Un Nobel alla bellezza della complessità
🌍 Il colore verde #77: Cosa ci insegnano Manabe, Hasselmann, Parisi – che hanno vinto il Nobel per la fisica grazie ai loro studi sui sistemi complessi, climate change compreso
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È stata la settimana dei Nobel: il premio per la letteratura ha preso tutti alla sprovvista, quello per la medicina ha valorizzato le ricerche sui nostri sensi, la chimica ha incoronato le scoperte sull’ingegneria delle molecole, il Nobel per la pace è andato a due giornalisti, per ricordarci che la voce è uno strumento di democrazia essenziale.
Il premio per la fisica però è quello che ci ha scaldato di più i cuori.
Perché è stato diviso in tre: Syukuro Manabe, giapponese-americano, 90 anni; Klaus Hasselmann, tedesco, 89 anni, e Giorgio Parisi, italiano. I primi due si sono divisi metà del premio totale (che ammonta a poco meno di 1 milione di euro) e l’altra metà è andata al professore della Sapienza di Roma, 73 anni.
Cosa hanno scoperto? Con lavori molto diversi, ma complementari, hanno approfondito la nostra conoscenza dei sistemi complessi.
In una frase: hanno reso ciò che ci sembrava disordinato, ordinato. Meravigliosa complessità.
Cos’è un sistema complesso? «Un bicchiere d’acqua non lo è», ha spiegato Parisi in un’intervista: ci sono poche variabili che lo regolano. Ma il Pianeta lo è. E lo sono anche la galassia, il corpo umano o i movimenti delle particelle sub-atomiche. Micro e macro. Tutto ciò che è intricato, regolato da mille principi diversi e spesso in apparente conflitto.
Anche il cambiamento climatico è un sistema complesso: tantissime variabili e all’apparenza un caos puro.
Non cito il cambiamento climatico per deformazione professionale: Manabe e Hasselmann hanno vinto proprio grazie ai loro studi sul climate change. «Hanno posto le basi per la nostra conoscenza del clima della Terra e delle modalità con cui le azioni umane lo influenzano», ha detto l’Accademia di Stoccolma che assegna il Nobel.
Il giapponese è stato un pioniere dei modelli per capire il clima e prevedere le sue mutazioni: negli Anni ’60 è stato il primo a trovare i modelli per prevedere quanto, all’aumento della CO2 nell’atmosfera sarebbe aumentata la temperatura. Se oggi esiste una scienza del clima, molto merito va a Manabe.
Hasselmann, dieci anni dopo, ha preso quei calcoli e li ha arricchiti ancora, unendo altri fattori nei suoi studi, mostrando l’affidabilità dei modelli di previsione climatica nonostante l’imprevedibilità del meteo. Non solo: ha creato dei modelli per identificare i segni specifici dell’impatto dell’uomo sul clima.
«Manabe ci ha illustrato come l’aumento di CO2 possa portare al surriscaldamento globale. Hasselmann ci ha mostrato, per primo, che sta succedendo» ha detto un collega del tedesco dopo l’annuncio.
Parisi non ha mai studiato il clima, eppure i suoi modelli e le sue formule matematiche sono servite anche per i calcoli in altri campi: hanno aperto la strada, dando strumenti alla comunità scientifica per indagare il caos apparente dei fenomeni.
Non a caso Parisi, in questi giorni di interviste e dichiarazioni, ha immediatamente lanciato l’allarme sul clima. E l’hanno fatto anche gli altri due fisici. Manabe ha detto che è stato «mille volte più facile capire la scienza dietro il cambiamento climatico che convincere il mondo a fare qualcosa a riguardo«. Hasselmann, invece, ha ricordato che «gli scienziati ci stanno mettendo in guardia da almeno 50 anni».
Il comitato del Nobel ha voluto prendere una posizione molto forte sulla questione: «Le scoperte premiate quest’anno dimostrano che la nostra conoscenza del clima si basa su solide fondamenta scientifiche». Come a dire: non provateci neppure a mettere in dubbio la questione.
Credo che ci siano due cose da imparare da questo triplo Nobel, oltre ai titoli e le celebrazioni istantanee.
La prima è la spinta che accomuna questi tre scienziati: la curiosità. Manabe l’ha tradotta nel modo più semplice possibile: «Non ho mai pensato che il mio lavoro avesse queste conseguenze: l’ho iniziato per semplice… curiosità».
E Parisi l’ha spiegato attraverso un aneddoto relativo alla sua giovinezza e i primi studi su un complicato enigma fisico-matematico:
“Un giorno, mentre facevo il bagno nella vasca della casa dei miei genitori, nel gabinetto con le pareti ricoperte di un marmo arancione, mi concentrai sul problema”.
Più di 50 anni dopo ha vinto il Nobel.
E così arrivo alla seconda morale di questa storia, che riguarda tutti noi. L’umanità ha sviluppato nel corso dei millenni due modi per affrontare l’immensa forza della Natura. Due reazioni agli opposti: da una parte controllarla, semplificarla, dominarla; e dall’altra conoscerla, studiarla, ammirarla.
Negli ultimi secoli queste due modalità sono cresciute in parallelo. Tecnica e scienza. Sfruttamento e rigenerazione. Spesso parlandosi poco: la voglia di controllo ha prevalso, e ciò che imparavamo è stato piegato agli interessi.
Momenti e premi come questo ci mostrano che possiamo aspirare a qualcosa di più che al semplice utilizzo di ciò che ci circonda, senza per forza dover ridurre ai minimi termini la ricchezza e l’interconnessione di tutto ciò che ci circonda. Possiamo indagare, imparare, scoprire, migliorare tutto ciò che è terrestre, e non solo. Navigare ciò che è complesso, invece che tenerlo a bada.
La curiosità è uno dei preziosi fardelli dell’essere umano. E la complessità è il principio da usare come guida per spingere questa umanità curiosa un po’ più là. Un faro, una luce verde oltre la baia. Ma va bene anche un muro arancione attorno a una vasca da bagno in casa Parisi.
📰 I link
Un dato che rende l’idea di quanto sia lunga la strada da percorrere: l’industria delle fonti fossili riceve, in sussidi, 11 milioni al minuto. Il report del Fondo Monetario Internazionale.
“Rischi climatici, i grandi assenti dalle rendicontazioni finanziarie”. Un approfondimento di Valentina Neri su Valori.it
L’Oms ha approvato il primo vaccino contro la malaria. È un momento storico: ogni anno 400.000 persone muoino per questa malattia. Su Lifegate.
Google contro i negazionisti del cambiamento climatico. Su il Post.
“Diventare ‘genitori’ di piante ci spinge a curare la Natura”. Alice Avallone per Pianeta 2021 del Corriere.
Se hai tra i 18 e i 26 anni e vivi in zona Torino, c’è un concorso per idee e progetti “verdi” organizzato da Iren. Qui le info.
👇 La cosa più bella
La cosa più bella che vedrai questo weekend? Le opere di Jim Naughten, che realizza fotografie combinate alla pittura: animali rappresentati in quelli che sembrano diorami da museo, ma con colori molto diversi dalla realtà (onirici, li definirei).
Il suo ultimo progetto si intitola “Eremozoic”, nome che il biologo E.O. Wilson ha dato a quella che lui definisce «l’era di solitudine che arriverà dopo che molte specie animali saranno scomparse, a causa dell’impatto dell’uomo». Qui il suo sito, qui il suo Instagram.
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