Abbiamo finito il Pianeta
🌍 Il colore verde #107: Domenica prossima, 15 maggio, l'Italia finirà virtualmente le risorse del Pianeta. Se tutto il mondo avesse il nostro impatto, ci servirebbero quasi tre Pianeti
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Segna questa data sul calendario: 15 maggio. Domenica prossima l’Italia finisce virtualmente tutte le sue risorse naturali e inizia ad andare a debito.
Immagina di avere una dote annuale di denaro, da spendere in 365 giorni: ecco, la bruci tutta in soli 132 giorni. I rimanenti mesi dell’anno vai in perdita. Una perdita che si aggiunge ai debiti degli anni precedenti.
La nostra dote sono le risorse del Pianeta: biodiversità, capacità di assorbire i gas serra generati dalle attività dell’uomo, risorse idriche. Dalla prossima settimana quella dote finisce. E se tutti si comportassero come noi italiani, la Terra inizierebbe già da metà maggio a essere sfruttata oltre le sue capacità di auto-rigenerarsi. Per essere considerati sostenibili ci servirebbero quasi tre pianeti.
Il 15 maggio per noi italiani è l’Overshoot day, il giorno in cui viene passato il limite: una data calcolata dall’ente Global Footprint Network sulla base dei consumi dei singoli Paesi e sull’impatto ambientale delle nostre attività.
Ogni Paese ha la sua data, e ogni anno la data cambia.
Per gli Stati Uniti l’Overshoot day è arrivato ancora prima: 13 marzo, anche se lo Stato con l’impatto più alto è il Qatar, 10 febbraio. In soli 40 giorni ha finito il suo budget virtuale di risorse naturali. Gli ultimi nell’agenda - e quindi i più virtuosi - sono i jamaicani, che arrivano il 20 dicembre.
Puoi vedere qui il calendario Paese per Paese.
Anche la media globale cambia di anno in anno. Nel 2021 l’Overshoot day mondiale era il 29 luglio, e quest’anno dovrebbe essere anticipata di qualche giorno (lo scopriremo il 5 giugno, quando verrà annunciata). In base a questo dato, l’umanità avrebbe bisogno di 1,75 pianeti interi per raggiungere la sostenibilità.
La situazione è degenerata in fretta: l’homo sapiens è comparso almeno 300.000 anni fa, ma solo negli ultimi settanta ha iniziato a provocare danni irrimediabili all’ambiente. Nel 1972 l’Overshoot day cadeva il 10 dicembre: sforavamo di pochi giorni il nostro budget. Nel 2002 il 18 settembre. La data è sempre stata anticipata, tranne nell’anno della pandemia, dove è caduta tre settimane dopo le iniziali previsioni.
Non tutta la comunità scientifica è convinta che il calcolo dell’Overshoot day sia accurato. Per alcuni è una sottostima, per altri semplifica troppo una questione ben più complessa. Rimane però uno strumento fondamentale per capire al volo quanto la nostra società, soprattutto quella ricca e occidentale, pesi sulle risorse del Pianeta, e quanto poco ancora si stia facendo per invertire la rotta.
Qualche settimana fa ho assistito a una mini-lezione pubblica di Giovanni Mori, ingegnere e divulgatore, esperto di clima ed energia. Mori ha mostrato uno studio che dimostra come negli Stati Uniti persino un senzatetto abbia un’alta impronta climatica, perché in un modo o nell’altro partecipa comunque al grande dispendio energetico del Paese (alla mensa pubblica, in un rifugio). L’impatto ambientale e climatico non è a carico del singolo, insomma, ma del sistema - e dello Stato - a cui fa riferimento. Le nostre piccole azioni quotidiane sono importanti, ma il cambiamento deve avvenire (ed essere richiesto) ai piani più alti.
C’è un altro aspetto importante che l’Overshoot day fa emergere. L’ha spiegato molto bene Telmo Pievani in un articolo per La Lettura:
«La conseguenza più pericolosa è che il consumo crescente di risorse non rinnovabili come carbone, petrolio e gas aumenta la dipendenza da Paesi inaffidabili, fa lievitare i prezzi, destabilizza intere regioni, genera conflitti sempre più allarmanti. Si parla orma di insicurezza strutturale delle risorse e di “insicurezza climatica”. Rischiamo di pagare caro il trentennale ritardo nella transizione energetica».
🔊 Il podcast
Il 4 maggio è uscito la prima puntata del mio nuovo podcast, Cambiamenti, dedicato alle pionere e i pionieri dell’ambientalismo. L’episodio è dedicato a Rachel Carson e alla battaglia che ha intrapreso contro i pesticidi e i composti tossici usati nell’agricoltura del Secondo dopoguerra. Trovi Cambiamenti su qualsiasi piattaforma, basta cercare “Nicolas Lozito” o il nome del podcast. Qui, se vuoi, c’è il link per ascoltarlo su Spotify. Ci saranno altre nove puntate, che usciranno un po’ alla volta nelle prossime settimane. Vuoi uno spoiler sul prossimo episodio? Eccolo.
📰 I link
• Con la crisi climatica abbiamo creato l’era del “pandemicene”. Per tutti i virus in circolazione, la nostra epoca è un’opportunità senza precedenti. (Internazionale)
• I profitti delle multinazionali del petrolio e del gas sono schizzati in questi mesi. Il New York Times analizza i numeri e prova a tracciare il futuro, incerto, del settore del Big Oil. (NY Times)
• La California ha toccato il record del 100% di energia da fonti rinnovabili sabato scorso… e ci dimostra che si può fare. (Greenme)
Cosa possiamo imparare dal nostro passato per affrontare il climate change? Un estratto dal libro “Storia dei cambiamenti climatici” di Brian Fagan e Nadia Durrani, uscito per Il Saggiatore. (Linkiesta)
• Come cambiano le abitudini di chi vuole viaggiare: ora un giovane su due è disposto a cambiare la propria vacanza per essere più sostenibile. (Repubblica)
• Maccio Capatonda, il comico ambientalista: in questa divertente intervista racconta la sua visione green. (Green&Blue)
• Meglio la “giungla” di un prato all’inglese: per salvare la biodiversità fermiamo lo sfalcio dei prati. (Corriere)
• In Inghilterra si discute di come rendere più sostenibile e attento alla causa climatica il mondo del calcio. Non una brutta idea. (Guardian)
• Un piccolo aggiornamento dalla nostra piccola foresta piantata dagli amici di ZeroCO2 per la comunità de Il colore verde: qui c’è il sito che mostra tutti i dati di quei 100 alberi, la loro posizione, la storia del progetto, il loro impatto. Presto troveremo le foto degli alberi che crescono e aggiornamenti su come verranno usati dalle comunità locali del Guatemala con cui ZeroCO2 collabora.
• I fondatori di ZeroCO2 hanno fondato anche una onlus, Compatre, che promuove lo scambio culturale tra giovani europei e guatemaltechi. Hanno appena avviato una campagna fondi per un’iniziativa meravigliosa: la “Comparte Universidad”, per supportare una serie di corsi nell’unica università pubblica del Paese. Stanno raccogliendo 6.000€, se vuoi dare una mano trovi tutto qui.
👇 La foto più bella
La stagione dell’amore è arrivata per le pulcinelle di mare che abitano Inner Farne, gruppo di isole disabitate del Regno Unito. Migliaia di esemplari di Puffin si sono radunati sulle coste e stanno nidificando: il fotografo Dave Hogan ne he ha ritratto un esemplare da vicino, realizzando quello che sembra un quadro. (Se non conosci le pulcinelle di mare e le loro abitudini, puoi partire da questo stupendo video della BBC).
💌 Per supportarmi
Se ancora non mi conosci, ciao! Sono Nicolas Lozito, friulano, 31 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa. Curo questa newsletter da marzo 2020. Esce ogni sabato e nel 2021 ha vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici e Radio 3 Scienza. Il colore verde ha anche un bosco di 100 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO2. L’anno scorso ho fatto un podcast: Climateers, sulle pioniere e i pionieri dell’ambientalismo. Se vuoi darmi una mano:
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