Le promesse di Glasgow
🌍 Il colore verde #81: Tre cose buone e tre storte della prima settimana di COP26, la grande assemblea globale sul climate change
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La più importante novità dalla COP26 di Glasgow è racchiusa in una frase: fino a ieri dicevamo “se ci impegnamo possiamo salvarci dalla crisi climatica”, ora possiamo dire “se rispettiamo gli accordi possiamo salvarci”. È una piccola grande rivoluzione: per la prima volta le promesse fatte dai leader del mondo, se mantenute, potrebbero portare a contenere davvero il climate change.
Domenica scorsa si è aperta a Glasgow, in Scozia, la COP26. È la grande riunione globale sul clima, dove gli Stati fanno promesse, piani e accordi per contrastare il climate change. Prima dell’inizio c’era una buona dose di pessimismo, ma dopo sette giorni possiamo dire che sta andando meglio del previsto.
C’è chi sta raccontando molto bene – e quotidianamente – i negoziati: metto i link qui sotto. Oggi io, invece, ti propongo il bilancio della settimana.
I tre importanti primi accordi di Glasgow:
🌳 Fermare la deforestazione. Entro il 2030, secondo il documento firmato da più di 100 Paesi, che ospitano l’86% delle foreste del mondo. Come? Disincentivando il disboscamento, finanziando progetti di rigenerazione e proteggendo le comunità indigene, che sono la prima linea di difesa.
Tra i firmatari anche il Brasile, Paese chiave perché al suo interno ospita il cuore della foresta amazzonica.💨 Ridurre il metano. Del 30%, entro il 2030. Anche questo documento è stato firmato da circa 100 Paesi. Il metano è un gas con un “effetto serra” più forte della CO2, ma più limitato nel tempo. Per limitarlo bisogna non solo ridurne l’uso ma anche eliminare lo “spreco”: molto metano fuoriesce da raffinerie e pozzi petroliferi sotto forma di perdite controllate. Il metano è anche prodotto in larga scala dagli allevamenti intensivi (la digestione del bestiame).
⛽ Zero finanziamenti alle fonti fossili e meno carbone. Stati, banche e istituzioni hanno promesso che entro il 2022 interromperanno i finanziamenti pubblici e gli incentivi ai progetti legati alle fonti fossili, in particolare al carbone. I soggetti firmatari non sono tanti (circa 25, sì USA, no Cina) ma secondo l’Onu significa spostare circa 15 miliardi di euro all’anno di finanziamenti pubblici. L’Italia non ha firmato, ma insieme a un’altra ventina di Stati ha promesso di interrompere i finanziamenti a progetti stranieri alle fonti fossili. Una terza promessa è stata fatta da altri 23 Paesi: elimineranno il carbone dal loro mix energetico.
Le tre cose che sono andate storte:
🇮🇳 L’India ha promesso emissioni nette zero per il 2070. Bene, perché il premier indiano Modi non aveva ancora mai fatto promesse del genere. Ma male perché è 20 anni dopo la soglia auspicabile di metà secolo. L’India ha sollevato il tema cruciale della responsabilità storica: i Paesi in via di sviluppo inquinano molto oggi, e lo fanno per raggiungere benessere e progresso, ma in passato erano i Paesi occidentali a inquinare più di tutti.
📈 L’emissioni di gas serra gobali sono “rimbalzate”. Ovvero nel 2021 sono aumentate del 4,9% rispetto al 2020, quando la pandemia e i lockdown le aveva fatte scendere del 5,4. È l’effetto rebound, rimbalzo, della ripresa delle attività e delle catene produttive. Cina, Usa, Ue ed India emetteranno più CO2 che nel 2019, il resto del mondo meno — spiega il Global Carbon Project.
🎤 I leader che non hanno partecipato. E gli sforzi che mancano. Tutti i Paesi hanno dei delegati a Glasgow, ma non tutti i leader ci hanno messo la faccia. Putin è rimasto in Russia. Xi Jinping a Pechino. Il premier australiano non c’era. Bolsonaro, presidente del Brasile, ha preferito farsi un tour dell’Italia. Gli attivisti – giovani soprattutto – ieri hanno sfilato per le strade della città scozzese chiedendo che si faccia di più e meglio. Greta Thunberg, che oggi è sulle prime pagine di tanti nostri giornali, ha criticato la COP: «È chiaro che sia un fallimento. I politici fanno greenwashing», ovvero si ripuliscono la coscienza e l’immagine raccontando impegni di sostenibilità che però mancano di urgenza e concretezza.
Le promesse da mantenere
Possiamo fare un primo bilancio. Le nuove promesse e gli obiettivi fatti a Glasgow dagli Stati ci porterebbero a un incremento di temperatura, a fine secolo, di +1,8/+1,9°C rispetto all’era pre-industriale (ora siamo già a +1,1°C). A dirlo sono due modelli sviluppati dall’Università di Melburne (+1,9°C) e dall’Agenzia internazionale dell’Energia (+1,8°C).
È la prima volta che un modello prevede un surriscaldamento globale sotto i due gradi, che è la soglia considerata critica oltre la quale gli effetti del climate change sono tragici e imprevedibili. Fino a una settimana fa, infatti, Climate Action Tracker prevedeva che sommando tutte le promesse fatte prima della COP26, l’aumento sarebbe stato di 2,9°C. (Se vuoi approfondire, qui un articolo chiarissimo)
Certo, sono calcoli in continuo divenire, e si basano su “promesse” lontane, fatte per il 2030 o addirittura il 2050, quindi potrebbero non rivelarsi validi. Non solo: il vero obbiettivo rimane quello di +1,5°C, l’unico che limiterebbe davvero i danni a catena del surriscaldamento globale. Però, ecco: è una buona notizia. Se rispettiamo i patti saremmo già sulla buona strada.
La prossima settimana si entrerà nel vivo dei negoziati “ufficiali”: i Paesi lavoreranno sull’accordo finale, e dovranno trovare una quadra unanime su temperatura, obbiettivi di emissione zero e cooperazione internazionale. Solo su questo potremmo dire se la COP26 sia stata un reale successo.
🔍 Cosa leggere per rimanere aggiornati sulla COP
Se vuoi stare al passo giorno per giorno con le notizie sulla COP26 ti consiglio:
Il Guardian e il New York Times (in inglese).
Destinazione COP (che, ho scoperto, ha anche un comodo canale Telegram) e Domani
La newsletter Climatariano di Tommaso Perrone.
Il bollettino quotidiano da Glasgow dell’Italian Climate Network. Qui la puntata di ieri, che racconta una storia molto bella di… biciclette.
Il podcast di Valori.it, COPcast.
📰 Link, Link, Link
Il rischio che il climate change diventi una “semi-Apocalisse”. Sull’Atlantic.
La disinformazione su clima e ambiente viaggia sempre di più su Facebook. E te pareva. Sul Guardian.
Per contrastare la crisi climatica serve subito la carbon tax. Su Internazionale.
Nuovo record di smog a New Delhi, in India. Su Repubblica un video impressionante.
Due persone che seguo sempre con interesse pubblicano un libro ciascuna sul tema: Elisabetta Reyneri con Crisi climatica - Istruzioni per l’uso e Laura Zunica, presidentessa della onlus TerraLab, con Un’impronta leggera – libro che ora è in prevendita su Bookabook.
In edicola per la prima volta da oggi c’è L’essenziale, il nuovo settimanale di Internazionale dedicato all’Italia. C’è un interessante articolo di Stefano Liberti sulla centrale a carbone di Civitavecchia «che blocca la transizione energetica di tutto il Paese».
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Il luogo perfetto per passare un mese a leggere libri e guardare il cielo stellato, l’Isola di Man, fotografata da Glenn Whorrall con la tecnica della lunga esposizoine che trasforma la luce di drone in un’areola celestiale. Qui la gallery.
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Se ancora non mi conosci, ciao! Sono Nicolas Lozito, sono friulano, sono un giornalista e ho 30 anni. Curo questa newsletter da marzo 2020. Esce ogni sabato e da poco ha anche vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici. Ho fatto anche un podcast: Climateers, sulle pionieri e i pionieri dell’ambientalismo. Se vuoi darmi una mano:
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