"Eco-ansia significa non sapere se vivrò fino al 2050"
🌍 Il colore verde #167: Intervista a Giorgia Vasaperna, che ieri ha pianto davanti al ministro dell'Ambiente
Ciao! Tante nuove persone sono arrivate negli ultimi giorni, soprattutto grazie a MiTo, programma mattutino di Radio 1 a cui ho partecipato ieri. Spero la newsletter vi possa piacere e anzi se ti va condividila con gli amici.
Partiamo veloci che oggi c’è una storia particolarmente attuale.
❤️🔥Giorgia, il ministro e le nostre reazioni davanti all’emergenza
Ieri un video ha invaso internet. Al Giffoni Film Festival, durante un incontro con il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, una ragazza ha preso la parola e ha espresso tutta la sua disperazione per l’emergenza climatica.
«Ministro io soffro di eco-ansia. In questi giorni la mia terra brucia. Sta bruciando tutto».
Poi le lacrime.
Lei è Giorgia Vasaperna, 27 anni di origini siciliane. “Non so se voglio avere un figlio. Lei non ha paura?”. Fratin risponde prima con un “Io ho la forza del dubbio”, poi applaude, poi si commuove. «Abbiamo il dovere, ho il dovere da ministro, di impegnarmi per salvare il vostro futuro e quello dei miei nipoti», dice il politico.
Ieri sera, dopo qualche ora dalla pubblicazione del video, ho intervistato Giorgia. Era al Giffoni per il programma Impact, una serie di incontri tra giovani e politici, imprenditori e artisti. Lei vive a Roma, studia recitazione e ama scrivere. La versione integrale è sul sito de La Stampa, per gli abbonati. Qui le risposte che mi hanno colpito di più.
Vasaperna, le parole e le lacrime del ministro ti hanno rassicurata?
«Ho cercato di parlare con il cuore, con umiltà. Sono una ragazza abbastanza riservata, ma ho sentito il bisogno di esprimermi. La verità è che la reazione di Fratin non ha cambiato ciò che provo. Finché non vedo dei cambiamenti veri, non posso dirmi né più positiva né più negativa di prima».
Cos’è per te l’eco-ansia?
«Non sono una scienziata, posso raccontare della mia esperienza. Sono anni che sto così, leggo delle notizie e scoppio a piangere. Le notizie sul clima mi disperano, e anche quando sento parlare di obiettivi per il 2030 e il 2050, come quelli che citava il ministro, io calcolo quanti anni avrò per quella volta. Nel 2050 avrò 57 anni, ma mi chiedo: “Io ci arriverò?”. Ecco, per me l’eco-ansia è il terrore di non poter vivere così a lungo»
Come hai conosciuto il termine “eco-ansia”?
«Sui social. Ho capito che non ero l’unica che lo provava. Che c’è qualcun altro al supermercato che fissa il cibo e si chiede se quel prodotto faccia bene o male al pianeta. Io quando vedo una bella camicia che è fatta in modo sostenibile non so che fare, perché vorrei comprarla ma costa troppo; ma quella più economica è devastatane per l’ambiente. E quindi ogni giorno mi chiedo quale sia l'azione più giusta».
Hai detto di non essere sicura di voler fare un figlio, alla luce dell’emergenza climatica. Perché?
«Perché non so cosa sto lasciando, anzi non so nemmeno cosa sto vivendo, è una decisione che al momento non posso che rimandare. Vorrei vedere più impegno per l’ambiente e sicuramente non voglio essere responsabile del casino che verrà».
Un dubbio condiviso da molti giovani, ma forse gli adulti non lo capiscono.
«Ho visto dei commenti sui social network sotto il mio video, mi hanno fatto raggelare il sangue. Io non ho detto che non voglio figli, ma sono stata attaccata come se avessi detto un'eresia. Sono stata attaccata come donna, e se avesse detto la stessa cosa un uomo sarebbe stato ben diverso».
I suoi coetanei soffrono come te? Fanno abbastanza?
«Dipende. Devo dare una risposta vaga, perché nella mia cerchia siamo tutti molto attenti e preoccupati, ma se devo allargare lo sguardo so che c’è meno coinvolgimento. A molti sembra che l’emergenza climatica non abbia un impatto diretto, ma solo perché siamo in una situazione di privilegio. C’è chi nel mondo deve scappare di casa, non ha acqua, vive in zone inquinate. Noi stiamo iniziando a vivere queste situazioni solo ora. Inizieremo a occuparcene, purtroppo, solo quando toccherà anche a noi».
In tutto questo c’è qualche cosa che ti dà speranza?
«A me danno speranza quei giovani che si occupano concretamente della questione. Mi danno speranza le associazioni e quelle aziende che hanno capito che devono operare per il bene del Pianeta. C’è chi fa vestiti con la plastica riciclata, chi vende prodotti a basso impatto. In questi giorni ho portato da casa le posate, lo shampoo solido. Ci sono tanti esempi di buone azioni, anche se spesso non li conosciamo abbastanza».
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Il video e la chiacchierata con Giorgia hanno scatenato in me mille reazioni. Solidarietà, consapevolezza, preoccupazione. Credo che in Italia il concetto di “eco-ansia” non sia mai stato così conosciuto come nelle ultime 24 ore. E’ sicuramente arrivato il momento per discutere di emozioni climatiche, e affrontarle per ciò che rappresentano, una minaccia al nostro equilibrio psicologico.
Qualche settimana fa avevo linkato un articolo di Jia Tolentino per il New Yorker che affrontava proprio questo tema. E milioni di secoli fa una puntata de Il colore verde titolava proprio “L’ansia climatica della generazione Z”, con molti numeri interessanti.
Negli Stati Uniti l’eco-ansia e le sue declinazioni è trattato in maniera sempre più strutturata. Ci sono associazioni di psicologi e psicoterapeuti specializzate proprio nella preoccupazione ambientale, come la Climate Psychiatry Alliance. Raggruppa più di 300 professionisti che riconoscono il climate change come causa di stress e preoccupazione e hanno sviluppato dei metodi per discuterne. A differenza di altri traumi o problemi che il cervello deve affrontare ogni giorno, la questione non può essere risolta con un “tieni duro, mantieni la calma e vai avanti”, spiega a Tolentino Leslie Davemport, pioniera della climate therapy.
Scrive la giornalista americana:
«Quando si tratta di cambiamento climatico, il desiderio del cervello di risolvere ansia e angoscia spesso porta alla negazione o al fatalismo: alcune persone si convincono che il cambiamento climatico non sia un grosso problema o che qualcun altro se ne occuperà; altri concludono che tutto è perduto e non c’è niente da fare».
C’è anche chi non crede molto alla faccenda dell’eco-ansia. Per alcuni è solo il camuffamento di preoccupazioni personali più profonde. Per altri è un’inquietudine figlia di un privilegio, perché a soffrirne siamo noi del mondo ricco. Chi è già colpito da eventi climatici estremi non si può permettere di avere ansia, deve solo fare di tutto per sopravvivere.
A prescindere però dal significato dell’eco-ansia e del suo status, non è possibile delegittimare chi la prova. Se esiste, esiste. Il grande problema è la conseguenza: la sfida globale per il cambiamento climatico non può basarsi solo sulla paura. In altre parole, la diffusione sempre più capillare di eco-ansia tra la popolazione - giovanile soprattutto - non è necessariamente un combustibile per il cambiamento. Affinché il cambiamento davvero avvenga sono necessari anche degli ingredienti positivi: lo capiamo noi stessi, ma lo dicono anche gli psicologi. Ciò che scatena rimpianto, senso di colpa o paura tende a rallentarci. Ciò che ispira speranza e azione positiva tende a essere più efficace.
Ecco perché credo che sia da lavorare in entrambe le direzioni: ascoltare chi soffre di eco-ansia, accettare le loro legittime preoccupazioni; ma allo stesso tempo cercare sempre una via per muoversi in avanti. Il Covid in questo ci ha mostrato la dinamica: ci spaventavano i morti, le brutte notizie; ma poi riuscivamo a ritrovare il sorriso quando qualcuno cantava dalla finestra, o quando abbiamo iniziato a vaccinarci, o quando ancora provavamo a pensare al futuro e immaginavamo le mille cose che avremmo fatto una volta passato il peggio.
HO SCRITTO TROPPO LO SO, SCUSAMI. → Ancora una cosetta: la prossima settimana ricomincia Verde speranza, il mio podcast nato proprio per superare l’eco-ansia. Ogni giorno, per tutto agosto, in pochi minuti una pillola per ritrovare fiducia nelle sorti del Pianeta e di questa pazza umanità. Il trailer audio è qui su Spotify (o su qualsiasi piattaforma), il trailer video è sul mio Instagram.
📰 Notizie, letture, sguardi
Siamo nell’era dell’ebollizione globale. Luglio è il mese più caldo mai registrato, forse il più caldo da migliaia di anni. (La Stampa)
100 scienziati e scienziate italiane scrivono ai media italiani: Giornalisti, parlate delle cause della crisi climatica (Climate media center)
Un appello dei ricercatori di Bologna, che chiedono più azione dei politici (Officina Ricerca Ambiente)
Senza aeroporto, senza energia, senza acqua. La situazione di Catania (Il Post)
I cattivi effetti dei negazionisti sulla politica (Domani)
Quattro “capsule del tempo” saranno spedite sulla Luna (Il Post)
Fernando Gatta, il sindaco che chiude le strade per far mangiare gli orsi (Green&Blue)
Opere d’arte fatte con le foglie e con i fiori, meraviglioso profilo Instagram di un artista giapponese:
📸 La mia foto preferita
Vorremmo tutti avere la grazia di questo colibrì golarubino mentre si avvicina un albero di mimosa in Massachusetts, USA.
💚 Grazie!
Se sei qui, vuol dire che Il colore verde ti piace davvero e ti è utile: grazie per supportare questa newsletter. Il colore verde è nato nel 2020 e lo curo io, Nicolas Lozito, friulano, 32 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa. Nel 2021 la newsletter ha vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici e Radio 3 Scienza.
La comunità de Il colore verde ha un bosco di 250 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO₂: trovi la sua storia e i suoi dati qui. Se vuoi adottare un albero anche tu da ZeroCO₂, usa il codice ILCOLOREVERDE per uno sconto del 30%.
Insegno alla Scuola Holden di Torino e al Master di giornalismo della Luiss di Roma. Tengo anche dei corsi aperti, come “Progettare una newsletter” per Holden Pro. Il prossimo ciclo partirà dopo l’estate, ti avviso quando si aprono le iscrizioni.
Ho curato anche tre podcast: Climateers (2021, Pillow talk), Cambiamenti (2022, Emons record), e Verde speranza (Onepodcast/La Stampa).
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