La notizia più importante dell'anno (che non interessa a nessuno)
🌍 Il colore verde #181: Il 2023 sarà l'anno più caldo di sempre: +1,3°C rispetto a due secoli fa. Facciamo la Ten Year Challenge con il clima e scopriamo che nel 2013 dicevamo le stesse cose di oggi.
Ciao!
So che la forma di questa newsletter sta cambiando molto nell’ultimo periodo. È una fase esplorativa, non so quanto durerà e mi scuso se ti confondo un po’. Se hai feedback o idee, cose che ti piacciono o piacevano, cose che non ti tornano, scrivimi.
Anche oggi trovi una storia unica. Ci stiamo avvicinando alla fine dell’anno, tempo di bilanci: dobbiamo iniziare a depositare le cose importanti da ricordare.
Un abbraccio,
N
2023: L’anno più caldo di sempre – finora.
Giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre 2023: tutti questi mesi sono stati i più caldi mai registrati a livello globale. Record dopo record siamo arrivati quasi a fine anno, e Copernicus – il programma ambientale e meteorologico dell’agenzia spaziale europea – è in grado di dire che “con tutta probabilità il 2023 sarà l’anno più caldo mai registrato”. La temperatura media del Pianeta è di 15,3°C, +0,85°C rispetto la media degli ultimi trent’anni. C’entrano principalmente due fattori: uno ciclico, il ritorno di El Niño (fenomeno che ogni 5-7 anni scalda il Pianeta), e dall’altro l’ancora più decisivo effetto del cambiamento climatico.
L’annuncio di Copernicus è arrivato mercoledì, il giorno dopo l’organizzazione americana Climate Central ha alzato il carico. Gli ultimi 12 mesi – ottobre 2022, ottobre 2023 – sono stati i più caldi mai registrati, con un aumento di 1,3°C rispetto ai livelli preindustriali. Secondo il rapporto, una persona su quattro in tutto il mondo (quasi 2 miliardi di persone) ha dovuto affrontare ondate di calore estreme e pericolose causate dai cambiamenti climatici.
Il cambiamento climatico, lo ripeto sempre, è un moltiplicatore. Gli scienziati di Climate Central infatti parlano di Climate Shift Index, CSI, una scala da 1 a 5 per capire quanto il clima varia al crescere del surriscaldamento globale.
In Italia, l’intera popolazione è stata esposta al Climate Shift index di livello 3+ per oltre 30 giorni, e il 29% della popolazione (più di 17 milioni di persone) per oltre 100 giorni. Un CSI di livello 3 significa che il cambiamento climatico aumenta di tre volte le probabilità che si verifichino temperature alte ed anomale.
Milano e Roma hanno registrato rispettivamente 64 e 44 giorni con CSI pari a 5, che è il livello massimo. Ciò significa che le temperature in quei giorni sono state pesantemente influenzate dal cambiamento climatico. In particolare, a Milano si sono verificati 9 giorni di caldo estremo – più caldi del 99% dei giorni nella media trentennale. A Roma i giorni di caldo estremo salgono a 19.
Basta numeri. Questo è il nostro Pianeta oggi. Un pianeta con la febbre, a un passo dalla soglia critica di +1,5°C – che stiamo raggiungendo al ritmo di quasi 0,1°C all’anno. Uno slittamento che può sembrare lento, ma che è mostruosamente veloce per la nostra storia e per la storia del Pianeta.
È la notizia più importante dal punto di vista climatico dell’anno. Quella che conta di più. Eppure ci scorre via come fosse la pubblicità sulle merendine da saltare su Youtube. Un rapido fastidio. C’entrano tanti motivi: siamo stufi delle brutte notizie, siamo presi da altre bruttissime vicende, siamo assuefatti dai titoli strillati. È “l’anno più caldo di sempre” da anni e anche i media più attenti non sanno più come dare la notizia. Gli scienziati non hanno più nomi per definire la crisi, il collasso, l’emergenza, il caos, l’apocalisse… il suicidio climatico.
Ho già citato tante volte la metafora della rana bollita di Noam Chomsky, lo faccio ancora una volta. Se butti una rana nell’acqua bollente si accorge del calore e salta via; se l’acqua si scalda a poco a poco lei rimane bollita viva. Non si accorge del graduale aumento di temperatura. (Povera rana, tra l’altro). Noi abbiamo un cervello che funziona così: gli shock ci muovono, i graduali peggioramenti ci lasciano indifferenti. [Infatti, a proposito di merendine, ci scandalizziamo quando i grandi marchi ne eliminano una dal mercato, ma non ci accorgiamo di come i nostri snack preferiti siano sempre in confezioni più piccole a causa della shrinkflation.]
Chiudo con un’ultima riflessione. Su Instagram in questi giorni c’è un ri-fiorire di “Ten Year Challenge”. Se non frequenti il social ti spiego cos’è: è una “sfida” che ti chiede di condividere una tua foto 10 anni fa e una di oggi, per far vedere come sei cresciuto (o invecchiato!). C’è chi l’ha usata in modo creativo per mostrare come è cambiata una famiglia, un luogo, un lavoro, oppure un vip. E così via. Facciamo un esperimento, e replichiamo la challenge anche per il nostro Pianeta e il cambiamento climatico.
Nel 2013 non c’era Greta, non c’erano gli Accordi di Parigi. Il climate change era già però ben noto, Al Gore aveva vinto il Nobel per la Pace nel 2007 insieme all’Ipcc.
Il 2013 era per l’epoca “il quarto anno più caldo mai registrato, a pari merito con il 2003”, come si legge negli articoli che ancora si trovano online. L’Ipcc nel settembre 2013 pubblicava la prima parte del suo 5° rapporto. Conteneva queste conclusioni:
1. L’umanità è la causa dominante del cambiamento climatico (95% di consenso scientifico).
2. Il riscaldamento globale è “inequivocabile” e coinvolge terra, oceani e atmosfera.
3. Non ci sono state temperature così alte come adesso in nessun periodo degli ultimi 1400 anni.
4. Per evitare le conseguenze peggiori bisogna “agire ora” per una “riduzione sostanziale e cospicua delle emissioni di gas serra”.
Se tutto ciò fosse stato nascosto in una capsula del tempo o in un messaggio dentro una bottiglia alla deriva, potremmo dire “cavolo avevano previsto tutto”. Ma il problema è che queste informazioni sono pubbliche e disponibili da dieci anni. Da venti. Da trenta. Sembrano sempre uguali, come Keanu Reeves che non invecchia mai, anche se tutto è sempre più grigio (come Keanu Reeves, a vederlo bene).
Mettiamo un promemoria sul telefono per l’11 novembre 2033 e torniamo a rileggere tutto, sperando di poter tirare un sospiro di sollievo e dire “l’abbiamo scampata bella”.
🔗 TRE LETTURINE
🎿 L’articolo più bello della settimana, di Paolo Cognetti: “Tra petardi e molotov lotto contro lo scempio dello sci sul Cervino” (Repubblica)
🚲 Omar di Felice parte per attraversare l’Antartide in bici per un’impresa mai realizzata dall’uomo e anche per parlare di clima. “Bike to 1,5°C” (Corriere)
🤯 “Il climate change sta tenendo svegli gli psicoterapisti” (letturone sul NY Times Magazine)
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Ultima ora: ieri pomeriggio l’Ue ha trovato uno storico accordo sulla protezione degli ecosistemi (Euronews). Nel frattempo però un gruppo di scienziati ha aggiornato il conto delle specie a rischio estinzione per colpa dell’uomo: non più 1 milione come dice l’Onu, ma ben 2 milioni (Guardian).
📸 LA MIA FOTO PREFERITA
Un orso che fa un invidiabile bagnetto. Feroce e tenerello allo stesso tempo. La foto è di Luisa Pericoli, tra le vincitrici del Nature Conservancy Photo Contest 2023. Qui la gallery.
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Se sei qui, vuol dire che Il colore verde ti piace davvero e ti è utile: grazie per supportare questa newsletter. Il colore verde è nato nel 2020 e lo curo io, Nicolas Lozito, friulano, 32 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa. Nel 2021 la newsletter ha vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici e Radio 3 Scienza.
La comunità de Il colore verde ha un bosco di 250 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO₂: trovi la sua storia e i suoi dati qui. Se vuoi adottare un albero anche tu da ZeroCO₂, usa il codice ILCOLOREVERDE per uno sconto del 30%.
Insegno alla Scuola Holden di Torino e al Master di giornalismo della Luiss di Roma. Tengo anche dei corsi aperti, come “Progettare una newsletter” per Holden Pro. Il prossimo ciclo parte il 4 novembre. Con il codice ILCOLOREVERDE sconto del 10%.
Ho curato anche quattro podcast: Climateers (2021, Pillow talk), Cambiamenti (2022, Emons record), Verde speranza (Onepodcast/La Stampa) e Moltitudini (Laterza).
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