Laura e gli altri: uno sciopero della fame per il clima
🌍 Il colore verde #96: Un gruppo di attivisti di Extinction Rebellion ha manifestato per 11 giorni fuori dal Ministero della transizione ecologica
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A Roma, fuori dal Ministero della Transizione ecologica, per 11 giorni si è radunato in sit-in permanente un piccolo gruppo di attivisti di Extinction Rebellion (se non lo conosci: è un noto movimento internazionale ecologista che usa i metodi della disobbiedenza civile e non violenta).
Ogni giorno chiedono di poter incontrare pubblicamente il ministro Roberto Cingolani e affrontare con lui e con il governo il tema del climate change.
La particolarità della protesta sta nel metodo: tre degli attivisti stanno facendo lo sciopero della fame dal primo giorno della protesta. Laura Zornini, Beatrice Costantino e Peter Bon: questi i loro nomi. Hanno tra i venti e i trent’anni e fanno parte di “Ultima generazione”, gruppo nato in seno a Extinction Rebellion Italia.
Hanno iniziato a raccontare il loro sciopero sui social, pubblicando anche i video delle forze dell’ordine che li rimuovono, a forza, dal cortile esterno al Ministero.

Da martedì, il caso ha fatto capolino anche nei media tradizionali. Laura Zorzini, 27 anni di Trieste, è diventata il volto della protesta, tanto da essere definita “la Greta italiana” (etichetta sovrainflazionata che, ahimé, spesso viene appiccicata sui volti femminili delle proteste per il clima – con il rischio concreto di attirare più critiche che lodi, come dimostrano i brutti commenti su Facebook agli articoli che parlano dell’argomento).
Laura in pochi giorni ha perso quasi 3 chili, arrivando a pesare solo 45 chili. È stata costretta ad andare al Pronto Soccorso dell’ospedale Santo Spirito di Roma, per poi uscirne più motivata di prima. Come racconta in un video:
«Ho parlato con un medico, troverò il modo di migliorare i sali naturali in modo da poter continuare lo sciopero della fame. Rifiuterò cibo di qualunque tipo, anche per via orale o via endovenosa»
Anche gli altri due attivisti impegnati nello sciopero della fame hanno perso molti chili, come mostrano le bilance condivise sui social: al decimo giorno di sciopero Peter aveva perso già 4 chili; Beatrice 3,5.
Nei giorni fuori dal Ministero sono stati raggiunti da altri attivisti del movimento. Già il 2 febbraio il gruppo aveva colpito l’edificio imbrattando i muri esterni e alcuni corridoi interni e nelle settimane precedenti era riuscito a bloccare alcune strade della Capitale.
La richiesta di “Ultima generazione” è scritta su un documento di tre pagine condiviso online. Il gruppo chiede al governo di istituire, entro la fine di quest’anno, un’Assemblea cittadina per affrontare le questioni ecologiche e climatiche. L’Assemblea dovrà essere formata da «un gruppo di cittadini e cittadine, fra i 100 e i 200», scelti in modo da garantire «la rappresentanza demografica di tutta l’Italia, secondo l’età, il genere, l’etnia, l’area geografica, ecc.». Secondo gli attivisti l’assemblea è l’unico organo in grado di affrontare il climate change con il giusto approccio, slegato dalle dinamiche politiche a breve termine di governi e parlamenti.
Sul documento si legge:
«La democrazia rappresentativa per oltre quarant’anni non ha fatto che nascondere i problemi e la testa sotto la sabbia. La popolazione non ha più fiducia, non crede che la politica partitica possa risolvere i nostri problemi. […] Evitiamo di biasimare e incolpare, riconosciamo l’impossibilità di prendere decisioni davvero corrispondenti ai bisogni delle persone comuni all’interno di questa forma politica, quindi offriamo responsabilmente il nostro aiuto.»
Dopo che la notizia dello sciopero ha iniziato a circolare, mercoledì Cingolani ha concesso un incontro privato ai manifestanti, a cui non è seguita nessuna comunicazione ufficiale da parte del ministero. Secondo gli attivisti, in questo incontro Cingolani non ha offerto nessuna rassicurazione e ha rifiutato la possibilità di un incontro pubblico. Cingolani «ha detto che non spetta a lui decidere, perché lui è sottoposto di Draghi e quindi come al solito ha fatto lo scaricabarile», ha riassunto in un video Laura Zorzini.

Non contenti del risultato, gli attivisti di Ultima generazione hanno deciso di proseguire lo sciopero. Il braccio di ferro, così, è proseguito: giovedì Cingolani si è presentato al sit-in e si è inginocchiato per parlare qualche minuto con gli attivisti in sciopero. Cingolani avrebbe spiegato la complessità della transizione ecologica, che secondo lui deve essere equa per il pianeta ma anche per i lavoratori oggi impiegati nelle aziende più inquinanti. Dall’incontro è emerso un piccolo spiraglio per l’organizzazione dell’incontro pubblico.
Lo sciopero della fame si è concluso ieri pomeriggio, quando la portavoce di Cingolani ha inviato una mail a “Ultima generazione”: un incontro pubblico avverà il 2 marzo a Roma. «Abbiamo ritenuto importante accettare per dibattere insieme sui tre punti che abbiamo stabilito, ovvero “Siamo davvero l’ultima generazione di cittadini italiani?”, “Qual è lo stato della crisi climatica ed ecologica in Italia e quali sono le misure attuate dallo Stato”, e infine una proposta concreta per gestire la crisi climatica, cioè le assemblee cittadine», ha detto in un video Beatrice Costantino.
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Ho provato a raccontarti questa vicenda con la massima trasparenza e imparzialità. Sento di non dovere dare giudizi, però quello che a me fa impressione di questa storia è lo spirito di inarrestabile abnegazione degli attivisti che la stanno portando avanti.
Se ci pensi, di tutti gli scioperi della fame di cui hai sentito parlare, questo è il primo (o uno dei primi) a essere portato avanti per il climate change. Certo, ognuno può fare lo sciopero della fame per qualsiasi cosa: per citare un caso celebre, nel 1980 un politico britannico fece uno lungo sciopero della fame che costrinse il governo conservatore a creare un canale tv in lingua gallese. E l’Italia ha perso il conto delle ragioni dei tantissimi scioperi della fame e della sete di Marco Pannella durante tutti i suoi anni da leader dei radicali: alcuni sono stati decisivi per la nostra storia, altri non hanno portato a nulla.
Però oggi siamo arrivati a questo punto: la paura di essere “l’ultima generazione” in grado di salvare il mondo dall’emergenza climatica spinge un gruppo di ventenni a smettere di mangiare. È un’eccezione, certo, e nasce probabilmente da un crescente bisogno di attivismo performativo: per fare breccia oggi, nella politica, nel business, nei media, bisogna fare qualcosa di estremamente eccezionale. Ma questo sciopero della fame per il clima è anche indicativo: un’intera generazione, schiacciata dall’ansia climatica e messa di fronte a una classe politica poco impegnata sul fronte ambientale, cerca modi per essere ascoltata e per prendere l’iniziativa.

Nell’intervista che Repubblica le ha fatto, Laura Zorzini risponde così alla domanda “Non hai paura per la tua salute?”.
«Ho una paura terribile perché quando il medico mi dice che non mi sente il battito rivivo delle sensazioni purtroppo a me note. Il pronto soccorso è la mia seconda casa perché soffro di dolore cronico. Dopo la meningite che ho avuto a 18 anni so cosa vuol dire stare tra la vita e la morte. Lo sciopero della fame so che mi mette a rischio ma è anche un modo per lanciare un messaggio ancora più forte. Io oggi scelgo di non mangiare ma è già un obbligo in molte parti del mondo ed entro vent’anni un quinto dell’Italia sarà desertica, le persone si sbraneranno per un pezzo di pane».
📰 Link, Link, Link
I fiori sbocciano nell’Antartico, ma non è una buona notizia, anzi è il segno di una catastrofe. Un nuovo studio sugli effetti, già visibili, dei cambiamenti climatici. Sul Guardian.
Come la siccità ha cambiato il volto della California: un’emergenza che ha ripercussioni enormi non soltanto sull’approvvigionamento idrico, ma anche sul sistema produttivo e sullo stesso stile di vita delle persone. Luciana Grosso su Linkiesta.
Un altro (l’ennesimo) studio conferma che le grandi aziende petrolifere parlano molto di sostenibilità ma poco fanno in questa direzione. Sul Guardian.
“Guarda sereno, non è il tuo binge watching a causare la crisi climatica”, scrive Fabio Deotto su Link.
“Così le app ci aiutano a ridurre i consumi di riscaldamento ed elettricità”. Jaime D’Alessandro su Green & Blue.
“In laboratorio o vegetale: le alternative alla carne nei supermercati o al ristorante”. Serena Gasparoni su Green & Blue.
🎧 SPAZIO PODCAST: È uscito “Bello mondo” di Elisa Palazzi e Federico Taddia. Racconta il clima e l’ambiente che cambiano, e dà voce a chi studia questi argomenti e chi sta facendo qualcosa per salvare la situazione. «Sfacciatamente dalla parte del Pianeta». Molto bello, solo su Spotify.
👇 La foto più bella
Ti auguro un weekend come quello che si sta godendo questo panda nella riserva naturale nazionale di Wolong, in Cina.
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Se ancora non mi conosci, ciao! Sono Nicolas Lozito, friulano, 31 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa. Curo questa newsletter da marzo 2020. Esce ogni sabato e nel 2021 ha vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici e Radio 3 Scienza. Ho fatto anche un podcast: Climateers, sulle pionieri e i pionieri dell’ambientalismo. Se vuoi darmi una mano:
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