Facciamo rumore
🌍 Il colore verde #65: L'inquinamento acustico è la colonna sonora della contemporaneità, riusciremo mai a ritrovare il silenzio della natura? Extra: il piano "Fit for 55" dell'Ue
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Abbiamo fatto rumore, e che rumore! Abbiamo gridato, esultato, cantato per l’Italia campione d’Europa.
Non so se ci hai pensato anche tu, ma hai visto come tutto è cambiato in pochi mesi? Ti ricordi quando, un anno e mezzo fa, ascoltavamo la canzone “Fai rumore” di Diodato e tutto attorno c’era il totale silenzio? (Io ancora mi commuovo riguardando il video dove lui canta all’Arena di Verona, vuota e spettrale).
Poche cose sono belle come il rumore delle emozioni.
Per contro, poche cose sono terribili come il rumore delle nostre città e delle nostre attività. Viene definito inquinamento acustico e il termine racchiude tutti gli effetti sonori che il nostro mondo provoca. Può trattarsi dello sferragliare del tram (romantico solo nei romanzi), il vociare dei clienti di un bar sotto casa, il ronzio dei droni, le moto che sgasano per strada. Ne siamo circondati. Un nemico invisibile che colpisce a 360°.
Gli effetti sulla salute
Non è solo un fastidioso mal comune. A volte provoca danni, anche gravi: si parte dai disturbi del sonno e si può arrivare all’alta pressione sanguigna, attacchi di cuore, diabete, depressione, demenza. Lo sostiene l’Organizzazione mondiale della sanità, spiegando che nel mondo ci potrebbero essere circa 1 milione di morti legati all’inquinamento acustico.
Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, invece, nel nostro continente arriviamo a 48.000 casi di patologie cardiache e 12.000 morti premature ogni anno legate al fenomeno: i danni nascono quando l’inquinamento acustico di un luogo supera in maniera continuativa la soglia dei 60 decibel (ovvero il livello di una normale conversazione). 113 milioni di cittadini europei vivono in luoghi che, secondo le raccomandazioni dell’ente europeo, sono troppo “inquinati” dai rumori.
Ma gli effetti colpiscono anche gli animali, e mettono almeno 100 specie a rischio di estinzione. I suoni antropogenici (ovvero prodotti dall’umanità) causano problemi di comunicazione, ma anche di orientamento, confondendo quelle specie che si muovono grazie all’eco-localizzazione. Per esempio balene e delfini finiscono sempre più spesso spiaggiati proprio perché disorientati dai rumori sottomarini delle navi, delle perforazioni e delle costruzioni.
I riferimenti culturali
La questione si fa ancora più articolata quando la si prende dal punto di vista culturale e psicologico. Esistono ancora momenti in cui possiamo goderci del silenzio? Che suono fa il vento tra i salici? Un fiume che scorre suona diverso da un rubinetto aperto, questo è certo, ma quand’è che l’abbiamo ascoltato l’ultima volta? Io ormai l’unico suono naturale che conosco è lo stridente verso dei gabbiani di Roma, un’allucinante variazione genetica che li fa assomigliare più a dei gatti-volanti-pterodattili-diabolici.
La contemporaneità ci ha portato a non riconoscere più certi suoni, esattamente come non riconosciamo più i diversi tipi di piante e alberi attorno a noi (la cosiddetta plant blindness). Siamo sordi e ciechi di fronte alla natura.
Un lungo articolo uscito da poco sulla BBC racconta il lavoro di un “ecologista acustico” americano, il 68enne Gordon Hempton, che ha passato la vita girando il mondo per campionare i suoni naturali che stanno scomparendo. «Il mondo è un jukebox alimentato dall’energia del sole, ma stiamo perdendo i suoi suoni più naturali: tra questi c’è anche il silenzio».
I “luoghi silenziosi” del mondo
Nel 2018 Hempton ha fondato una onlus, Quiet Parks International, con l’intento di mappare i luoghi del mondo dove non arrivano suoni generati dall’uomo. Una missione quasi impossibile, visto che anche vicino i luoghi disabitati è probabile che passi qualche aereo o arrivi il suono lontano delle fabbriche. Una statistica fa impressione: nel 1900 si poteva trovare “silenzio naturale” nel 75% del territorio americano, nel 2010 la percentuale è scesa al 2%.
La onlus, una sorta di Unesco del silenzio, ha individuato con un algoritmo 250 punti che potrebbero meritare l’etichetta di “Quiet place”, luoghi silenziosi che a poco a poco verranno certificati ufficialmente, come è già successo a un parco americano e presto anche vicino a Villach (Austria), a Caen (Francia) e in alcune riserve naturali di Stoccolma. Nella mappa dei luoghi che rispondono ai criteri di Hempton ci sono tre puntini anche in Italia. Solo tre: il parco delle Dolomiti bellunesi, la Val d’Orcia e le Isole Eolie.
Se da una parte il lavoro di Hempton dà fiducia, perché è meraviglioso sapere che c’è qualcuno che si batte per il nostro silenzio, dall’altra rende lampante una considerazione: il silenzio sta sparendo dalla nostra storia. Per dirla come Hempton: « il silenzio è in via d’estinzione».
🇪🇺 Extra: il nuovo piano dell’Unione europea per il clima
Mercoledì Ursula von Der Leyen, presidentessa della Commissione europea, ha presentato il piano pensato dall’Ue per mitigare gli effetti del climate change. Se vuoi un riassunto, eccolo, ma non mi offendo se lo salti.
Il piano si chiama “Fit for 55” (Pronti per il 55) e sulla carta è tra i più ambiziosi al mondo, anche se gli stessi membri della commissione sanno che sarà difficile da (1) far approvare a Bruxelles; (2) metterlo in pratica nei paesi Membri.
Puntiamo a ridurre le emissioni di gas serra europee del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990 - al momento siamo a una riduzione di circa 20%), e raggiungere emissioni nette zero entro il 2050.
Per farlo ci saranno tasse e disincentivi più forti per i paesi e le industrie, i trasporti e le compagnie energetiche che continueranno a emettere CO2. «La CO2 deve avere un prezzo - ha detto Von Der Leyen - che incentivi tutti a scegliere alternative più sostenibili»;
Tecnicismi: significa che sarà allargato e rafforzato il mercato delle quote in eccesso di emissioni, il cosidetto ETS, che fa sì che chi supera un tetto di emissioni possa comprare delle quote per rientrare nel limite da chi inquina di meno. Ora si applica a certi impianti energetici e l’idea è estenderlo a molti altri settori: dai trasporti ai provider energetici per le case.
Dal 2035 non sarà più possibile acquistare auto a diesel o benzina, e sarà necessario rivedere la rete dei punti di ricarica dei mezzi elettrici o a idrogeno;
Ci saranno nuovi incentivi e finanziamenti per la transizione energetica dei singoli cittadini - dall’auto elettrica ai lavori domestici per migliorare l’efficienza energetica - attraverso un “Climate Social Fund”. E ci saranno obiettivi più ambiziosi per le quote di fonti rinnovabili nei mix energetici dei singoli Paesi.
Nuove tasse per l’import di prodotti e materie poco green (cemento, acciaio, etc) se provengono da Paesi che non hanno piani di riduzione delle emissioni. E tasse maggiori per carburanti degli aerei e delle navi.
E infine: vorrebbero piantare qualcosa come 3 miliardi di alberi entro il 2030.
Ripeto, questo è il piano: da qui a che diventi realtà la strada è ancora lunga. Se sei impallinatə dell’argomento, e leggi l’inglese, trovi molti approfondimenti su Politico.eu, che è la testata che meglio ha raccontato la questione.
📰 I link
Oggi la newsletter non finisce più, perché ci sono molte notizie e storie da segnalare.
In Germania più di 130 persone sono morte per le intense alluvioni degli scorsi giorni. Putroppo è quello che ci aspetta con sempre più frequenza nei prossimi anni. Dovremmo smettere di chiamarli “eventi eccezionali”, scrive Fabio Deotto.
Uno studio angosciante: sembra che l’Amazzonia non sia più quel grande polmone del mondo: a forza di deforestarla ora produce più CO2 di quanta riesce ad assorbirne. Sul Guardian o su Rinnovabili.it
L’intervista a Eleonora Evi, portavoce del neonato progetto politico Europa Verde. Titoli: sono in opposizione al governo, Cingolani non li convince, vogliono un ricambio generazionale nei movimenti verdi. Di Emanuele Bompan e Valeria Pagani su Materia Rinnovabile.
Il team di Duegradi ha studiato il Pnnr del governo e ne è rimasto “perplesso”. Ecco l’analisi firmata da Federico Mascolo e Pietro Cesaro.
“Amazon è il simbolo dello spreco capitalista”: il racconto di come molti prodotti invenduti vengano distrutti.
Da leggere: La comunità che si produce l’energia da sola a Napoli. Martina Forti su Internazionale, con le foto del bravissimo Michele Amoruso.
Da ascoltare: The Source, un podcast di climate fiction (ovvero la fantascienza con scenari da apocalisse climatica) racconta l’Italia del 2035, dove la temperatura media è di 42°C. Un progetto a puntate piacevole e pazzerello voluto dal Gruppo CAP, cioè il gestore del servizio idrico dei comuni della città metropolitana di Milano. Qui il sito, ma lo trovate sulle varie piattaforme cercando “The Source”.
Addio plastica monouso, benvenuto bambù: ho scritto di usa-e-getta sostenibile su MoltoFuturo, e ne ho parlato nel podcast del Messaggero.
10 libri da leggere sotto l’ombrellone per capire l’emergenza climatica. Consigliati da… me 😁.
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