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L'umanità è in pericolo. L'umanità è il pericolo.
🌍 Il colore verde #157: In un Pianeta più caldo, purtroppo la tragedia in Emilia-Romagna non è l'ultima, ma la penultima
L’Italia è cambiata. Se ci serviva l’ultima, incontrovertibile prova, eccola qui. Dopo la siccità, la pioggia senza freni. Un territorio che soffre, un popolo che piange senza poter far niente se non scappare dall’acqua e spalare il fango. I numeri sono chiari: 14 morti, tutti anziani. 15 mila sfollati, 23 fiumi esondati, 58 allagamenti in 43 comuni, 290 frane. 200 millimetri di pioggia e un’allerta rossa ancora in corso. In una parola: troppo. Troppo di tutto.
L’ultima tragedia ha colpito l’Emilia-Romagna, un angolo di Italia di cui tutti si sentono cittadini. Ma sappiamo bene che non è l’ultima, bensì la penultima volta. Purtroppo arriverà un’altra: chissà quando, chissà dove.
È una settimana triste, proviamo a mettere in fila le cose e depositarle nella nostra memoria condivisa. Oggi quindi niente menù, c’è un unico approfondimento.
Non è più maltempo, è qualcosa che supera ogni previsione
Parto da lontanissimo. Nel 1977 sui giornali usciva questa pubblicità progresso:
Se andiamo avanti così, tutta l’Italia sarà alluvionata. Uno squarcio di futuro, se lo guardiamo oggi. La campagna parlava di inquinamento, incuria, deforestazione che non blocca l’acqua che scende a valle.
Abbiamo trasformato l’acqua da una fonte di vita in un nemico.
Di questa campagna c’è anche una versione video, che ho caricato su Instagram ieri e trovi in originale sul sito dell’archivio delle pubblicità progresso. Lo spot termina con un gigante “Subito”. Facciamo tutti qualcosa per difenderla. Subito.
Non abbiamo fatto abbastanza da quel giorno a oggi. E ora che la crisi climatica ha applicato il suo moltiplicatore, sarà sempre più difficile. È piovuta così tanta acqua, in Romagna da martedì in poi, che persino quei bacini costruiti per evitare gli allagamenti sono esondati. Ne sarebbero serviti molti altri, ancora in costruzione o mai approvati dalla macchina burocratica. “Le accidentate iniziative nazionali per prevenire i rischi da alluvioni”, titola un’analisi del Post sui diversi piani che si sono susseguiti negli ultimi anni. Progetti dai nomi roboanti – ItaliaSicura del governo Renzi, ProteggItalia da Conte in poi – che sono falliti miseramente.

Il ministro della Protezione civile Nello Musumeci giovedì in un’intervista ha affermato che noi italiani siamo portati politicamente ed eticamente a reagire alle emergenze, ma siamo molto scarsi a fare prevenzione. «La ricostruzione serve a generare consenso politico». Stefano Ciafani, presidente di Legambiente che ho intervistato per La Stampa, ci ha detto che «il nostro è il Paese dell’industria dell’emergenza». Eppure ogni euro investito in prevenzione ne fa risparmiare quattro di risposta al disastro.
Mentre la Romagna si ripulisce dal fango, noi tutti dobbiamo porci questioni profonde. Non è semplice maltempo, è anche emergenza climatica. Non è solo emergenza climatica, ma anche mancata responsabilità politica. Ciafani ha messo l’accento su un aspetto fondamentale: «Il governo deve adottare immediatamente il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici». Un documento che contiene 361 misure per rispondere alla crisi sistemica che è in bozza dai tempi di Gentiloni. È lì, nel cassetto, dal 2015. È passata più di una legislatura, quattro governi, infiniti rinvii. In Europa già 24 Paesi ne hanno uno. «È la prima azione da fare in questo momento, la più importante», conclude Ciafani.
L’Italia si sta tropicalizzando
Ci serve un piano di adattamento ai cambiamenti climatici perché l’Italia sta diventando un Paese tropicale. Un Paese dal clima estremo: siccità e poi piogge intense. La “tropicalizzazione” si spiega con l’aumento medio delle temperature dell’area mediterranea. Ci troviamo in un “hotspot climatico”: la temperatura media del Mediterraneo è salita quasi del doppio rispetto la media globale. In Italia, già oggi, la temperatura è sopra i +2°C rispetto alla media pre-industriale (contro il +1,1°C globale).
Con temperature più alte e periodi siccitosi prolungati, l’acqua evapora velocemente e si sfoga con maggiore intensità causando piogge che concentrano in poche ore il carico distribuito di solito in interi mesi o stagioni. La terra secca non è in grado di assorbirla.
La crisi è alle porte dell’Europa, scrive il Guardian, che mette in fila ciò che è successo all’Italia nell’ultimo anno. L’alluvione di Ischia a novembre 2022, 12 morti. A settembre la pioggia sulle Marche, 11 morti. Ad agosto il record di temperatura europea, 48,8°C vicino Siracusa. Il crollo di una parte di ghiacciaio della Marmolada, 3 luglio, 11 morti. Un altro giorno di morte nell’era del collasso climatico.
La causa è chiara: abbiamo usato troppi idrocarburi, petrolio, gas e carbone; e dobbiamo capire che la soluzione definitiva è lasciarli sottoterra. Smettere di usarli.
È difficile attribuire la responsabilità di un singolo evento meteo al cambiamento climatico, anche se gli scienziati lo stanno provando a fare sempre di più, grazie ai modelli di studio sempre più accurati. La siccità mortale del Corno d’Africa dell’anno scorso, per esempio, «non sarebbe stata possibile senza il cambiamento climatico», hanno dimostrato da poco i ricercatori del World Weather Attribution, l’organizzazione che studia la correlazione clima-meteo negli eventi recenti. Il loro sito è un lungo report dalle scene del crimine: in mezzo c’è sempre il climate change a peggiorare le cose.
Il mondo va incontro ai suoi anni più caldi
Gli ultimi otto anni sono stati i più caldi registrati finora dall’essere umano. L’Organizzazione mondiale della meteorologia (WMO), che fa capo all’Onu, ha appena annunciato che i prossimi cinque anni saranno ancora più caldi. «Al 98% di probabilità sarà il quinquennio con temperature più alte mai registrato».
Subiremo l’azione combinata del surriscaldamento globale e il ritorno di El Niño, un fenomeno climatico che si genera ciclicamente nell’Oceano Pacifico ogni 2-7 anni e che porta a un ulteriore riscaldamento del clima.
C’è il 66% di probabilità che la temperatura media globale salga, in questi anni, oltre il livello di +1,5°C rispetto al periodo pre-industriale (la soglia oltre la quale le conseguenze del surriscaldamento diventano ancora più imprevedibili). Da qui al 2027 toccare, seppur temporaneamente, picchi di +1,8.
Provo a tirare le fila del discorso, partito dal 1977 e arrivato alle proiezioni sul 2027. In cinquant’anni il clima è mutato, la nostra casa è più inospitale di prima, nonostante pensiamo di controllare la natura a nostro piacimento. Viviamo in un mondo nuovo, più fragile e per certi versi spaventoso. Parlo sempre di verde speranza ma in settimane come questa non è semplice trovarla.
Oltre il disastro, le polemiche politiche, gli sgambetti a destra e sinistra. Quello che però emerge dalle foto, dai reportage, dalle voci raccolte lì nelle zone più colpite è anche l’infinito orgoglio romagnolo, testardo e nonostante tutto ottimista. Non so se hai visto quel video dove tutti cantano Romagna mia spalando il fango. Fa venire i brividi, ricorda altri tempi, sembra la scena di un film di guerra. L’invasore se ne è andato e ha lasciato una scia di devastazione.
Romagna nostra. Quel video, più di ogni altro racconto, mostra anche cosa significa essere umani. Siamo in pericolo, sempre più spesso. Siamo il pericolo, se ci disinteressiamo del Pianeta. Siamo la soluzione, se lavoriamo uniti.
«Ciò, ci andremo su dietro», dicono da quelle parti. Un abbraccio a chi sta vivendo questi giorni difficili proprio nelle zone colpite.
📰 Notizie, letture, sguardi
Oggi è la giornata mondiale delle api, e lunedì 22 la giornata mondiale della biodiversità. Festeggiale per bene.
A quanto ammonterebbero i risarcimenti dell’industria fossile per tutti i danni ambientali e climatici causati? 209 miliardi di dollari all’anno. (The Guardian)
Come ridurre l’uso di plastica dell'80% entro il 2040, secondo l’Unep (Green&Blue)
Come diventare società benefit: un dossier racconta successi ed errori (da evitare) delle aziende sostenibili (Corriere)
La città islandese che salva i cuccioli di puffin (un long read sul magazine dello Smithsonian)
La prossima settimana c’è il festival “Un grado e mezzo” qui a Torino, tutto dedicato al clima. Mi trovate lì a moderare parecchi incontri. Le info qui, il programma è diviso per tipologia di eventi.
📸 La mia foto preferita
Proviamo a distrarci mezzo secondo con questo koala felice e spensierato che pranza in un parco di Sidney, Australia.
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Se sei qui, vuol dire che Il colore verde ti piace davvero e ti è utile: grazie per supportare questa newsletter. Il colore verde è nato nel 2020 e lo curo io, Nicolas Lozito, friulano, 32 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa. Nel 2021 la newsletter ha vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici e Radio 3 Scienza.
La comunità de Il colore verde ha un bosco di 250 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO₂: trovi la sua storia e i suoi dati qui. Se vuoi adottare un albero anche tu da ZeroCO₂, usa il codice ILCOLOREVERDE per uno sconto del 30%.
Tengo il corso “Progettare una newsletter” per la Scuola Holden. Il prossimo ciclo di lezioni inizia il 6 giugno: 5 incontri serali, una a settimana, online. Con il codice HOLDENPRO hai lo sconto del 10%. Segnalo anche il corso “Cronache dal Pianeta Terra”, che farò quest’estate per Scuola Holden e Fronte del Borgo. È pensato per docenti (dal 28 giugno, 8 lezioni).
Ho curato anche tre podcast: Climateers (2021, Pillow talk), Cambiamenti (2022, Emons record), e Verde speranza (Onepodcast/La Stampa).
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