniera diretta agli effetti della crisi climatica. Ma per alcuni un rapporto c’è.
Lo racconta molto bene Fabio Deotto (scrittore che già avevamo conosciuto in questa puntata) in un articolo uscito su Fanpage. Deotto riporta alcune parole di una ricercatrice ucraina dell’Ipcc, Svitlana Krakovska.
Domenica, durante una riunione su Zoom, nonostante l’IPCC solitamente scoraggi apertamente la discussione su questioni geopolitiche, Krakovska ha deciso di affrontare di petto l’elefante nella stanza: “Posso assicurarvi che il cambiamento climatico causato dall’essere umano e la guerra contro l’Ucraina hanno connessioni dirette, nonché le medesime radici – ha dichiarato –, queste radici sono i combustibili fossili e la dipendenza che l’umanità ha nei loro confronti”. Il giorno seguente, in un’intervista rilasciata a Time, ha usato parole ancora più esplicite: “Se noi non dipendessimo dai combustibili fossili, la Russia non avrebbe i mezzi per finanziare questa aggressione”.
Non a caso l’Unione europea annuncerà nei prossimi giorni un nuovo piano per “accelerare la transizione verso l’energia pulita e ridurre permanentemente la nostra dipendenza dalle importazioni di gas naturale”, come recita una bozza analizzata dal New York Times.
É un nuovo punto di riflessione importante: da sempre la guerra è lo strumento per appropriarsi delle risorse naturali, e molto spesso viene finanziata dai guadagni generati dalle stesse risorse naturali. Deotto aggiunge una postilla, necessaria:
Attenzione, però: questo non significa che la crisi climatica basti a spiegare la situazione attuale. Piuttosto, la guerra che oggi sta devastando le città ucraine è il prodotto di una complessa combinazione di circostanze storiche, geopolitiche ed economiche che la crisi climatica sta contribuendo a esacerbare.
📰 Link, Link, Link
Sul rapporto dell’Ipcc:
• “L’Ipcc spiega come il riscaldamento globale impatta sulla nostra vita”. Su Green & Blue di Repubblica.
• “La crisi climatica corre molto più veloce di noi, secondo l’Ipcc”. Tommaso Perrone su Lifegate.
• “L’impatto dei cambiamenti climatici non è uguale per tutti”. Francesco Suman su IlBo.
• “Cosa c’è in ballo? In breve: tutto”. Sul Guardian.
Altri link:
• “Come l’Europa vuole diventare energeticamente indipendente”. Enrico Pitzianti su Linkiesta.
• “Il piano boschivo dell’Italia e i passi ancora da fare: il 91% delle foreste non è gestito in modo sostenibile”. Su Pianeta 2030 del Corriere.
• La storia dell’italiano che vive da quattro anni in una casa sull’albero. Paolo Rodari su Repubblica (ma il contenuto è per abbonati)
• “Sex and the climate. Come il clima cambia le congiunzioni tra esseri umani”. L’ultimo libro di Stefano Caserini, raccontato su Valori.it.
• Green&Blue vuole raccogliere gli scatti legati al cambiamento climatico in Italia, contest aperto fino al 28 aprile.
• Un concorso fotografico sulla “bellezza dell’acqua nella Valle Maira”. Qui il regolamento.
•Un seminario Erasmus+ che si terrà in maggio a Udine su clima, ecologia, sostenibilità e politica. Qui la open call.
👇 La foto più bella
Il risveglio dall’ibernazione di una rana verde di Hwaseong, Corea del Sud. La vita che vorremmo fare tutti noi.
💌 Per supportarmi
Se ancora non mi conosci, ciao! Sono Nicolas Lozito, friulano, 31 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa. Curo questa newsletter da marzo 2020. Esce ogni sabato e nel 2021 ha vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici e Radio 3 Scienza. Ho fatto anche un podcast: Climateers, sulle pionieri e i pionieri dell’ambientalismo. Se vuoi darmi una mano:
• Condividi la puntata sui social. Se lo fai su Instagram, taggami: nicolas.lozito.
• Fai iscrivere tutti. Amiche e amici, parenti, colleghe e colleghi qui.
• Considera una donazione. Mi aiuteresti a sostenere questo mio progetto editoriale. Puoi donare su DonorBox o Paypal.