ReFoodGees: il valore aggiunto degli avanzi
🌍 Il colore verde #44. A Roma, la onlus ReFoodGees raccoglie il cibo invenduto del mercato e lo distribuisce gratuitamente: meno sprechi e più coesione sociale
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Anche tu, almeno una volta nella vita, davanti a un’opera d’arte contemporanea l’avrai detto: “Questa cosa potevo farla anch’io!”. E invece non l’hai fatta: Mondrian ha disegnato dei quadrati, Fontana tagliava le tele, Cattelan ha messo lo scotch a una banana. La semplicità è rivoluzionaria, e la rivoluzione è semplice.
Altrettanto semplice e rivoluzionario è il progetto che ti voglio raccontare oggi. ReFoodGees - Roma Salva Cibo. Un’associazione di volontariato che ogni sabato, dalle 16.30 alle 18.30 si posiziona fuori da uno dei più grandi mercati della capitale e distribuisce gratuitamente frutta, verdura e prodotti da forno rimasti invenduti e, con tutta probabilità, destinati al macero. Ecologia, circolarità, coesione sociale. Sabato scorso hanno consegnato 607 chili di prodotti (ma a volte arrivano anche a una tonnellata). Perché non ci abbiamo pensato prima?
Andiamo con ordine. Il mercato è quello dell’Esquilino, quartiere centrale di Roma, tra la stazione Termini e il Colosseo. Una zona meticcia, dove ci stanno proprio tutti: dal Marocco al Bangladesh, dal senzatetto alla signora con la pelliccia. Un posto che mezza Roma snobba ma il mondo ama: Abel Ferrara, regista newyorkese, qui passeggia, ambienta i suoi progetti sperimentali, e cresce la figlia. (Anch’io abito all’Esquilino, vicino ai portici della mitica Piazza Vittorio). Il mercato è altrettanto un “crogiolo”: sono celebri le liste dei frutti o degli ortaggi più strani del mondo che si possono trovare.
«Siamo qui ogni sabato dal 2018, poche ore prima della chiusura della struttura per il weekend», mi spiega Francesca Del Giudice, vice-presidentessa di ReFoodGees. Classe 1986, originaria di Avellino, lavora per Amnesty. «Un esperimento ecologista nato seguendo l’esempio di un’associazione che già operava al mercato di Porta Palazzo di Torino».
«L’iniziativa non si è mai fermata a questo scopo però. La consideriamo un’azione sociale e di integrazione». Da qui il nome ReFoodGees, che gioca con le parole inglesi rifugiati e “food”, cibo. Perché tra i volontari c’è anche chi ha ricevuto asilo in Italia. «Arrivano soprattutto dall’Africa sub-shariana, ma c’è una ragazza dall’Iran, un egiziano, uno dal Bangladesh. C’è chi arriva da cooperative della nostra rete, o chi lo fa per pura passione».
Come Segà. «Un ventiduenne maliano che è in Italia da 6 anni. Viene ogni sabato perché crede che questo sia il modo per ripagare la città e le persone che l’hanno accolto».
Non è solo una questione di accoglienza, ma anche di tessuto sociale da riparare. Dal basso, lì dove le istituzioni ancora poco fanno. L’associazione, oltre alla distribuzione, organizza momenti di socialità: mini concerti, attività per bambini, condivisione di ricette dal mondo.
«Al nostro gazebo vengono tante donne, soprattutto di origine africana, per completare la spesa che hanno appena fatto. Ma anche studenti iper-sostenibili; vicini di casa che consegnano a chi non può muoversi; o comunità religiose che vivono di carità. Ci sono poi gli indigenti e i “nuovi poveri”: sempre di più soprattutto tra gli italiani».
Sono gli effetti sociali della pandemia. Che però ha anche risvolti inaspettati e positivi. «Ora i gestori dei banchi ci aiutano molto di più. – mi dice Francesca – Uno spirito maggiore di solidarietà: più commercianti partecipano, con merce di maggiore qualità».
Convincere i gestori rimane uno degli ostacoli operativi. Insieme ai pregiudizi, qualche critica e del malcontento politico. Eppure ReFoodGees resiste, cresce e prova a espandersi.
Chiamo anche la fondatrice dell’associazione, Viola Piroli De Andrade – 40 anni, romana di origini brasiliane – per chiederle qual è il sogno futuro. «Ho iniziato da sola, poi per più di un anno eravamo solo in tre. Ora siamo 20-25 a ogni appuntamento, con una motivazione che si rigenera settimanalmente. Il nostro desiderio è diventare un’impresa sociale. Retribuire chi lavora con noi, allargando le attività alla cucina: merende solidali, un food truck, catering, eventi dedicati alle ricette di altri Paesi. Dando un lavoro a chi in altri contesti farebbe fatica a inserirsi. Il cibo come scambio, in Italia siamo maestri in questo».
Chiedo a Viola se pensano di allargarsi anche ad altri mercati. «Abbiamo ricevuto tante richieste: noi siamo concentrati su questo territorio, ma siamo disponibili a fare formazione e dare qualche suggerimento».
E aggiunge: «Anche se il trucco è uno solo: per farlo bisogna farlo». Semplice e rivoluzionario.
Segnalibri:
Consigliatissimo il nuovo libro di Bill Gates sul clima. Ne ho scritto sul Messaggero.
“Da grey a green”: i progetti per trasformare Parigi, Londra, Roma, Milano. Alessia Musillo su ElleDecor.
Cosa diavolo è successo in Texas! Un gelo da record ha causato un blackout lungo mezza settimana. Qui un punto del Sole 24 Ore.
Colonna sonora della crisi climatica? il nuovo album dei Weather Station, come racconta Giovanni Ansaldo su Internazionale.
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