Vivere in grattacieli di legno
🌍 Il colore verde #50: A Milano si costruisce un ufficio "biofilico", a Vienna un palazzo è fatto al 74% di legno, a Tokyo nascerà un bio-edificio alto 350 metri
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Da almeno due secoli ci raccontiamo la favola dei Tre porcellini. Apparsa in forma scritta per la prima volta nel 1842, si riassume così: un lupo dà la caccia a tre maialini che per salvarsi costruiscono una casa ciascuno. Il primo porcellino usa la paglia, il secondo il legno, il terzo mattoni e cemento. Le prime due case, fatte di materiali precari, vengono distrutta. Solo la terza regge la ferocia della bestia.
Forse questa storia, così radicata dentro di noi, c’entra con la diffidenza verso materiali di costruzione naturali e la nostra scarsa capacità di immaginare soluzioni ibride.
Pensaci: nessuna famosa utopia, distopia, saga fantastica ci fa abitare o lavorare in edifici diversi dalle solite costruzioni di acciaio, calcestruzzo e plastica. Certo, ci sono le eccezioni. Ma molto estreme e poco umane: gli Hobbit della Contea del Signore degli Anelli vivono in case di legno dentro la collina, i Na’Vi di Avatar se la cavano in simbiosi con la natura, almeno fino a che l’uomo arriva a depredarli.
Anche la realtà fa fatica a immaginare soluzioni ibride: le case di legno stanno bene ai margini; adatte a eremiti, hippie o villeggianti più che a comuni cittadini indaffarati.
O almeno così credevo fino a tre settimane fa. Poi ho scoperto che c’è qualcuno, là fuori, che ha fatto per noi un enorme sforzo di immaginazione: palazzi e grattacieli di legno. Esistono, eccome.
Ho partecipato alla presentazione di un progetto dallo studio del giapponese Kengo Kuma, tra i più importanti architetti al mondo, che ha pensato un edificio sorprendente per Milano. Guardalo in questo render:
Il progetto “bio-architettonico” sorgerà nell’ex area Rizzoli di Parco Lambro, una zona industriale abbandonata da decenni. È stato voluto (pre-Covid) da Europa Risorse e finanziato dal fondo PineBridge Benson Elliot: i lavori sono appena iniziati e saranno conclusi nel 2024.
Al complesso è stato dato un nome ambizioso (i soliti milanesi): “Welcome, feeling at work”. Sottotitolo: l’ufficio biofilo del futuro. Sei strutture che coprono 50.000 metri quadri che faranno spazio a uffici, co-working, ristoranti e aree per eventi. Il tutto incastonato tra ampi spazi all’aperto, orti, serre e giardini e una piazza circondata da piccole colline.
Solo la base degli edifici è in calcestruzzo, il resto è in acciaio, vetro e legno. Un legno lamellare a strati incrociati che permette grandi carichi e grande resistenza alle fiamme.
Un progetto, nelle intenzioni degli architetti, a emissioni zero: circolarità dei materiali usati, fonti rinnovabili, recupero dell’acqua. L’obiettivo delle emissioni zero è più semplice con il legno: la produzione di cemento e acciaio è responsabile del 10% delle emissioni globali di gas serra.
Come spiega Yuki Ikeguchi, l’architetta dello studio Kengo Kuma che ha progettato la struttura: «Si tratta di architettura biofilica, che riporta la vita in città. Significa vivere in simbiosi e a contatto con la natura. Stimola i nostri sensi e asseconda la nostra tendenza a trovare comfort e ispirazione».
È la prima grande costruzione in legno in Italia, ma nel mondo gli esempi sono sempre più frequenti: il Mjøstårnet è il più alto grattacielo al mondo in legno (85,4 metri), e si trova in Norvegia. L’HoHo di Vienna è fatto al 74% di legno. A Tokyo vogliono realizzare il W350, alto 350 metri, quasi il doppio del Pirellone. Lo stesso Kengo Kuma ha fatto del legno la sua firma d’autore: qui trovi alcuni dei suoi altri lavori.
Se leggi Il colore verde vuol dire che, come me, non ti fai incantare dalle apparenze. E capisco se a un primo pensiero queste costruzioni ti lasciano perplesso: fanno felici costruttori e uffici marketing, ma che ruolo hanno nella salvaguardia dell’ambiente?
Io credo che il loro contribuito – al di là degli effettivi benefici pratici per chi lo vive – sia più profondo, culturale. Edifici di legno e quartieri mescolati con la natura trasformano l’orizzonte di una città. Lo skyline diventa verde: ed è anche così che cambia la rappresentazione della città.
E sappiamo che se cambia la rappresentazione, cambia tutto il resto. Come una favola che entra nel nostro patrimonio identitario: nuove idee, dibattiti, cultura. Nuovi spazi ibridi per un’umanità ibrida.
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Ps. Lo so: questa puntata e la precedente iniziano entrambe con delle storie di animali. Me ne sono reso conto solo stamattina! Sooorrry 🐷🐘😁
Iniziative verdi:
La settimana scorsa segnalavo l’uscita di Seaspiracy su Netflix. Nel frattempo abbiamo capito che il documentario ha molte lacune ed errori di retorica.
Netflix ha presentato il suo piano per raggiungere emissioni zero. Molto serio.
Già che ci siamo, se te li sei persi: i migliori documentari sull’ambiente su Netflix, parte 1 e parte 2, sul mio profilo Instagram.
Legambiente ha presentato al governo la lista delle 10 opere da realizzare per una vera transizione ecologica, a partire dalla conversione dell’Ilva di Taranto.
Il mio caro amico Matteo Grillo è diventato referente per il Friuli della onlus Plastic Free: si sono conosciuti grazie a una puntata di questa newsletter.
Domani esce un episodio del podcast Sunday Glut su clima, Bill Gates e sostenibilità. Io saró loro ospite. Qui il link dove domattina trovi la puntata.
Segnalibri:
Conversazione con Shaama Sandooyea, la prima attivista a scioperare sott’acqua per il clima. Stella Levantesi su LifeGate.
Nel 2020 abbiamo distrutto più foreste del 2019. Male. Articolo del Guardian, studio di Global Forest Watch.
La storia dei ciliegi giapponesi che fioriscono in anticipo come mai succedeva da millenni. In inglese con i grafici o in italiano sul Corriere.
Uno studio molto sull’importanza di usare la bici al posto dell’auto.
Com’è l’aria della tua città a confronto con le città più inquinate del mondo? Lavoro interattivo del NYTimes.
Rifugiati climatici e ambientali, arriva il riconoscimento giuridico in Italia. Di Emanuele Bompan su Oltremare.
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