La speranza bisogna guadagnarla
🌍 Il colore verde #130: Le buone notizie dal Brasile e dagli Usa, il nuovo libro di Greta, inizia la Cop27. E a Roma gli attivisti hanno lanciato altra zuppa su Van Gogh
Buongiorno!
Spero laggiù tutto bene. Qui a Torino io sono arrivato alla quarta dose e ho realizzato che negli ultimi due anni sono andato più volte a farmi il vaccino che ai concerti. Quando l’ho capito mi volevo annegare nel Po. Ma c’è troppa poca acqua.
La parola dell’anno per il dizionario Collins è permacrisis: “un periodo esteso di instabilità e insicurezza”. Su Instagram ho chiesto quale altra parola può definire questo strano 2022: ecoansia, solastalgia, quiet quitting, underdog, cringe. Ma anche irenico, ovvero promotore di pace; cura e disagiability, che il mio amico Lorenzo Ongaro ha definito così “la capacità di andare avanti nonostante tutto quanto intorno a noi crolla”. 100 punti! Qual è la tua parola dell’anno? Dimmelo nei commenti, o su Instagram, o via mail, dove vuoi.
Oggi menù ricchissimo, pronti via:
🍀 Tre buone notizie da Lula, Biden e l’Unione europea
📗 Greta ha scritto un nuovo libro, fortemente consigliato
🤔 Le attese e i dubbi per Cop27: non sappiamo come andrà
🎩 Nuovi dati sulla schifosissima élite inquinante
🚘 Minestra su Van Gogh e blocchi stradali: nuovi problemi per gli attivisti radicali
🍀 USA, Brasile, Europa: tre notizie positive per il clima
Ci siamo lasciati sabato scorso con del pessimismo galoppante. Il Washington Post, invece, ha provato a unire i puntini delle notizie positive.
La vittoria di Lula alle elezioni brasiliane di domenica scorsa è la terza spinta decisiva del 2022 che cambierà in meglio la traiettoria della lotta al climate change, sostiene il giornale americano. Lula in campagna elettorale ha promesso di fermare la deforestazione dell’Amazzonia, dopo che negli anni di presidenza Bolsonaro era salita esponenzialmente.
Gli altri due sviluppi – “inaspettati” li definisce il WaPost – riguardano l’Unione europea e gli Stati Uniti. In Europa la crisi energetica sta accelerando la transizione energetica verso le rinnovabili (ne parlavamo la settimana scorsa) e negli Stati Uniti il piano green di Biden ha iniettato sul mercato miliardi di dollari in incentivi e finanziamenti sostenibili.
E questo momentum, ovvero questa fase favorevole, potrebbe proseguire anche se la prossima settimana il Partito repubblicano riprendessero il controllo del Congresso (molto probabile). Questo perché l’Inflation Reduction Act (il nome ufficiale del piano verde dei democratici) è stato strutturato affinché crediti e incentivi fiscali proseguano a prescindere dall’intervento di Washington.
Claire Healy, direttrice di E3G, think tank climatico, ha sintetizzato così:
“Osservando questi trend, dobbiamo sentirci incoraggiati. La spinta economica si sta muovendo nella giusta direzione, anche se a una velocità ridotta rispetto a quanto sarebbe necessario secondo la scienza”.
📗 Il nuovo libro di Greta Thunberg, molto molto utile
É uscito il nuovo libro di Greta Thunberg, The climate book. É così lungo che l’indice occupa nove delle 464 pagine totali. Nove. Contiene più di 100 articoli scritti da ancora più scienziat* ed espert* di ambiente, e ogni sezione è intervallata da testi di Thunberg stessa. Un manuale per schivare l’Apocalisse. L’ho recensito per La Stampa, trovi qui il pezzo (è a pagamento, mi spiace; però c’è la versione audio accessibile anche ai non abbonati), ma il riassunto è questo: secondo me ognuno di noi dovrebbe averne una copia nella propria libreria. Due frasi che voglio riportare:
«La speranza è qualcosa che ci si deve guadagnare».
«È un libro che vuole essere democratico, perché la democrazia è lo strumento migliore che abbiamo a disposizione per risolvere questa crisi».
🤔 Cosa aspettarsi da Cop27? Risposta facile: nessuno lo sa
Se hai dato una letta ai tanti articoli che ormai circolano su Cop27, che inizia domani 6 novembre a Sharm-el-Sheikh, in Egitto, ti sarai fatt* un’idea: nessuno sa esattamente cosa aspettarsi.
Mi spiego: ci sono molti temi sul tavolo. Riduzione di emissioni, accordi su carbone e metano, finanziamenti verdi, riforestazione, adattamento, cooperazione con i Paesi più vulnerabili, l’ormai celebre tema sul fondo loss&damage per aiutare i Paesi già ora più colpiti dal cambiamento climatico (è la prima Cop ospitata in Africa, e a Glasgow l’anno scorso il tema era rimasto in sospeso). Tantissimi diplomatici saranno lì due settimane a negoziare. Ma ancora non sappiamo quale possa essere il punto di caduta, che mette insieme le soluzioni trovate dai tecnici e la spinta politica internazionale.
Anche dall’Italia ci aspettiamo delle cose, senza sapere esatattamente quali possano essere: Giorgia Meloni sarà in Egitto lunedì e martedì. Se a livello di obiettivi di mitigazione siamo costretti a stare al passo con i target europei, di cosa parlerà la nostra premier? Di sicurezza e indipendenza energetica, visto che ieri ha annunciato il via libera a nuove e più intense trivellazioni per il gas italiano? O illustrerà il “Piano Mattei per l’Africa” che aveva accennato durante il suo primo discorso alla Camera? O ancora: parlerà di Giulio Regeni?
Cito Giulio e sai perché. Il grande problema di Cop27 è il ruolo della società civile, come ho raccontato due settimane fa: manifestazioni e proteste sono di fatto vietate o comunque depurate e controllate al massimo; molti attivisti hanno scelto di non partecipare (la stessa Greta Thunberg) e sull’Egitto rimangono le pesanti critiche per la mala gestione dei diritti civili, e per la mancata liberazione di alcuni prigionieri politici, nonostante le richieste internazionali sempre più pressanti. Alaa Abd El-Fattah di cui ti ho parlato due settimane fa inizierà nei giorni di Cop27 anche lo sciopero della sete, in aggiunta allo sciopero della fame in corso da più di 215 giorni. Un gruppo di premi Nobel ha scritto una lettera aperta alle istituzioni internazionali perché facciano il possibile perché venga liberato e non muoia in carcere. La situazione è davvero grave. Internazionale, nel frattempo, ha tradotto l’articolo di Naomi Klein che citavo due episodi fa: “La verità dietro alla Cop27”.
Giorgio Brizio, attivista per Fridays for future, ha elencato su Instagram tutti i problemi di questa Cop27, e ti consiglio il suo post (anche lui, come me, porta il braccialetto di Regeni). Oltre alle critiche e il dissenso, però, dobbiamo prestare molta attenzione a questa Cop. Per António Guterres, segretario generale dell’Onu, “saremmo spacciati se non riusciamo a prendere un importante accordo” in queste due settimane.
Chi seguire per rimanere informati sugli esiti di Cop?
L’Italian Climate Network farà un bollettino via mail. Ci registra qui.
Ecco, il think tank italiano sul clima. Anche loro seguiranno da Sharm l’evento.
Tommaso Perrone, direttore di Lifegate e autore della newsletter Il Climatariano, cura un podcast quotidiano sull’evento, CopCast.
Testate da seguire: il Guardian per chi legge in inglese, Green&Blue e Domani per l’Italia
🎩 L’élite inquinante: l’1% più ricco emette quanto il 10% più povero in 20 anni
Quando si parla di diseguaglianza climatica io cito sempre un dato della onlus Oxfam, e ormai lo saprai a memoria anche tu: “l’1% più ricco del Pianeta emette il doppio delle emissioni del 50% più povero”. Ne aggiungiamo un altro, che proviene da un nuovo studio dell’ente inglese Autonomy.
L’1% più ricco del Regno Unito è responsabile in un anno delle stesse emissioni di CO₂ del 10% più povero in 20 anni.
Ribaltiamo la proporzione: una persona che ha reddito molto basso in Inghilterra impiega circa 26 anni per emettere tanta CO₂ quanto un singolo ricchissimo del Paese in un anno.
Il dato è calcolato sulla popolazione inglese, ma a grandi linee è applicabile agli altri Paesi occidentali ricchi. Le prospettive interessanti sono due: quella delle diseguaglianze, fondamentali per capire come agire per mitigare gli effetti del climate change. E quella temporale. Spesso ci dimentichiamo del tempo, ma avere ben chiara la timeline è fondamentale: i cambiamenti climatici sono sempre esistiti nella storia del Pianeta, ma mai così velocemente come negli ultimi decenni.
🚘 I nuovi problemi degli attivisti che bloccano le strade
Ieri quattro attivisti di Ultima generazione hanno lanciato passato di piselli su Il seminatore di Van Gogh a Palazzo Bonaparte, Roma, per poi incollarsi sotto il quadro. Sono nate le solite polemiche e polemichette: è la prima azione climatica contro l’arte in Italia che si svolge durante il governo Meloni, infatti il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ci è andato giù pesante.
Ma non voglio parlarti di questo, mi pare ci sia poco di nuovo da registrare.
Mi sembrano, interessanti, invece, gli sviluppi sulle azioni che riguardano i blocchi stradali. Olaf Scholz, cancelliere tedesco, questa settimana se l’è presa con gli attivisti per il clima che bloccano il traffico e che si incollano all’asfalto. Tutto è partito da una notizia berlinese, che Repubblica presenta così:
Attivisti del clima bloccano l’ambulanza con una ciclista in fin di vita.
Il tir l’aveva travolta e la ciclista era finita incastrata sotto all'autotreno. E insieme all'ambulanza erano stati chiamati mezzi di soccorso speciali che potessero sbloccarla e portarla in ospedale. Peccato che l'autostrada per raggiungere l'incidente gravissimo avvenuto nel quartiere di Wilmersdorf, nella parte ovest di Berlino, fosse paralizzata per una manifestazione degli attivisti per il clima di Letzte generation (Ultima generazione) che si erano incollati all’asfalto. I soccorsi per la donna in fin di vita, secondo i pompieri, sono arrivati tardissimo.
Da Letzte Generation sono arrivate subito le scuse (“Ci auguriamo molto che le sue condizioni non siano peggiorate a causa dei ritardi. L’imperativo di tutte le nostre azioni è quello di salvaguardare la sicurezza di chi vi partecipa”, ha detto la portavoce del gruppo). Molti politici e commentatori, invece, si sono infuriati. Scholz ha provato a trovare una sintesi, facendo appello agli attivisti a riflettere sempre sulle conseguenze delle proteste per evitare che danneggino altre persone.
A metà ottobre era circolato il video di una simile azione del gruppo Ultima generazione italiano sul Grande raccordo anulare romano. Una donna scendeva dall’auto e avvicinandosi agli attivisti diceva:
“Io ho un problema. Non sto scherzando. Sono a disagio. Mi tolgo la parrucca, devo andare a fare la chemioterapia. Ho un appuntamento. Abbiate pietà”.
Due giorni fa invece un altro video molto condiviso ha mostrato il duro sfogo di uno “scienziato ambientale” (non abbiamo il nome, non sappiamo chi sia) rivolto agli attivisti che bloccavano la tangenziale romana: “Questa non è la soluzione, venite a lavorare con me”, dice l’uomo. Loro replicano: “Voi guardate il dito e non la Luna”.
“Il dito e non la Luna” è la frase più usata da chi difende l’attivismo radicale di questi ultimi mesi. E secondo me racchiude perfettamente il principale errore di retorica di queste azioni: se la comunicazione (narrazione?) continua a non funzionare, sarà ogni tanto anche colpa di chi l’ha impostata così, cioè gli attivisti, e non solo di chi la fruisce, noi?
Se noi giustamente dobbiamo renderci conto dei problemi che gli attivisti ci presentano, e altrettanto giustamente accettare le contraddizioni necessarie del dibattito sul cima… e ti assicuro passo le giornate a mettere in dubbio le mie certezze sul tema… perché allo stesso tempo gli attivisti radicali sembrano non porsi il dubbio? Perché la loro personale narrazione è sempre noi giusti, voi sbagliati?
Ho l’impressione che dobbiamo ancora discutere molto. La radicalizzazione dell’attivismo climatico ha alcuni vantaggi ma anche dei costi (qui un bell’articolo sul tema). Proprio come tutte le lotte più dure del passato – per il lavoro, con gli scioperi e le barricate; per il femminismo, con il MeToo; per i diritti civili, con i cortei e le denunce – ha così tante sfaccettature che è importante conoscere e affrontare, soprattutto oggi dove pochissimi attivisti possono avere un impatto mediatico e sociale enorme.
Se hai spunti sull’argomento, idee, dubbi, scrivimi a nicolaslozito@substack.com Parliamone ancora, parliamone meglio.
📰 Rassegna verde
Il nuovo numero dell’Economist in copertina titola così: “Addio a 1,5°C”.
Alla scoperta dei deserti italiani. Il 20% del nostro territorio è a rischio desertificazione. (La Svolta)
Un professore americano difende da anni l’industria della carne dalle accuse di inquinamento. Si è scoperto che riceve milioni e milioni di dollari di finanziamenti proprio dall’industria della carne. (NY Times)
Il greenwashing delle aziende sta diventando sempre più difficile da riconoscere. Ecco come fare (Quartz)
Le temperature in Europa aumentano più del doppio rispetto alla media globale (Copernicus)
Però il climate change potrebbe aumentare il numero di arcobaleni (Inside Climate News)
Se il mondo piantasse tutti gli alberi che ha promesso di piantare per ridurre i gas serra in atmosfera, dovremmo riempire una superfice grande come gli Stati Uniti (ScienceX)
Fenomenologia dei social. Barilla fa un video divulgativo sugli insetti come alimento alternativo e fonte di proteine, le persone non capiscono che si tratta di divulgazione, l’azienda è costretta prima a spiegarsi meglio poi a cancellare tutto. (Wired)
📸 La mia foto preferita
Zaporizhzhia, Ucraina, 28 ottobre. Katja ha 23 anni e viveva in un appartamento con 19 gatti: il palazzo è stato colpito dai bombardamenti russi e solo pochi giorni fa lei è riuscita a tornare nella sua vecchia abitazione. Nello scatto posa vicino ai vetri distrutti, tenendo in braccio uno dei suoi gatti.
Volevo mostrarti questa foto perché mi ha colpito immediatamente e con prepotenza: senza parlare e all’istante mostra ancora una volta quanto la guerra sia brutta, violenta, mortale.
💚 Grazie!
Se sei arrivat* fin qui sotto, vuol dire che Il colore verde ti piace davvero e ti è utile: grazie per supportare questa newsletter. Il colore verde è nato nel 2020 e lo curo io, Nicolas Lozito, friulano, 31 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa. La newsletter esce ogni sabato, feste incluse. Nel 2021 ha vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici e Radio 3 Scienza.
La comunità de Il colore verde ha anche un bosco di 100 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO₂: trovi la sua storia e i suoi dati qui.
Da quando mi occupo di ambiente, ho curato anche tre podcast: Climateers (2021, prodotto da Pillow talk), Cambiamenti (2022, Emons record), e Verde speranza (2022, Onepodcast/La Stampa).
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