Rinunciare all'utero per sfuggire alla crisi (climatica)
🌍 Il colore verde #197 In India la siccità e le alluvioni costringono le donne a evitare la maternità per continuare a lavorare in condizioni sempre peggiori
Buongiorno,
purtroppo ci risvegliamo sempre più in guerra, intrappolati in una spirale di violenza e terrore. Sta succedendo sempre più spesso, e in giorni come ieri, tra bombardamenti e attentati, mi chiedo se abbia ancora senso ritrovarci qui ogni sabato per parlare delle sorti del Pianeta.
Alla fine mi rispondo di sì: pensare al futuro è una forma di resistenza.
E allora proviamo a resistere. Il colore verde ha compiuto 4 anni il 21 marzo. Festeggieremo quando arriveremo a 200 puntate.
Oggi volevamo anche proporti un nuovo sondaggio per accorciare le puntate (la settimana scorsa hanno vinto le 5 notizie, il focus e la foto animalesca), ma lo facciamo slittare. Per ora sappi che abbiamo eliminato la sezione “Dono per la Terra”: è stato bello finché è durato.
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Ps. Sabato scorso abbiamo fatto un paio di errori. Qui le correzioni: la Danimarca è nell’Ue e l’anno della prima manifestazione dei Fridays è il 2019. Sorry, due sviste).
🌡️ “Allarme rosso”: l’Organizzazione meteorologica mondiale è più spaventata del previsto dall’ondata di caldo degli ultimi anni
Probabilmente anche il 2024 farà segnare temperature record, ha avvertito l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo), mentre il decennio 2014-2023 è stato il più caldo della storia e il pianeta è ormai “sull’orlo del collasso”.
Un nuovo rapporto del Wmo, un’agenzia delle Nazioni Unite, afferma che nel 2023 sono stati battuti, e in alcuni casi “polverizzati”, vari record, tra cui quelli per concentrazione di gas serra nell’atmosfera, temperature di superficie, acidificazione degli oceani, aumento del livello dei mari, riduzione della banchisa antartica e scioglimento dei ghiacciai. La temperatura media ha raggiunto il livello di +1,45°C, a un passo dalla soglia di +1,5°C ritenuta quella di sicurezza dagli scienziati.
Certo, abbiamo detto tante volte che è una situazione eccezionale e in parte “temporanea”, perché oltre al climate change causato dall’uomo c’è anche l’effetto “riscaldante” di El Niño, che diminuirà a partire dalla seconda metà dell’anno.
So che questa notizia sembra enormemente simile a quelle già scritte in diverse puntate, ma dobbiamo sfidare il nostro cervello a non cascare nell’effetto assuefazione: anche se ci sembra di sentire sempre la stessa cosa, il cambiamento climatico è là fuori ed è una forza sempre più ineluttabile (come Thanos, per chi segue l’universo Marvel). Intervenire è ancora possibile.
Celeste Saulo, segretaria generale dell’Wmo, ha detto:
«La crisi climatica è la sfida principale che l’umanità deve affrontare, ed è inestricabilmente legata all’aumento delle disuguaglianze, come dimostrano la crescente insicurezza alimentare e i flussi migratori».
💀 Le emissioni di cinque grandi aziende petrolifere causeranno 11,5 milioni di morti entro la fine del secolo
Shell, BP, TotalEnergies, ExxonMobil e Chevron: le loro emissioni di gas serra da qui al 2050 potrebbero causare entro la fine del secolo 11,5 milioni di morti premature dovute all’incremento di temperatura globale.
Il calcolo è stato elaborato dall’ente Global Witness. «Ogni +0,1°C di riscaldamento sarà letale. A meno che le grandi aziende petrolifere non cambino rotta rapidamente, il bilancio delle vittime sarà paragonabile a quello di alcune delle guerre più brutali della storia. I governi devono agire per limitare le emissioni».
Una settimana fa Shell aveva annunciato di aver rivisto al ribasso i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2035, spiegando di non riuscire a stare al passo. Diverse aziende — non solo petrolifere — stanno facendo scelte simili, ne avevo scritto su La Stampa insieme a Fabrizio Goria.
🇪🇺 L’Europa può arrivare a zero emissioni nel 2040 senza il nucleare
Un rapporto di Environmental European Bureau spiega, dati alla mano, che crescita delle rinnovabili, riduzione della domanda di energia e una combinazione di opzioni per rendere più flessibile la rete (tra interconnessioni e stoccaggio) basterebbero per raggiungere la neutralità climatica entro il 2040 e avere un sistema energetico sostenibile. Anche togliendo il nucleare dall’equazione.
Secondo un’analisi di Bloomberg la ritrovata passione per il nucleare in Europa è “too late and too little”, troppo tardi e troppo piccola. Per il 2050 potrebbe costituire appena l’1% del mix energetico del continente.
👚 La Francia ha scritto una legge contro il fast fashion
Per disincentivare la produzione e l’acquisto di capi fast fashion, cioè una produzione tessile a basso costo, spesso remota e delocalizzata, in Francia l’Assemblea nazionale ha approvato una proposta di legge che penalizza la moda usa e getta. Il disegno è composto da tre punti principali. I produttori dovranno (1) informare l’utente sull’impatto ambientale dell’acquisto, incoraggiando la riparazione del danno. (2) Pagare una tassa secondo il principio della responsabilità estesa, che dipenderà da quanto il prodotto inquina, facendosi quindi carico dell’intero ciclo vitale del capo d’abbigliamento. (3) E limitare la pubblicità. La proposta di legge ora passerà al Senato.
Con questo disegno di legge la Francia diventa il primo Paese al mondo a legiferare per limitare gli eccessi dell'ultra fast fashion.
🏗️ Gli Stati Uniti vietano, finalmente, l’amianto
L’Agenzia per la protezione ambientale (Epa) degli Stati Uniti ha annunciato l’introduzione di un divieto sull’uso, la produzione e l’importazione del crisotilo, il tipo più comune di amianto. La cancerogenicità di questo minerale è nota da circa quarant’anni e più di 50 paesi nel mondo ne hanno vietato l’uso per questa ragione, ma finora gli Stati Uniti non avevano fatto lo stesso a causa dell’opposizione di diversi settori industriali e delle organizzazioni lobbistiche che li rappresentano.
Come scrive il Post:
«In caso di rielezione di Trump alle presidenziali di novembre il nuovo divieto sull’amianto potrebbe essere rimosso. Per questo il senatore Democratico Jeff Merkley, dello stato dell’Oregon, ha proposto un disegno di legge per vietare le importazioni di tutti i tipi di amianto, non solo il crisotilo. Una legge approvata dal Congresso non potrebbe essere ribaltata da Trump, diversamente da un’iniziativa dell’Epa».
INTERMEZZO
Da quattro anni lavoro costantemente a questa newsletter. Da due tengo un corso sull’argomento. “Progettare una newsletter” che faccio per la Scuola Holden. La nuova edizione parte ad aprile. 5 lezioni da due ore, sabato mattina, in diretta online.
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“Ho perso la mia piccola sotto un trattore. Il giorno dopo ero a lavorare”
di Federica De Lillis
Lata Waghmare ha 34 anni, lavora in un campo di canne da zucchero e, come molte altre donne del distretto di Beed, in India, si è sottoposta alla rimozione dell’utero (isterectomia). La decisione è arrivata poco dopo aver partorito la sua seconda figlia. «La multa se si salta un giorno di lavoro è di 500–1.000 rupie (tra i 5,5 e gli 11€). Sono tornata 5 giorni dopo il parto».
Le pause durante le 12-16 ore di turno possono costare una penale che vale dalle due alle quattro volte la paga giornaliera. Lata è stata costretta a portare con sé la neonata per darle da mangiare. Mentre stava trasportando i fasci di canna da zucchero, che arrivano a pesare anche 50 chili, ha lasciato la bimba a terra in un angolo. “Un trattore è passato sopra alla mia bambina. Ho perso la mia piccola”. Il giorno dopo Lata era di nuovo nei campi.
Nel 2018, il 36% delle donne che vivevano nel distretto di Beed, nello stato si Maharashtra, si era sottoposto alla rimozione dell’utero. Uno studio recente pubblicato dell’International Institute for Environment and Development (IIED) indica che dei 423 nuclei familiari presenti nell’area, circa il 60% è stato costretto a spostarsi per entrare nell’industria della canna da zucchero a causa dei ripetuti episodi di siccità e perdita dei raccolti. Più della metà delle donne (55,7%) delle famiglie migranti di Beed si è sottoposto a una isterectomia.
Avere un utero e nascere nello stato di Maharashtra significa partire con un enorme svantaggio. L’80% dei distretti è esposto a siccità ed è stato registrato un aumento lento ma costante degli episodi estremi dagli anni Ottanta a oggi. Secondo il governo, 1,5 milioni di persone si spostano di qui ogni anno per andare a lavorare nei campi di canne da zucchero. Negli ultimi dieci anni l’aumento dei lavoratori e delle lavoratrici stagionali nello stato indiano è stato probabilmente causato dal peggioramento delle condizioni climatiche.
L’unica alternativa è la canna da zucchero. Mentre agli uomini è affidato il compito di tagliare le piante, le donne devono raccoglierle in grossi fasci, trasportarli per chilometri e issarli sui camion, più volte al giorno. Quando le mestruazioni arrivano, poi, tutto diventa più difficile. Un’altra donna, Jayashree Owhal, ha detto ai ricercatori dello IIED che, quando nel 2017 il flusso mestruale ha iniziato a farsi sempre più intenso e doloroso, tra rimuovere l’utero e perdere giorni di lavoro, la prima è sembrata la scelta più sensata. Alle precarie condizioni di vita si accompagna lo scarso accesso ai prodotti igienici. Molte al posto degli assorbenti ricorrono al Chumbal, un panno sporco usato per trasportare le canne sulla testa. Il tessuto trattiene agenti chimici, pesticidi e pezzi di canne da zucchero. Le donne non possono permettersi di perdere giorni di lavoro a causa delle mestruazioni, sbarazzarsene è spesso l’unica scelta possibile.
La crisi climatica ha un effetto sproporzionato sulle donne, lasciate sole a gestire terreni su cui non hanno diritti legali, o inviate in spedizioni di chilometri in cerca di acqua da portare al villaggio assediato dalla siccità.
Nei Paesi più industrializzati le donne partono svantaggiate ma da un altro punto di vista, quello dei lavori verdi. Il Global Green Skills Report 2022 riporta che a livello globale “nel 2021 c’erano 62 donne per ogni 100 uomini considerati talenti verdi”, numero che resta invariato dal 2015 (non so perché, non sono sorpresa). Alla base c’è una sfiducia culturale (e strutturale) nei confronti delle donne, soprattutto se si parla di ruoli apicali perché da sempre sono considerate non in grado di ricoprire ruoli di leadership.
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(mitica autrice della newsletter ) ne ha parlato a Sky TG24
Il caso “donne alla COP29” vi dice qualcosa? Due mesi fa il presidente dell'Azerbaigian ha aggiunto 12 donne al comitato organizzativo della prossima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ma solo dopo che il Guardian ha denunciato una composizione tutta al maschile. Il rapporto adesso è di 29 uomini a fronte delle nuove 12 componenti del board, un cambiamento positivo ma un equilibrio imperfetto e deludente dato che, come ha commentato il movimento globale SHE Changes Climate, «Il cambiamento climatico riguarda tutto il mondo, non la metà di esso».
Non è solo una questione di rappresentanza. La mancanza di leader donne (e femministe, visto che non basta possedere un utero per avere un approccio che sostenga le donne) ha un forte impatto sulle policy climatiche. Nei Paesi in cui c’è una maggioranza femminile in parlamento, si registra una maggiore propensione a sottoscrivere trattati e politiche per l’ambiente. Un’indagine della Banca Europea per gli Investimenti ha scoperto che le aziende con consigli direttivi misti hanno il 60% di possibilità in più di ridurre il consumo di energia e il 40 di ridurre le emissioni di gas serra.
Affrontare il cambiamento climatico richiede una visione intersezionale dei problemi sociali, cioè una contezza del complesso intersecarsi e sovrapporsi di diverse forme di discriminazione e svantaggi. I gruppi marginalizzati e meno influenti saranno sempre i primi a soffrire le conseguenze di un mondo sempre più caldo. C’è bisogno di donne che difendano le donne: rinunciare al proprio utero non deve mai più essere l’unica soluzione contro la povertà causata dai cambiamenti del clima.
→ 5 ragioni per cui abbiamo bisogno di donne nell’azione climatica.
Happy Cow
Come Tripadvisor, ma per ristoranti vegani, vegetariani o con opzioni veg. Molto utile, soprattutto nelle città più grandi.
Ricongelare l’Artico
Dagli “ice volcanoes” alle tende in mare, i quattro metodi pazzi per contrastare gli effetti del riscaldamento globale
Il pallone e i crostacei
La foto simbolo della resistenza della natura al nostro inquinamento
Il telefono pubblico che ti fa sentire i suoni degli uccelli
Succede in Maryland si chiama Bird Phone
Due lontre giocano sotto il pelo dell’acqua. La foto è una delle vincitrici del Sony World Photography Awards. Qui la gallery.
Se sei qui, vuol dire che Il colore verde ti piace davvero e ti è utile. La newsletter è nata nel marzo 2020 e la curo io, Nicolas Lozito, friulano, 33 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa.
Da febbraio 2024 Federica De Lillis collabora con me. Giornalista romana, ora vive a Milano e lavora per Sky Tg24. I suoi focus: nuove generazioni, diritti e digitale.
La comunità de Il colore verde ha un bosco di 250 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO₂: trovi la sua storia qui. Se vuoi adottare un albero anche tu da ZeroCO₂, usa il codice ILCOLOREVERDE per uno sconto del 30%.
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Leggere la sezione "Stiamo sul pezzo" oggi ha fatto molto male. Grazie per questo racconto e per avere sottolineato quello che ci manca per cambiare le cose (vicine e lontane): una visione intersezionale.
Il pezzo sulle donne indiane fa venire le lacrime. Qualche anno fa mi è capitato di leggere The red market, inchiesta giornalistica sul traffico di organi umani, e su come il ricatto economico pesa sulla decisione che chi vende parti di sé deve fare.
Leggere oggi qui mi ha riportato a quella (terribile) lettura.
Grazie