Mangiare è un atto politico
🌍 Il colore verde #84: Metà della popolazione mondiale mangia troppo o troppo poco. L'impatto è alto sulla salute e sul Pianeta. Possiamo fare qualcosa? Forse sì
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Dato della settimana: il 48% della popolazione mondiale adulta mangia troppo o troppo poco. Metà del pianeta, in altre parole, soffre di malnutrizione o è sovrappeso.
A rivelarlo è il Global Nutrition Report 2021, uscito martedì, da anni il più grande studio indipendente dedicato alla nutrizione globale.
E il dato si divide così, circa:
il 25% è sovrappeso,
il 15% è obeso,
l’8% è malnutrito.
Ma se prendiamo solo le bambine e i bambini sotto i cinque anni, il dato cambia: il 22% è sottopeso (150 milioni di bambini!), 6,7% soffrono la fame e il 5,7% è sovrappeso.
Sono dati che fanno impressione, nonostante se ne parli sempre poco e male. Eppure oggi nel mondo abbiamo la possibilità di alimentarci in maniera adeguata e persino sfamare chiunque: gli strumenti e il cibo ci sono, anche se i nostri pregiudizi e la scarsa informazione inducono a credere il contrario.
Due anni fa intervistai il fotografo Lorenzo Tugnoli, che aveva appena vinto il Pulitzter per un reportage dallo Yemen, uno dei Paesi più fragili al mondo che da anni soffre una feroce carestia a causa della guerra civile. Mi è rimasto in mente un suo racconto: mi disse che nei mercati il cibo non mancava. Il problema era un altro: tutto costava troppo per la popolazione povera.
C’è molta retorica (o ignoranza) anche con il fenomeno opposto: spesso mangiare tanto – e noi italiani lo sappiamo bene – è considerato simbolo di agio e di benessere. La malnutrizione per eccesso si diffonde anche dove la cultura del cibo è scarsa (il mito del junk food) o dove la povertà dilaga. Il cibo processato ha un basso costo per il portafoglio ma un alto prezzo per la salute.
Tendiamo a colpevolizzare il singolo individuo sovrappeso, ma non abbiamo il coraggio di andare alla radice del problema.
Un altro dato dal report: le morti premature legate a un’alimentazione impropria sono circa 12 milioni all’anno nella popolazione adulta: il dato è cresciuto del 15% dal 2010. Si tratta di un quarto delle morti tra la popolazione adulta. 26% per la precisione.
E tu penserai: avviene soprattutto in Africa, dove “si muore di fame”. No: la proporzione si allarga in Europa e in America (31% delle morti premature) e si abbassa nel continente africano (17%). Mangiare troppo uccide di più che mangiare poco.
Se allarghiamo ancora la prospettiva, troviamo un altro problema: l’impatto ambientale della produzione di cibo. Non è un settore sostenibile. Le industrie legate al cibo producono il 35% delle emissioni globali di gas serra, in larga parte a causa dell’allevamento intensivo e dell’agricoltura per produrre mangimi. Il dato è cresciuto del 14% dal 2010 (in linea con la crescita della popolazione mondiale).
[→ Se vuoi approfondire: Ho trattato il tema dell’impatto ambientale del cibo (e in particolare di carne e latticini) in questa puntata.]
L’organizzazione mondiale della sanità si è data degli obiettivi alimentari legati alla sostenibilità e alla salute rispetto, e ogni Paese dovrebbe raggiungerli entro il 2025: secondo il rapporto quasi tutti gli Stati sono indietrissimo, soprattutto dal punto di vista della prevenzione.
Ma non voglio raccontarti solo il problema in questa puntata. Esiste una soluzione? Possiamo fare qualcosa noi nel nostro piccolo? Ne ho parlato con tre persone che ascolto e seguo.
Valentina “Betti” Taglietti, è una consulente e formatrice aziendale per progetti legati all’alimentazione. Laureata in Biologia della nutrzione, lavora con aziende, scuole e privati per cambiare mentalità e ricette nella ristorazione collettiva e individuale (ha anche una newsletter: Tabellina del sette).
«La prima cosa che dobbiamo capire è che il cibo è nutrimento», mi dice al telefono Valentina.
«Mangiare è un atto politico, anzi, cucinare è un atto politico. Bisogna partire da qui. Non è un gesto di consumo, ma di trasformazione: scegli degli ingredienti non solo per questione di gusto, ma anche per impatto ambientale, benessere; e poi li metti insieme e li trasformi. Sembra una cosa da di niente perché nessuno ci ha mai educati a cucinare: eppure è una delle capacità più importanti della nostra vita».
Ho sentito anche Fabiana Pergola e Samuela Delogu, che a Bologna hanno avviato il progetto Green Ganesha dedicato all’alimentazione sostenibile: organizzano esperienze a domicilio, propongono consulenze e offrono ricette (tra cui un menù per Natale). La loro è una cucina 100% vegetale e “gentile”: «perché il cibo è uno strumento di riconnessione con la natura e la nostra salute».
Ho chiesto loro dei consigli per rendere più politico, sostenibile e sano il nostro cibo. Al telefono, mi hanno risposto così: «Il meccanismo che ci fa eccedere nel cibo non è diverso dalla crescente smania di acquistare oggetti e prodotti di tutti i tipi. Ma ci sono alimenti che non dovrebbero fare parte delle nostre abitudini».
«Già eliminare i cibi pre-confezionati e scegliere prodotti sfusi, di stagione, da mercato è una grande prima rivoluzione. L’altro gesto fondamentale è programmare: la lista della spesa e il menù settimanale. Serve più tempo per farlo? No, perché i compiti si possono dividere tra persone dello stesso nucleo familiare e il tempo al supermercato si può ridurre».
«Noi al supermercato ci cronometriamo: sette minuti e carrello mai pieno. Non bisogna cadere nella trappola delle offerte, delle 2x1, delle confezioni giganti. Prendere solo ciò che serve, così da evitare gli sprechi e ridurre l’impatto».
Provo a sintetizzare: bisogna provarci. Certo, il mondo va di fretta, e sono tante le cose da fare per essere più sani e sostenibili. Però questa è più importante di altre. Alla fine il motto della nonna vale sempre: “siamo ciò che mangiamo”.
📰 Link, Link, Link
L’ultima battaglia del Piave: difendere la portata del fiume insieme alla sua energia. Nicola Saldutti su Pianeta 2021 del Corriere.
Ricavare elettricità dalle piante? Un inventore spagnolo ci sta riuscendo. Su Euronews.
Questa è incredibile: nel 1997 un articolo di Wired prevedeva “Le 10 cose che potrebbero andare storte nel 21esimo secolo”. Le ha beccate tutte.
Il climate change fa “divorziare” di più gli albatross. Lo dice uno studio durato 15 anni. Su BBC (inglese) e Greenreport (italiano)
L’annuale migrazione dei granchi dell’isola di Christmas, milioni e milioni di crostacei rossi che attraversano le strade, in questa bella foto gallery di Gizmodo.
🔥 Benzina sul fuoco: tutti in piazza
Benzina sul fuoco è un podcast curato dal professor Marco Grasso e da Sabina Zambon: è appena uscita la quarta puntata dedicata ai movimenti ambientalisti e le loro proteste di piazza: all’interno della puntata tante voci e idee, da Fridays for future a Extinction Rebellion.
È un podcast fatto veramente bene, nella forma e nei contenuti: è prodotto da Piano P e per tutte le prossime puntate includerò un piccolo riassunto.
Insieme all’associazione Cittadini per l’Aria, la Fiab – Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta e lo studio ForEst, collaboro (gratuitamente) alla sua diffusione.
🎧 Lo ascolti su: Apple, Spotify, Amazon Music.
In una delle prossime puntate della newsletter intervisterò il professor Grasso, quindi se hai domande sui contenuti del podcast, fammi sapere, che gliele giro!
👇 La cosa più bella
La chiamano “la notte dei coralli”: ogni anno la Grande barriera corallina australiana, intorno a ottobre e novembre, si riproduce rilasciando in mare milioni e milioni di uova.
Lo spawning di questa stagione ha meravigliato molti perché è stato più grande del solito, nonostante i coralli siano gravemente minacciati dall’aumento di temperature e dall’acidificazione degli Oceani.
💌 Per supportarmi
Se ancora non mi conosci, ciao! Sono Nicolas Lozito, sono friulano, sono un giornalista e ho 30 anni. Curo questa newsletter da marzo 2020. Esce ogni sabato e da poco ha anche vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici. Ho fatto anche un podcast: Climateers, sulle pionieri e i pionieri dell’ambientalismo. Se vuoi darmi una mano:
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