Un murales dello street artist francese Seth (qui il suo account Instagram)
Nel settembre 2019 l’allora ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, annunciava a gran voce che da quest’anno l’Italia sarebbe diventata il primo Paese al mondo dove «l’educazione ambientale è materia di studio». Molte ore di lezioni, voto in pagella e insegnamento in tutte le classi.
Lunedì le scuole ripartono e le cose, purtroppo, non stanno così. Il Ministero ha problemi più grandi da risolvere.
È vero, da quest’anno l'educazione civica è diventata obbligatoria, ma in questa formula: 33 ore all’anno per Costituzione, cittadinanza digitale e sviluppo sostenibile. Significa che all’ambiente spettano in media 11 ore all’anno. 11 ore in 200 giorni di scuola. È come vedere la trilogia del Signore degli Anelli spalmata in nove mesi. Alla fine non ti ricordi nemmeno perché Frodo abbia lasciato la Contea.
11 ore è troppo poco. Eppure, adesso più che mai, c’è bisogno che la crisi climatica e la salvaguardia interconnessa di salute, biodiversità e territorio penetrino nelle scuole.
Ma perché di tutti i problemi del mondo – dalla pandemia alla crisi economica – ci dobbiamo preoccupare dell’ora di educazione climatica a scuola? Perché i giovani sono il più grande agente per cambiare le prospettive future. Se le cose andranno male, non basteranno i banchi con le rotelle.
Pensa a quante cose ci insegnano figli e fratelli più piccoli quando abbiamo a che fare con la tecnologia. È la loro materia. E adesso immagina la stessa cosa applicata alla gestione delle risorse o dei rifiuti. O allo stato dei nostri campi, fiumi e mari. O all’importanza della biodiversità. O, ancora più attuale, la questione della salute e dell’inquinamento atmosferico.
Immagina un bambina o un ragazzo che torna da scuola e trasferisce queste conoscenze alla famiglia come se stesse spiegando l’utilizzo di una chiavetta Usb. Un esempio concerto: la raccolta differenziata.
L’ostacolo più grande all’ora di educazione climatica è nella sua stessa definizione. Ci vuole un approccio più interdisciplinare del solito. Alcuni argomenti scientifici sono già tema di altre materie; e bisogna allontanarsi dall’approccio – molto in voga nelle scuole del 2019 – che sovrappone insegnamento e attivismo. Per intenderci: Fridays for future è fondamentale, ma è solo una parte della grande sfera del sapere.
Però quell’ora – quelle ore – sarebbe uno dei più grandi investimenti del nostro Paese. Nel 1960 la Rai lanciava il suo famoso programma di alfabetizzazione Non è mai troppo tardi cambiando le sorti degli italiani analfabeti. Oggi possiamo chiamare la nostra ora al contrario: Non è mai troppo presto.
E tu cosa ne pensi? Sostenibilità e clima devono avere più spazio a scuola? Fammi sapere qui o su Instagram.
Ps. Ringrazio chi mi ha risposto già a queste ultime domande e così mi ha aiutato per questa puntata, in particolare Cecilia, Ornella – due insegnanti – e Anna, fondatrice del Club dei Cerca-cose.
Da leggere
• Anche i comportamenti individuali servono, per l’ambiente (Il Post)
• La scomparsa degli animali (La Stampa)
• The ‘Straightforward’ Link Between Climate and California’s Fires (NYTimes)
• Perché dovremmo chiamare il climate change “crisi climatica” (Linkiesta)