Il crollo demografico cambierà il mondo
🌍 Il colore verde #159: Lunedì è la giornata dell'ambiente, non sappiamo se il climate change c'entra con le alluvioni in Romagna, meno figli significa meno innovazione
Ciao e buon sabato! Spero tu ti stia godendo un po’ di giorni di riposo.
Ricaricati per bene, anche perché lunedì 5 è la giornata mondiale dell’ambiente – si celebra dal 1972 – e l’8 giugno è quella degli Oceani. Tra le tante iniziative segnalo “Earth For All”, il festival di Green&Blue che si svolge dal 5 all’8 tra Roma e Milano.
Due cose rapidissime prima di partire: il 5 giugno inizia il corso “Progettare una newsletter” che faccio per Holden Pro della Scuola Holden. Se stai pensando di inaugurare o di perfezionare la tua newsletter – i veri biglietti da visita del nuovo mondo – il corso fa per te. Si fa online, ci sono 5 incontri da due ore, ogni martedì alle 18. Rimane qualche posto disponibile. Se è ancora valido, il codice SALONE dà diritto al 20% di sconto, se non funziona più, usa ILCOLOREVERDE per il 10%.
La seconda premessa: sabato prossimo con buona probabilità non riuscirò a scrivere la newsletter. È un’eccezione eccezionalissima e mi scuso in anticipo: c’entra una tal squadra di calcio italiana in finale di Champions League.
Bene partiamo con il vecchio caro menù:
🌧️ Il rapporto di causa–effetto tra climate change e alluvioni in Emilia Romagna
👶 In che modo il crollo demografico cambierà il Pianeta
🌳 La deforestazione in Amazzonia per far spazio agli allevamenti di bestiame
🌧️ I primi studi sul rapporto tra climate change e alluvioni in Emilia Romagna
Il fango si è seccato e rimuoverlo ora è ancora più difficile. Le zone più colpite dall’alluvione di metà maggio in Emilia Romagna si sono trasformate in un «panorama di ferite», come l’ha definito il presidente Sergio Mattarella.
Mercoledì il World Weather Attribution, l’ente che studia i rapporti causa effetto tra climate change e singolo evento meteo estremo, ha pubblicato un rapporto che ha fatto molto discutere. Titolo “Il cambiamento climatico ha avuto un ruolo netto limitato nelle forti piogge primaverili in Emilia Romagna”.
Il loro è stato uno studio statistico, l’unico possibile in così poco tempo: hanno preso un intervallo di tre settimane di pioggia e così calcolato il dato accumulato di precipitazioni, visto che ha piovuto il 2, il 10 e il 16 maggio. L’evento è stato unico nel suo genere, di quelli che capitano ogni 200 anni (ovvero con una probabilità annua dello 0,5%). Sono caduti più di 300-350 millimetri di pioggia.
I ricercatori hanno osservato i dati storici e simulato i trend futuri sulla base di 19 modelli climatici. Conclusione: in nessuna simulazione il cambiamento climatico aumenta la possibilità che in futuro accadranno eventi simili, in quella zona d’Italia e in questa stagione primaverile. Questo perché in Emilia Romagna in primavera, secondo il report, si compensano due forze contrapposte: se da una parte il surriscaldamento globale aumenta la possibilità di piogge, dall’altra il cambio di circolazioni atmosferiche che interessa la zona rende meno frequente le perturbazioni.
Il report però pone l’accento su altri fattori che hanno aggravato la situazione: da una parte il consumo di suolo e l’elevata urbanizzazione e dall’altra la siccità pregressa. Proprio in questi giorni è uscito uno studio su Nature che mette in relazione l’alternanza estrema di siccità e forti piogge, parlando di effetto whiplash, effetto frustata, esacerbato proprio dal cambiamento climatico.
Il World Weather Attribution è un gruppo di lavoro internazionale formato da ricercatori provenienti dai più importanti centri di studio, specializzati appunto negli studi rapidi di attribuzione, una nuova branca delle scienze del clima. In passato il Wwa ha trovato una connessione tra climate change e siccità nel Corno d’Africa, o con le piogge monsoniche in Pakistan. Per questa occasione hanno coinvolto anche degli scienziati e delle scienziate italiani. Proprio il fronte italiano, una volta uscito il report, ha provato a contestualizzare i risultati, per paura che potesse essere male interpretato dal grande pubblico e usato per diffondere teorie negazioniste.
Nell’articolo de La Stampa che ho scritto mercoledì, ho riportato le puntualizzazioni e le voci degli scienziati coinvolti. Qui le riassumo:
La ricerca è preliminare e statistica. Si basa su dati non abbastanza definiti. Sono necessari altri studi a risoluzione più alta, quindi capaci di capire le mutazioni del meteo e del clima su aree più ristrette di territorio.
Lo studio non prende in considerazione i tre giorni di pioggia singolarmente, ma mette insieme un intervallo accumulato di 21 giorni. Quindi non spiega, né può farlo, come mai tre grandi cicloni abbiano colpito in rapida successione il territorio emiliano-romagnolo.
Uno studio di attribuzione ha due esiti: se si trova il nesso con il climate change, allora siamo sicuri che tale nesso esista davvero; se non lo trova significa o che non c’è o che banalmente non è stato ancora trovato.
→ Leggi anche: Non è maltempo, non è semplicemente crisi climatica: è l’imprevedibilità dell’Antropocene
Il colore verde #158
C’è stata molta tensione nei giorni dell’uscita del report: una volta scoperto che non ci sarebbe stata un legame diretto con il cambiamento climatico, il team e chi si occupa della comunicazioni dei risultati hanno dovuto improvvisare delle strategie di “difesa”. Tanto che la notizia è stata riportata in modo diverso a seconda di quale fonte si è scelto di privilegiare. Io penso questo, per quel che vale: ridimensionare il risultato di un report quando porta a un risultato opposto da quello sperato, come in questo caso, non fa altro che mettere in dubbio anche le precedenti ricerche.
Ti segnalo però tre articoli che raccontano altri aspetti della vicenda:
Ludovica Lugli de Il Post è andata più cauta con i titoli ed è scesa nel dettaglio di come lo studio sia stato eseguito: Non si può ancora dire se il cambiamento climatico abbia avuto un ruolo nelle alluvioni in Romagna e poi Le cautele sul primo studio sull’alluvione in Romagna e il cambiamento climatico.
Ferdinando Cotugno su Domani invece ha detto che con o senza cambiamento climatico il problema rimaniamo noi: In Emilia-Romagna l’alluvione forse non è colpa del clima, ma il disastro è colpa dell’uomo.
👶 Come il crollo demografico cambierà il mondo
A fine maggio 1968 usciva The population bomb di Paul R. Ehrlich, professore di Stanford. Un libro che creò scompiglio: prefigurava una crescita demografica esponenziale e una conseguente serie di carestie e conflitti perché il mondo non aveva gli strumenti per sfamare miliardi di persone. Il mito della bomba demografica è rimasto nell’immaginario comune fino ai giorni nostri, anche se i modelli di Ehrlich non si sono rivelati esatti. Ancora oggi crediamo che la popolazione umana si espanderà senza limiti e che il vero problema del mondo sia la sovrappopolazione.
Non è così. Ce l’hanno spiegato ormai molti ricercatori (segnalo il libro Pianeta vuoto di Darrell Bricker e John Ibbitson di Add editore) e questa settimana lo racconta l’Economist.
Il crollo demografico non coinvolge più solo i soliti Paesi celebri: Italia, Giappone, Corea del Sud. Ma ormai abbraccia tutti i Paesi ricchi e anche buona parte degli altri.
Nel 2000 il tasso di fecondità globale era di 2,7 figli ogni donna, ben al di sopra del livello di sostituzione, ovvero 2,1 (se ogni famiglia fa almeno due figli “rimpiazza” i figli con i genitori e la popolazione rimane stabile. Lo 0,1 aggiuntivo serve a compensare le morti premature). Oggi è sceso a 2,3 e sta rapidamente calando. I 15 Paesi con più alto Pil viaggiano tutti sotto il tasso di sostituzione, inclusi Cina e India. Per il 2030 saranno 136 i Paesi al mondo con un tasso di fertilità sotto la soglia di 2,1 (oggi sono 124). Praticamente solo l’Africa continua a fare tanti figli.
→ Leggi anche: I figli che non vogliamo.
Il colore verde #92
Noi italiani facevamo 1 milione di bambini all’anno negli anni Sessanta (il picco nel 1964), oggi appena 393 mila. A livello globale dovremmo raggiungere il picco intorno alla seconda metà del secolo, 10 miliardi di persone, e poi inizierà il declino demografico su scala globale. Facciamo meno figli perché è cambiata la cultura, perché livelli più alti di benessere portano a meno figli in famiglia, perché l’empowerment femminile ha dato modo e strumenti alle donne di pianificare diversamente la loro vita.
Ad alcuni ambientalisti piace molto l’idea di un mondo meno popolato, ma avevo già raccontato come si tratti di un falso mito. Il vero grande problema oggi non è l’alto numero di persone, ma l’estremo livello di diseguaglianze: uno non vale uno (il 10% più ricco del globo, per esempio, emette il 49% di gas serra).
Ma un crollo demografico così rapido comporta diversi problemi. Il magazine inglese li affronta dal punto di vista economico, ma alcune cose interessano anche noi. «I Paesi ricchi oggi hanno circa tre persone tra i 20 e i 64 anni ogni over 65. Per il 2050 il rapporto scenderà sotto due a uno. «Questo significa età pensionabili più alte e tasse più alte». Ci sono Paesi, come la Corea che ha un tasso di fertilità appena dello 0,8, che sono a un passo da «non riuscire a mantenere le funzioni sociali di base», avendo sempre più anziani da supportare e meno forza lavoro con cui generare tasse. Ma «non si tratta solo di un problema fiscale: l’ingrigimento dell’economia significa anche minore innovazione».
Ed è questo un punto chiave. Meno giovani e sempre più anziani significa anche meno meno “intelligenza fluida” tipica della gioventù. Il dinamismo dei giovani è complementare alle conoscenze accumulate delle vecchie generazioni: statisticamente sono i giovani che depositano più brevetti, per esempio, e sono giovanissimi gli inventori di tecnologie o strumenti breakthrough, ovvero di svolta.
A oggi, spiega l’Economist, le politiche per incentivare la natalità sviluppate in giro per il mondo non hanno avuto quasi mai successo, perché una volta che la curva inizia a scendere è già troppo tardi. Anche chi si affida alle migrazioni provenienti da Paesi giovani, però, non è esente dal problema. Perché le migrazioni portano forza lavoro, certo, ma spesso non si tratta di forza lavoro qualificata – quindi il problema dell’innovazione rimane.
Il giornale individua alcune soluzioni: da una parte l’intelligenza artificiale, che se messa alla base di alcuni sistemi produttivi sosterrà l’economia e i sistemi pensionistici. Dall’altra la riduzione delle diseguaglianze, così che i nuovi nati dai Paesi più giovani possano accedere a sistemi educativi più qualificati. Ma anche qui il cane si morde la coda: perché quando un popolo diventa più ricco inizia a fare meno figli.
Il boom demografico non esiste più: l’implosione demografica, invece, è qui dietro.
🌳 Quanti alberi sono stati abbattuti in Brasile per far spazio agli allevamenti?
Oggi sono andato lungo con le parole, sorry. Vado rapido.
Tra 2017 e 2022 nella foresta amazzonica brasiliana sono stati abbattuti circa 800 milioni di alberi per fare spazio agli allevamenti di bestiame, in particolare dei bovini destinati all’industria della carne. La deforestazione ha coinvolto 1,7 milioni di ettari.
I dati provengono da un’inchiesta del Bureau of Investigative Journalism, del Guardian e di alcune associazioni brasiliane. 800 milioni di alberi sono tanti. Per farti un paragone, in Piemonte ci sono circa un miliardo di alberi, in Lazio 850 milioni.
La carne prodotta in Brasile non rifornisce solo i brasiliani, ma è destinata in gran parte all’export. Il 23% di tutta la carne esportata nel mondo, proviene da lì. E l’Italia, con oltre 1 milione di tonnellate, è il primo importatore europeo di carne bovina dal Brasile.
Le inchieste del Guardian sulla deforestazione in Brasile vanno avanti da anni: 12 mesi fa è stato assassinato un loro reporter, Dom Phillips, insieme a Bruno Pereira, un esperto di popolazioni indigene. In questi giorni il giornale ha pubblicato uno speciale multimediale sulle loro ricerche e sulla loro morte, perché «oggi sono altri a rischiare la stessa fine».
📰 Notizie, letture, sguardi
Il mondo riunito a Parigi per un trattato sulla gestione della plastica (Lifegate)
Salvare la natura salverà noi stessi, perché i parlamentari europei non lo capiscono? (Sandrine Dixson-Declève, Janez Potočnik e Paul Polman sul Guardian)
La Cop30 del 2025 si terrà in Brasile, una piccola vittoria per Lula (e forse anche per noi) (Cnn)
Dal letto asciutto dei fiumi ‘effimeri’ al cuore del deserto del Kalahari, i namibiani contano i millimetri di pioggia (Reportage di Edoardo Vigna per Pianeta 2030)
«Vi preoccupa l’intelligenza artificiale? In realtà sarà un’alleata per salvare il Pianeta». Parola di Luciano Floridi, professore ordinario di Filosofia ed etica dell’informazione a Oxford. (Corriere)
“Around the blue”, il viaggio di Giovanni Soldini per proteggere il mare (Green&Blue)
Nei Paesi Bassi circa 1500 attivisti di Extinction Rebellion sono stati arrestati dalla polizia (e poi rilasciati, ma 30 saranno portati a processo) (Bbc)
Cos’è il movimento Just Stop Oil, da chi è composto, cosa vuole (Bbc)
Negli Stati Uniti sempre meno compagnie assicurative coprono i danni legati al cambiamento climatico, perché è giudicato troppo rischioso (NY Times)
Il 26 maggio abbiamo battuto un record: hanno volato contemporaneamente 22 mila aerei, non era mai successo. E menomale che durante la pandemia ci eravamo ripromessi di diventare migliori. Invece il 25 maggio si è toccato il record di voli totali in un giorno: 253 mila. Dati di Flightradar24, questa è la mappa dei 22 mila voli.
“How to start birding”, la guida perfetta per chi vuole fare bird watching e non l’ha mai provato (NY Times)
Ahh meraviglioso: Cronaca del primo viaggio in bicicletta, da Firenze a Roma, nel 1884. Un estratto del libro “I vagamondi” di Claudio Gregori, pubblicato per 66thand2nd (Linkiesta)
📸 La mia foto preferita
Ci vuole un attimo a capire questo scatto: due salamandre sono intrappolate dentro una pianta carnivora, la Sarracenia purpurea, nel parco naturale del Algonquin, Ontario, Canada. La foto è stata scattata da Samantha Stephens, tra le vincitrici del premio Close Up Photographer of the Year. Il titolo dell’immagine: Nature’s pitfall, la trappola della natura.
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La comunità de Il colore verde ha un bosco di 250 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO₂: trovi la sua storia e i suoi dati qui. Se vuoi adottare un albero anche tu da ZeroCO₂, usa il codice ILCOLOREVERDE per uno sconto del 30%.
Tengo il corso “Progettare una newsletter” per la Scuola Holden. Il prossimo ciclo di lezioni inizia il 6 giugno: 5 incontri serali, una a settimana, online. Con il codice HOLDENPRO hai lo sconto del 10%. Segnalo anche il corso “Cronache dal Pianeta Terra”, che farò quest’estate per Scuola Holden e Fronte del Borgo. È pensato per docenti (dal 28 giugno, 8 lezioni).
Ho curato anche tre podcast: Climateers (2021, Pillow talk), Cambiamenti (2022, Emons record), e Verde speranza (Onepodcast/La Stampa).
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