L'apocalisse secca
🌍 Il colore verde #144: Suona l'allarme siccità. Nel Nord Italia manca il 40% della pioggia. Affrontiamo un nuovo mito biblico
Buongiorno, e scusa se ti mando la newsletter con un giorno di ritardo.
Piccolo preambolo, poi parto. Mercoledì ho dedicato una puntata del podcast Verde speranza agli acquisti online sostenibili. Su Instagram ho chiesto qualche suggerimento per siti attenti all’ambiente, così da elencarne il più possibile. Santo cielo là fuori c’è di tutto!
Me ne sono arrivati tantissimi, li ho iniziati a mappare qui, anche se la lista non è per nulla completa. Se hai idee, se vuoi prendere qualche consiglio:
La puntata di oggi invece ha un tema unico: la siccità. Quindi niente menù, via.
Un inverno siccitoso che sembra estate
Suona l’allarme, suona fortissimo. Non piove. Non nevica. Il Po a Ponte della Becca, Pavia, è a 3,3 metri sotto il livello normale per questa stagione. Sembra estate, non lo è. È l’inverno caldo e sterile a cui ci costringono il cambiamento climatico e la nostra gestione sconsiderata delle risorse. Le montagne sono marroni invece che bianche, e le campagne hanno la terra secca e crepata: fra poco i contadini dovranno seminare sulla polvere.
Negli ultimi 430 giorni in Nord Italia è piovuto meno della media: è una siccità lunghissima e sempre più pericolosa. Le precipitazioni del 2023? -87%. La neve sulle Alpi? -46%. E nel 2022 nelle regioni settentrionali d’Italia è mancato più di un intero Lago di Garda di pioggia, 52 miliardi di metri cubi d’acqua in meno rispetto la media. -42%.
Piove così poco che non ha nemmeno più senso usare il Lago di Garda, il più grande d’Italia, come parametro: manca così tanta acqua, circa due terzi rispetto ai livelli storici, che è emerso l’istmo dell’isola dei Conigli vicino Manerba. Si può raggiungere l’isola camminando.
Il Po soffre dalla fonte fino al suo delta: qui a Torino assomiglia a una vena che dissangua a cielo aperto. Da Piazza Vittorio in giù, oltre la diga che crea il tratto navigabile della città, affiorano zolle e isolotti a cui ormai potremmo dare un nome. I nostri figli, un giorno, ci andranno a fare i picnic.
E più lo si discende, più la situazione è grave: non serve più bonificare alcune zone, sono diventate deserto. Lo scorsa estate la risalita del cuneo salino, ovvero l’acqua di mare che invade la foce del fiume, aveva raggiunto i 40 chilometri: quest’anno il record rischia di essere battuto.
Piange chi vive di agricoltura, piange chi con l’acqua ci produce energia elettrica. E fra poco il pianto si trasformerà in conflitto: quando l’acqua non abbonda, si inaspriscono le differenze e si è costretti a delle scelte. L’acqua per vivere, per generare elettricità, per coltivare, per le aziende, per i privati. A chi spetta? Nell’emergenza torniamo primordiali: intere civiltà che ruotano attorno a una sola risorsa scarsa: l’acqua.
Per millenni i popoli di tutto il mondo hanno raccontato la storia della più grande apocalisse: il diluvio universale. Non solo il mito di Noé, ma anche Manù in India, Deucalione in Grecia, Atraḫasis in Mesopotamia.
Negli scorsi decenni il mito è cambiato, adattandosi alle scoperte scientifiche: è il mare che ci inghiottirà, lentamente, con il crescere dell’innalzamento del livello delle acque. I ghiacci si sciolgono, il volume si espande per il surriscaldamento e le nostre coste finiscono sott’acqua, trasformando atolli e città costiere in moderne Atlantide. Non abbiamo mai capito la portata del problema, per alcuni impercettibile per altri spaventosa. Tanto che ci abbiamo anche fatto film hollywoodiani, come The day after tomorrow o 2012, dove le acque ci conquistano all’improvviso.
Oggi l’umanità ha a che fare con un’altra apocalisse. Un’apocalisse secca. Siccitosa. Dobbiamo affrontarla noi in Italia, ma anche in Africa, negli Stati Uniti, in Australia, in Cina. L’acqua dà, l’acqua toglie.
Certo, un giorno pioverà di nuovo. Ma non basterà: la pioggia sarà sempre di meno e sempre più concentrata in poche devastanti perturbazioni. E nel frattempo i terreni si saranno seccati, abituandosi alla nuova situazione, la morte. Un terreno secco non può ospitare la vita.
Per questi motivi le soluzioni non possono seguire uno schema lineare. Non possiamo agire come abbiamo sempre agito, perché il come sempre non esiste più. Presa coscienza del problema, e della fonte del problema – in ultima istanza noi stessi e il nostro continuo bruciare, estrarre, sfruttare – non possiamo riavvolgere il nastro del cambiamento climatico. Lo possiamo rallentare. E possiamo adattarci: un piano strategico per affrontare siccità e crisi climatica, un sistema diverso di invasi, la raccolta dell’acqua piovana, un uso dell’irrigazione più metodico, la lotta agli sprechi delle infrastrutture. Ci possiamo aggrappare alla speranza della desalinizzazione, ovvero il processo per generare acqua dolce dal mare, come fanno quegli Stati che vivono in mezzo al deserto: ma oggi per noi è ancora costoso, lento, energivoro.
In Siccità di Paolo Virzì si racconta una Roma senza acqua, con il Tevere in secca e la pioggia che manca da migliaia di giorni. Una commedia apocalittica, che mostra le assurdità di una società spezzata dalla crisi idrica: c’è chi muore, c’è chi non si è accorto del problema, perché è abbastanza ricco da accedere agli approvvigionamenti.
Ecco: il primo passo è accorgersene. Degli indizi, delle prove e dei presagi. Parlarne oggi per non stupirci quest’estate, quando la situazione sarà davvero sotto gli occhi di tutti. Arrabbiarci, preoccuparci, pensarci così tanto da farci venire un’idea. Basta un’idea semplice: proteggiamo l’acqua e salviamoci dall’apocalisse del diluvio universale al contrario.
📰 Notizie, letture, sguardi
Svolta sull’elettrico, il mondo dell’auto guardi lontano (Roberto Mezzalama sul Corriere)
Lo smog arriva in Tribunale: la maglia nera a Torino. «Così si avvelena mio figlio» (Corriere)
Un reportage fotografico per mostrare la crisi climatica che colpisce le Alpi (The Guardian)
Spopolamento, stipendi bassi e pochi servizi. L’emigrazione in Italia diventa un problema anche ambientale (Repubblica)
Scientist Rebellion, Extinction Rebellion e Ultima Generazione hanno bloccato la pista dei jet di Milano Malpensa (Corriere)
Extinction Rebellion a Torino ha bloccato gli accessi alla Rai e alla sede di Stampa/Repubblica. Fuori dalla Rai una guardia giurata ha puntato una pistola a un attivista, un gesto surreale e spaventoso. Massima solidarietà. (In una prima versione dell’articolo criticavo la scelta del blitz alla sede de La Stampa, proprio nel giorno in cui la nostra redazione scioperava. Ma come spiegato da XR nel loro comunicato l’azione era anche in solidarietà dei lavoratori. Mi scuso per aver fatto il cortocircuito.)
Due storie belle:
Gianluca Grimalda, In treno fino alla Papua Nuova Guinea: “È dal 2011 che cerco di viaggiare a bassa intensità carbonica” (Repubblica)
Orti scolastici nel Bronx, e poi in Italia: quando un pomodoro può salvare una vita (Corriere)
📸 La mia foto preferita
Facilmente il tuo prossimo sfondo del pc o del telefono. Un panda si riposa accrocchiato in cima a un albero nell’area naturale di Wenchuan, Cina.
💚 Grazie!
Se sei arrivat* fin qui, vuol dire che Il colore verde ti piace davvero e ti è utile: grazie per supportare questa newsletter. Il colore verde è nato nel 2020 e lo curo io, Nicolas Lozito, friulano, 32 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa. Nel 2021 la newsletter ha vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici e Radio 3 Scienza.
La comunità de Il colore verde ha un bosco di 100 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO₂: trovi la sua storia e i suoi dati qui.
Ho curato anche tre podcast: Climateers (2021, Pillow talk), Cambiamenti (2022, Emons record), e Verde speranza (Onepodcast/La Stampa).
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