TASSATE I SUPER RICCHI!
🌍 Il colore verde #202 Esther Duflo, nobel per l'Economia nel 2019, ha proposto al G20 di tassare i 3000 redditi più alti del mondo per ripagare i costi della crisi climatica
Ciao ciao ciao e ciao!
Brevi aggiornamenti: Federica è tornata tra noi dopo le settimane di fatiche per l’esame da giornalista; io stamattina metto la cravatta e intervisto Pichetto Fratin.
Per farci perdonare per l’ennesima newsletter lunghissima abbiamo un regalino. Tre versi di una poesia di Mariangela Gualtieri (dovremmo impararla a memoria).
«Amare, adorare, amare potentemente il mondo questo bisogna ora.»
È tratta dal libro Bello Mondo (Einaudi). Consigliato è dir poco.
Questa newsletter arriva a 6.694 persone. +31 rispetto l’ultima puntata
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😱 L’Asia sconquassata dalle piaghe climatiche
Diversi Paesi asiatici sono colpiti dall’emergenza climatica e dagli eventi meteo estremi. Rapido riassunto per non perdere traccia che il clima sta cambiando a casa nostra e lontano da qui:
In Bangladesh ad aprile i giorni di ondate di calore son stati 23. Nella capitale Dhaka le temperature hanno superato i 40°C. A Bangkok, Thailandia, mercoledì facevano 40,1°C. 30 morti. Scuole chiuse nelle Filippine, Bangladesh e India.
In India ci sono le elezioni (durano sei settimane): il troppo caldo sta riducendo l’affluenza.
In Cina invece piove da record: 110.000 persone sono state evacuate nella regione del Guangdong.
Sembrano bollettini bellici.
🥶 Perché fa o ha fatto così freddo? C’entra il vortice polare artico (e il climate change)
Ecco cosa dire al pranzo del primo maggio quando in famiglia qualche zio negazionista dirà “eh guarda che freddo che fa”!
Il vortice polare artico è l’amministratore del freddo globale. È una corrente d’aria fredda che circonda il Polo Nord e in situazioni normali gira molto velocemente rimando stabile nella sua solita zona. Con l’aumento di temperature globali a causa del climate change, il vortice rallenta e quando rallenta si frastaglia allargando il suo percorso e lambendo zone lontane dal Polo. Così il freddo arriva improvvisamente in zone sempre più lontane dal Polo Nord e colpisce anche noi, soprattutto nell’Italia settentrionale — spezzando a metà il Paese.
Per fare un parallelo immaginati l’impasto sotto la frusta della planetaria. Quando va veloce si concentra, quando rallenta inizia a sbrindellarsi (rende l’idea). Se l’immagine non ti convince, ecco uno schemino facile:
🤝 Parte il G7 sull’Ambiente, lo guida l’Italia, ma tutti i Paesi sono indietrissimo
Domani, domenica 28 aprile, si apre a Venaria (Torino) il G7 dedicato al Clima, l’Energia e l’Ambiente, ovvero la riunione delle sette grandi economie globali. Il tema chiave: dare seguiti concreti alle parole della Cop28 di Dubai, dove gli Stati si son accordati per ridurre gradualmente l’uso di carbone, petrolio e gas. Le sette potenze ricche del Pianeta, che hanno inquinato di più a livello storico, si assumeranno la responsabilità di guidare la transizione? (Se devo rispondere io dico: per come butta la situazione, tra elezioni europee e americane a un passo, tutti vorranno temporeggiare). A guidare i tre giorni di dialoghi e negoziati il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin.
Ma gli Stati devono ancora fare molti compiti a casa: Climate Analytics ha analizzato i piani di riduzione delle emissioni dei Paesi del G7 e ha riscontrato che nessuno dei sette è in traiettoria per raggiungere gli obiettivi per il 2030.
Le economie del G7 devono ridurre le proprie emissioni del 58% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019 per fare la loro parte nel limitare il riscaldamento a 1,5°C. L’attuale livello di ambizione collettiva del G7 per il 2030 è insufficiente, pari al 40-42%, ma le politiche esistenti suggeriscono che il G7 probabilmente raggiungerà solo una riduzione del 19-33% entro la fine di questo decennio.
→ Su La Stampa di oggi in edicola abbiamo raccontato bene l’evento. Ho intervistato anche Sam Hall, direttore del Conservative environment network, la rete degli ambientalisti di destra. Se non lo dici a nessuno, ti regalo il pdf qui. Però in cambio compra una copia de La Stampa quando ne avrai occasione o abbonati al sito.
🌱 A maggio non sfalcio: smettere di tagliare l’erba sta diventando una moda
Se sei qui da più di un anno ricorderai questa puntata “Dobbiamo smetterla di tagliare l’erba”, una delle preferite dagli iscritti.
Amministrazioni pubbliche e cittadini riducono il taglio dell’erba nelle aree verdi e nei giardini per favorire la biodiversità (api e farfalle soprattutto). In Inghilterra il movimento “No Mow May” (A maggio non sfalcio) sta diventando enorme. A Milano il Comune ha annunciato che anche questa primavera praticherà il cosiddetto “sfalcio ridotto” o “differenziato” in alcune aree verdi della città.
Secondo un nuovo studio britannico pubblicato su Science of the Total Environment lasciare prati e giardini incolti favorirebbe l’aumento del numero di insetti del 93% in campagna e del 18% in città.
🎶 La natura diventa un’artista musicale e inizia a guadagnare le royalties
Se hai Spotify (o altre app per ascoltare la musica in streaming) da questa settimana puoi cercare NATURE e trovare un’artista musicale verificata. Sul profilo trovi canzoni di diversi generi, tutte accomunate da una caratteristica: all’interno c’è qualche suono naturale campionato. E ogni ascolto genererà delle royalties, ovvero dei diritti d’autore, che finiranno in progetti in favore della natura stessa.
L’iniziativa si chiama Sounds Right, ed è stata voluta dal Museo delle Nazioni Unite. Per il lancio, avvenuto lo scorso lunedì per la giornata della Terra, è uscito anche un remix di Get Real di David Bowie realizzato con suoni naturali da Brian Eno.
→ Lo studio è stato appena pubblicato su Science Advanced
Se la temperatura aumenta, tax the rich
di
Nessuno aveva mai pensato di usare le tasse per contrastare la crisi climatica nel Sud Globale. Nessuno prima dell’economista e premio Nobel Esther Duflo che, la scorsa settimana, sul palco del G20 (una riunione di pezzi grossi della finanza globale che mettono insieme l’80% del PIL del mondo) ha proposto di tassare i super-ricchi e versare i soldi direttamente sui conti correnti delle famiglie più colpite dalla crisi climatica. I Paesi del Sud del mondo sono quelli che storicamente hanno emesso meno e che oggi affrontano le conseguenze peggiori del clima che cambia.
Nel 2019, l’1% più ricco della popolazione mondiale ha inquinato quanto i due terzi più poveri dell'umanità. Questa piccola porzione determinerà, tra il 2020 e il 2030, la morte di circa 1,3 milioni di persone. Uno studio del Potsdam Institute ha calcolato che l’aumento delle temperature produrrà danni per 38 mila miliardi di dollari ogni anno (un numero che forse non saprei neanche scrivere).
«I Paesi meno responsabili del cambiamento climatico potrebbero subire una perdita di reddito del 60% superiore a quella dei Paesi a reddito più elevato e del 40% superiore a quella dei Paesi a emissioni più elevate. Sono anche quelli con meno risorse per adattarsi ai suoi impatti», scrivono gli scienziati nel report.
Esistono già strumenti finanziari per fronteggiare la situazione, come il Fondo per le perdite e i danni (loss and damage) che fino a oggi non ha prodotto sostanziali risultati, visto che gli Stati per ora hanno promesso di versare solo 700 milioni di dollari, circa lo 0,2% di quello che sarebbe necessario per aiutare i Paesi in via di sviluppo.
«I poveri affrontano un duplice pericolo nei confronti del cambiamento climatico» ha spiegato Duflo in un’intervista al Financial Times. «Il primo problema è che tendono a vivere in luoghi che sono già caldi. E quindi, mentre il Pianeta si riscalda, ci saranno sempre più giorni al di sopra di 35°C, in particolare in quei Paesi. E poi, il secondo problema che hanno è che sono poveri. E la povertà è un grande impedimento per adattarsi al cambiamento climatico».
In uno scenario di aumento estremo delle temperature, ci saranno 6 milioni di morti in più all’anno fino al 2100, come si vede nella mappa del Global Impact Lab. Se guardate la parte in rosso potete vedere dove saranno concentrate.
Se la osserviamo dal punto di vista dei “mortality costs”, cioè quanta ricchezza viene persa a causa della morte prematura di parte della popolazione, il caldo spazzerà via circa il 3,2% del PIL globale nel 2100. «Ogni tonnellata di anidride carbonica che immettiamo in atmosfera ha un costo» ha detto Duflo.
L’Occidente ha un “debito morale” verso i Paesi più poveri. L’economista ha cercato di calcolare esattamente a quanto ammonta incrociando tre dati: l’effetto di una tonnellata di CO₂ sul riscaldamento globale, moltiplicato per l'effetto della temperatura sulla mortalità, moltiplicato per un valore di un anno di vita di una persona, un indicatore che i governi chiamano “valore di una vita statistica”.
Cerco di spiegarmi meglio e, trigger warning, questo passaggio richiede un minuto di concentrazione. Secondo i calcoli di un team di esperti dell’Università di Chicago, il costo di una tonnellata di carbonio immessa in atmosfera è di circa 37 dollari, moltiplichiamolo per 14 miliardi di tonnellate di emissioni l’anno (l’impronta di carbonio totale di Stati Uniti ed Europa): il risultato è poco più di 500 miliardi di dollari. «Questo è il danno che imponiamo ai Paesi poveri, solo il danno della mortalità. Solo dalla parte ricca del mondo alla parte povera del mondo» ha concluso Duflo.
Come recuperiamo questi soldi? L’esperta ha individuato due fonti principali: aumentare la tassa sulle multinazionali, dall’attuale 15% al 18%, e introdurre un’imposta del 2% sul patrimonio delle tremila persone più ricche al mondo, seguendo una proposta già discussa dal G20 a febbraio.
Somma totale? 500 miliardi di dollari e debito ripagato (più o meno). La stessa Duflo ammette che i suoi calcoli sono approssimativi perché considerano soltanto l’effetto dell’aumento delle temperature sulla mortalità e non contano altri disastri ambientali. In più, non sono presi in considerazione i danni ai settori produttivi o i costi di adattamento a condizioni sempre più estreme.
«Quindi perché prendere solo la mortalità? Prima di tutto, è molto chiaro che questo è un costo imposto ai paesi poveri. La seconda ragione è che si potrebbe dibattere su tutto il resto. Ma come possiamo discutere sul fatto che il nostro comportamento sta uccidendo le persone, e che questo è degno di compensazione?».
L’economista ha anche proposto che i soldi raccolti vengano trasferiti direttamente alle persone minacciate dal cambiamento climatico; un’altra parte sarebbe diretta a rafforzare i sistemi di assicurazione contro i disastri ambientali; una terza porzione servirebbe per costruire strumenti di adattamento alle crisi come luoghi con aria condizionata in caso di ondate di calore.
«Credo che ci sia un chiaro slancio politico verso una tassazione minima per i super-ricchi. Non credo che accadrà oggi o domani, ma credo che sia molto più percepita come qualcosa di ragionevole. Per quanto riguarda la mia proposta… Quando la diffondevo in giro lo scorso anno, in genere ottenevo dei ‘sì’ gentili con tutti che dicevano: “Ah, sembra una bella idea”. Segno che non mi stavano ascoltando per niente. Ora la gente mi chiede: “Ma dove dovrebbero andare i soldi? E come verranno gestiti?”. Domande molto più concrete, il che mi fa pensare che in realtà potrebbe essere esattamente il momento giusto. Voglio credere che succederà. È davvero necessario. Ed è ragionevole. Non è così difficile».
Greencome
È un new media, che racconta sui social le cose verdi; ma anche una rete che coinvolge persone e organizzazioni nella lotta al cambiamento climatico. L’ha fondato Duccio Travaglini, inserito anche nella lista Forbes Under 30. Hanno anche una newsletter:
Gli animali hanno una cultura?
Che succede se gli esperti del clima incontrano un gruppo di comici
Città naturali
In edicola c’è il nuovo numero de Linkiesta Magazine dedicato alla salvaguardia del Pianeta
“Se deve finire così, non beveteci nemmeno”
La nuova campagna pubblicitaria della birra Ichnusa insieme a Legambiente Sardegna
Cucù! La meteorologa Katarzyna Kudłacz ha condiviso questo scatto dalla sua casetta della stazione di ricerca polacca alle Svalbard. Una mamma orsa con due cuccioli guardano curiosi attraverso lo specchio. “Un’esperienza bellissima, ma poi li abbiamo scacciati: è importante ricordare che sono animali selvatici e vanno prese le giuste distanze”.
Se sei qui, vuol dire che Il colore verde ti piace davvero e ti è utile. La newsletter è nata nel marzo 2020 e la curo io, Nicolas Lozito, friulano, 33 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa.
Da febbraio 2024 Federica De Lillis collabora con me. Giornalista romana, ora vive a Milano e lavora per Sky Tg24. I suoi focus: nuove generazioni, diritti e digitale.
La comunità de Il colore verde ha un bosco di 300 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO₂: trovi la sua storia qui. Se vuoi adottare un albero anche tu da ZeroCO₂, usa il codice ILCOLOREVERDE per uno sconto del 30%.
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Pazzesca la roba del vortice polare artico!
Che bello vedere che anche in una stazione di ricerca alle isole Svalbard ci sono forti giocatrici e giocatori di giochi in scatola!