Se il calciatore ride, noi piangiamo
🌍 Il colore verde #122. Il sarcasmo di Mbappé, il ritorno di Greta, le pagelle ai partiti. E ovviamente Carlo, sarà il primo re climatico?
THE QUEEN IS DEAD. LONG LIVE THE KING.
Per buona parte degli esseri umani esisteva una sola regina: Elisabetta. Tutti, in qualche modo, anche i più ferventi repubblicani, abbiamo subito la sua fascinazione o ci siamo interessati alle sue vicende. Regina pop ma anche austera, di tutti ma distante. Sarà interessante scoprire come proseguirà, in questo secolo complicato, la saga dei Windsor. Senza di lei, la monarchia come forma di governo ha ancora senso?
Come ha detto Donald Sassoon in un’intervista per La Stampa, la sua eredità più grande è stata l’impareggiabile silenzio. Il no comment che l’ha tenuta lontana dal chiacchiericcio, dagli scandali, dalle gaffe e dalle prese di posizione.
Anche se non è sempre stata zitta. E proprio negli ultimi anni aveva capito l’importanza della partita climatica. L’anno scorso, nelle settimane prima della Cop di Glasgow aveva detto, durante una conversazione con Camilla registrata dalle telecamere a loro insaputa: “È davvero irritante quando parlano tanto e non fanno nulla”. Si riferiva ai leader globali e i loro bla bla bla. Alcuni attenti osservatori delle faccende reali dicono che la vera grande sfida che Carlo proverà a portare avanti sarà proprio quella del cambiamento climatico: non sono della stessa idea, ma c’è chi parla di climate king. Da sempre attivo sulla questione ambientale (è celebre per “parlare alle piante”), negli ultimi anni si era fatto paladino anche della causa climatica, con importanti discorsi in sedi internazionali. Vedremo: il principe giardiniere diventerà un re climatico?
Fatta la dovuta premessa, ecco il menù di oggi.
⚽ La risata di Mbappé, simbolo di tutto ciò che non funziona
🌳 Il ritorno di Greta, per salvare il legno europeo
❌ Le pagelle verdi ai partiti politici, male la destra, benino la sinistra
👓 Letture: Google maps eco-sostenibile; reportage ecologisti dalla Nigeria; il sedicenne che fa lo sciopero della fame per il clima
⚽ La risata di Mbappé alla domanda sui viaggi insostenibili dei calciatori
A proposito di irritazione, sono costretto a ricominciare la newsletter su un tema ormai ricorrente: quello sulla sostenibilità dei viaggi.
Tutto parte da una risata. Lunedì 5 settembre, Parigi. Conferenza stampa alla vigilia della partita di calcio tra Paris Saint Germain (PSG) e Juventus. Davanti ai giornalisti ci sono il calciatore Kylian Mbappé (uno tra i più forti e popolari al mondo, idolo di milioni di bambini, sulla copertina di riviste, videogiochi, pubblicità, con uno stipendio di circa 200.000 euro al giorno, ecc.) e l’allenatore Christophe Galtier.
A un certo punto un giornalista chiede al tecnico (qui il video):
“Le faccio una domanda che esula dallo sport: Alain Krakovitch, presidente dei treni ad alta velocità TGV, ha twittato dopo aver visto un video di Marco Verratti [altro giocatore del PSG] che viaggiava andata e ritorno tra Parigi e Nantes su un jet privato: “Da Parigi a Nantes si impiegano meno di due ore in TGV. Rinnovo la mia proposta di un’offerta in TGV adatta alle vostre specifiche esigenze, per i nostri comuni interessi: sicurezza, velocità ed eco-mobilità”. Vi siete mai posti la questione? E ne avete mai parlato con i giocatori?”.
Passa qualche secondo e Mbappé si piega sul tavolo e comincia a ridere. L’allenatore sorride e scuote la testa. Silenzio per altri 10 secondi. Risatine.
Poi la replica di Galtier.
“Mi aspettavo questa domanda. A essere sincero, questa mattina ne abbiamo parlato con la compagnia che organizza i nostri viaggi. Stiamo vedendo se possiamo viaggiare su dei carri a vela”.
Carri a vela. Questa è la risposta sarcastica e smaliziata a una necessità evidente: il calcio, così come tutto lo star system, ha un impatto ambientale e climatico spropositato. Ci sono alternative più sostenibili, a partire dai viaggi, perché non metterle in atto? E soprattutto: se il calcio è lo sport più seguito in quasi tutto il mondo, sarà il caso che si assuma qualche responsabilità sociale e ambientale?
(Risposta: secondo me sì. Citando Spiderman, che è da sempre la mia bussola morale: “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”).
Le reazioni sono arrivate subito. La ministra della Transizione energetica Agnès Pannier-Runacher, che vuole proporre una tassa proprio sui jet privati, ha detto: “La reazione di Galtier e Mbappé dimostra quanto siano lontani dalle questioni del riscaldamento globale”. La ministra dello Sport Amélie Oudéa-Castéra ha aggiunto: “Signor Galtier, ci ha abituato a risposte più pertinenti e responsabili. Ne parliamo?”. E poco prima del match di Champions con la Juve, fuori dallo stadio del Psg gli attivisti di Greenpeace hanno portato proprio un carro a vela. Libération, importante quotidiano francese ha messo questa vignetta in copertina:
Galtier si è subito scusato, “una battuta infelice”, ha detto. Ma come scrive Repubblica, la polemica Mbappé si aggiunge alla denuncia dell'ong Attac secondo cui il jet privato di Lionel Messi, altra mega-star tra le fila del Psg, ha effettuato da giugno 52 voli con emissioni di 1502 tonnellate di CO2: quello che un cittadino francese medio produrrebbe in 150 anni.
Se nell’ultimo mese hai letto Il colore verde hai visto quanto il tema dei jet si stia facendo sempre più robusto (puntata #117, #120, #121). Sul tema negli scorsi giorni ho pubblicato un video su Instagram, dove dico che nella crisi climatica uno non vale uno. Oggi più di tutto dobbiamo continuare a parlare di carbon inequality, la disuguaglianza di emissioni che c’è tra diversi individui o popolazioni, e di giustizia climatica. Chi ha più responsabilità, perché emette o ha emesso tanto, più deve contribuire a sistemare i cocci rotti del Pianeta.
Vietare i viaggi brevi, tassare voli e carburante: tre proposte per regolamentare i jet, firmate dal team dietro l’account Instagram Jet dei ricchi (Fanpage)
Aperitivo in elicottero sul ghiacciaio: le critiche a Chiara Ferragni (Vanity Fair)
🌳 Il ritorno di Greta, in difesa delle foreste europee
Greta era un po’ sparita dai riflettori, in questo ultimo anno. Per due principali ragioni: per la sua naturale riservatezza personale e per non attirare troppe attenzioni, negandole così ai tanti nuovi attivisti che guidano e ispirano il movimento dei Fridays for future, in particolare i giovani che vengono dai luoghi più vulnerabili del Pianeta.
Questa settimana però la giovane svedese si è rifatta viva con una lettera pubblicata sul Guardian dal titolo “Bruciare le foreste per produrre energia non è rinnovabile – e ora l’Ue deve ammetterlo” (tradotto in italiano, ma a pagamento, su La Stampa).
Il tema è questo: l’Unione europea negli scorsi decenni ha dato molti sussidi e ha incentivato la produzione di combustibili basati sul legno (dai pellet per le stufe, alla legna da ardere).
Bruciare legna, se la legna proviene da scarti di produzione o da foreste gestite appositamente per questo scopo, per le leggi europee è considerato un modo per produrre energia rinnovabile. Le biomasse sono considerate a emissioni a somma zero, perché tanta CO2 hanno assorbito negli scorsi decenni, tanta ne rilasciano una volta bruciati. Questo tipo di approccio, fa capire l’UE, è stato fondamentale per accelerare l’abbandono o la riduzione di gas e carbone.
Ma negli scorsi anni, proprio perché agevolato dagli incentivi e fortemente richiesto dal mercato, il legno bruciato è stato sempre di più. E la richiesta crescente ha portato a delle scorciatoie: vengono illegalmente abbattute foreste che invece dovrebbero essere protette (come mostra questa interessante inchiesta del New York Times in Romania) e viene importato da Paesi extra-Ue dove non ci sono regole.
Greta Thunberg chiede che tutto ciò sia fermato. La lettera non esce in un periodo a caso: il 13 settembre il Parlamento europeo si deve esprimere sulla direttiva sull’energie rinnovabili, dove le biomasse sono indicate come fonti “verdi”, necessarie per raggiungere l’obiettivo fissato: il 45% dell’energia prodotta in Europa entro il 2030 deve provenire da fonti rinnovabili.
La direttiva dell’Ue sull’energia rinnovabile dovrebbe essere applicata unicamente alle attuali forme di energia rinnovabile e le foreste non lo sono. Le foreste sono ecosistemi creati dalla natura e non possono essere ripiantate. Il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici afferma che dobbiamo assolutamente ripristinare e preservare più ecosistemi forestali, ma, come hanno ammonito molti scienziati, la direttiva dell’Ue sull’energia rinnovabile incentiva una perdita quotidiana di ecosistemi forestali insostituibili a favore di dannose messe a dimora di nuovi alberi.
Analisti, scienziati e politici stanno facendo affermazioni simili. Bruciare legna e biomasse non ha reali vantaggi, anzi, emette ancora più CO2 che gas e carbone. Nonostante ciò si calcola che l’Unione europea (anzi, noi cittadini europei) sussidi il settore con circa 17 miliardi di euro all’anno. Al momento dal legno bruciato come biomassa in Europa derivano 400 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, un valore simile all’intere emissioni del nostro Paese (427).
È un bel tema, che intreccia almeno due argomenti. L’ecologia da una parte e l’insostenibilità della sostenibilità dall’altra: qualsiasi scelta facciamo, qualsiasi opzione sposiamo, ha delle conseguenze. Perché siamo tanti e il nostro modello di sviluppo, anche quello verde, rinnovabili ed etichettato come sostenibile, si basa sullo sfruttamento: c’è qualcosa da prendere (legno, sole tramite il fotovoltaico, acqua, ecc.) e noi ci buttiamo a capofitto.
Potremmo parlarne per ore, ma non lo facciamo. Perché i dibattiti sulle politiche europee ci sembrano lontani e persino noiosi: spesso però l’attenzione pubblica è l’unico modo per influenzare le scelte che altrimenti dipendono solo dai pochi specialisti che se ne interessano (e che, a volte, hanno interessi diversi dai nostri).
Conclude Greta:
Gli europarlamentari hanno una preziosa opportunità e un dovere preciso. Hanno tempo fino alle 13 di mercoledì prossimo per mettere sul tavolo un emendamento che rimuova la biomassa forestale dalla direttiva sull’energia rinnovabile. Hanno poche ore per scegliere di fare la cosa giusta. Se non lo faranno o non ci riusciranno, renderanno sicuri e irreversibili decenni di maggiori emissioni di anidride carbonica, perdita della biodiversità e violazioni dei diritti umani.
Ti tengo aggiornat* sulla faccenda.
❌Le pagelle ai programmi politici
Ieri era l’ultimo giorno utile per pubblicare sondaggi elettorali, d’ora in avanti sarà vietato (ma arriveranno i sondaggi clandestini, come sempre). La situazione parla chiaro: Fratelli d’Italia guida una netta vittoria del centro-destra. Con la legge elettorale attuale, la coalizione dovrebbe stra-vincere una super-maggioranza in Parlamento. La sinistra, d’altro canto, si sgretola: il Pd è accerchiato e perde preferenze ogni giorno che passa (ma hey, ora Letta parte con il suo bruttissimo bus elettrico, a cui hanno già rubato i cerchioni). Dal centro ruba voti il Terzo Polo di Calenda e Renzi; e dall’altra parte Conte è diventato il nuovo grande leader della sinistra assistenzialista.
La coalizione di centro-destra, programmi alla mano, è anche la meno attenta alla questione climatica. Per ragioni storico-ideologiche (la destra è più vicina alla conservazione ambientale e meno alla giustizia climatica), per interessi (la sovranità e il liberismo passano anche per uno sfruttamento maggiore dei giacimenti italiani); ma anche per mancanze: nei programmi di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia manca spesso quel triplo nesso tra ambiente-clima-energia che invece sarebbe auspicabile.
La faccio breve: se il tuo voto dipende soprattutto da come un partito affronta la questione climatica, o come lega il clima agli altri problemi della contemporaneità (diseguaglianze, sviluppo, lavoro), allora il voto deve ricadere su una forza politica non di destra; e, ancora più specificatamente, di centro-sinistra o sinistra.
La settimana scorsa ti ho mandato dei link utili per capire le posizioni dei partiti sull’ambiente. Aggiungo delle new entry: l’ente Italian Climate Network e il sito Climalteranti di Stefano Casarini hanno elaborato delle pagelle climatiche per i partiti. Ecco il grafico con il riassunto dei voti, mentre trovi tutte le classifiche complete qui.
Non è mio compito entrare nel merito delle altre proposte dei partiti, e la democrazia e l’alternanza sono forze preziose della nostra civiltà. Ma se parliamo di clima e politica, è inutile girarci troppo attorno: la situazione che ci aspetta è sventurata.
La giungla delle elezioni: l’approfondita analisi dei programmi dal punto di vista della difesa di animali e biodiversità (Kodami)
Il decalogo ecofemminista per un buon governo (Gruppo Ecofem/Repubblica)
Gli scienziati del clima chiedono un incontro ai politici per contrastare insieme la crisi climatica (Repubblica)
📰 Da leggere
Francesco, 16 anni, attivista di Ultima Generazione, è in sciopero della fame: “I partiti non ci ascoltano ma io non mangio carbone”. (La Stampa)
Il mondo sull’orlo di 5 punti di non ritorno (Guardian)
A Pisa la prima cattedra al mondo in comunità energetiche (Repubblica)
In Europa la peggiore siccità degli ultimi 500 anni vista dai satelliti (Repubblica)
Ora Google Maps dice (anche a noi) come risparmiare carburante e ridurre le emissioni (Il Post)
La Nigeria è una storia del futuro: un reportage ecologico (Il Tascabile)
Perché Israele fa veganwashing? (La Svolta)
📸 La mia foto preferita
Fenicotteri rosa, tanti, tantissimi, fotografati dall’alto mentre dormono. Lo scatto è di Mehdi Mohebipour, tra i vincitori del Drone photo awards 2022 che a novembre verrà esposto a Siena.
💚 Grazie!
Se sei arrivat* fin qui sotto, vuol dire che Il colore verde ti piace davvero e ti è utile: grazie per supportare questa newsletter. Il colore verde è nato nel 2020 e lo curo io, Nicolas Lozito, friulano, 31 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa. La newsletter esce ogni sabato, feste incluse. Nel 2021 ha vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici e Radio 3 Scienza.
La comunità de Il colore verde ha anche un bosco di 100 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO2: trovi la sua storia e i suoi dati qui.
Da quando mi occupo di ambiente, ho curato anche tre podcast: Climateers (2021, prodotto da Pillow talk), Cambiamenti (2022, Emons record), e Verde speranza (2022, Onepodcast/La Stampa).
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