Dire no al petrolio è possibile
🌍 Il colore verde #171 Gli ecuadoriani hanno votato per fermare le trivellazioni nel parco naturale Yasuní. Una decisione storica dalla portata globale
Ciao! Ultima puntata estiva, dalla prossima settimana tornano le rassegne con gli approfondimenti. Oggi un focus sull’Ecuador e poi liberi tutti.
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Il coraggio dell’Ecuador che vota contro l’estrazione del petrolio
I cittadini dell’Ecuador hanno scelto: basta con le trivellazioni di petrolio in Amazzonia. Domenica scorsa è passato con il 59% dei consensi un referendum che chiedeva lo stop allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi nel parco nazionale Yasuní, nel cuore della foresta amazzonica.
Una decisione – la prima al mondo di questo genere – presa con coraggio in favore della terra e contro gli stessi interessi di breve periodo dello Stato: l’interruzione delle trivellazioni costerà quasi 1,2 miliardi di euro di introiti nelle casse di Stato e aziende. Ma nel lungo periodo non c’è scelta migliore: proteggere la foresta significa proteggere le future generazioni e anche la biodiversità.
Le estrazioni nell’area erano cominciate nel 2016, quando diverse compagnie avevano iniziato a sfruttare i giacimenti del blocco 43 dell’area Ishpingo-Tambococha-Tiputini (ITT). Riserve totali per oltre 7 miliardi di dollari.
Tutto lo Yasuní ospita 1.300 specie di alberi, 610 di uccelli, 139 di anfibi, 121 di rettili e 268 di pesci, è riserva mondiale della biosfera Unesco dal 1989 e patria di diverse comunità indigene.
Jonathan Watts del Guardian ha commentato così il risultato:
«Gioia e speranza sono raramente associate al movimento ambientalista, ma entrambe sono state abbondanti quando domenica scorsa il popolo dell’Ecuador ha votato per mantenere sottoterra il petrolio del parco nazionale Yasuní. La domanda ora è se si tratta di un trionfo eccezionale o di qualcosa che può essere replicato in altri Paesi».
Il primo passo è fatto, ma la storia è ancora tutta da scrivere. A partire dall’Ecuador. Se il governo rispetterà il voto, lo Stato non potrà costruire nuovi pozzi e avrà 18 mesi per terminare le operazioni, e nel frattempo procedere con più velocità verso l'adozione di sistemi di energia rinnovabile.
Se il governo rispetterà il voto è un gran “se”. In concomitanza con il referendum si è votato anche per la nuova presidenza. L’Ecuador sta vivendo anni piuttosto faticosi, sale la criminalità, il narcotraffico, la sfiducia nella politica e tutto ciò che ne deriva sugli equilibri socio-economici. E proprio pochi giorni prima delle elezioni uno dei candidati era stato ucciso a colpi di pistola dopo un comizio.
Valeria Barbi, politologa e naturalista che si trova in Ecuador in questo periodo, ha scritto per Lifegate un pezzo sulla questione che consiglio di leggere da cima a fondo.
«Strade semideserte, un divieto di consumo di alcolici per tre giorni, e un dispiegamento di circa 100mila uomini delle forze di polizia chiamati a garantire la sicurezza dei cittadini dopo l’escalation di violenza che, il 9 agosto, è culminata nell’omicidio del candidato alla presidenza Fernando Villavicencio. È questo il clima con cui il 20 agosto il popolo ecuadoriano si è recato alle urne».
Il voto per le presidenziali non ha espresso una maggioranza assoluta, quindi è tutto rimandato al ballottaggio del 15 ottobre.
Il referendum invece ha visto 5,7 milioni di ecuadoriani votare per “Sì” allo stop alle trivelle; contro 3,7 milioni “No”. Il referendum arriva dopo anni di campagna partita dal basso, spinta da attivisti ambientali e popolazioni indigene che avevano raccolto ben 750.000 firme per chiedere la consultazione popolare. Le forze di governo avevano provato a opporsi in tutti i modi. E l’opposizione resiste anche dopo il voto: il Ministro dell’Energia in carica ha detto che le estrazioni continueranno, appellandosi ai risultati locali del referendum: nelle province vicine ai giacimenti il “No” allo stop ha prevalso. Il ballottaggio di ottobre diventa ancora più decisivo.
Commenta Barbi:
«All’indomani della prima tornata elettorale, l’Ecuador si presenta dunque come un paese profondamente diviso, scosso e pieno di sfiducia ma abitato da un popolo altrettanto fiero e desideroso di rialzarsi. Stretto nella morsa del narcotraffico dilagante, da un lato, e degli interessi delle grandi compagnie petrolifere dall’altro, il piccolo paese sudamericano ha davanti a sé la possibilità di cambiare quello che, per molti, potrebbe sembrare un futuro già scritto».
L’Ecuador è un Paese piccolo e i suoi giacimenti non sono paragonabili a quelli di molti altri Paesi che ospitano la foresta amazzonica. Ma il successo di questo referendum già ora ha avuto una considerabile eco globale, che potrà crescere ancora e trovare risonanza nelle decisioni dei presidenti sudamericani. Da Lula e il suo Brasile, che nel anni ospiterà la Cop30; a Gustavo Petro che ha promesso di rendere la Colombia un Paese “oil free” e che a inizio anno ha bloccato ogni nuova concessione.
Dire no al petrolio si può. Non solo perché è fondamentale per ridurre le emissioni di gas serra che causano il surriscaldamento globale. Gli effetti sulla natura sono molto più estesi, a partire dalla difesa della biodiversità. Mi ha colpito una frase che scrive Watts nel suo articolo sul Guardian:
«Nella prima ora dentro la foresta amazzonica di Yasuní, molte persone vedranno più creature di quante ne abbiano viste in tutta la loro vita, comprese alcune che devono ancora essere documentate dalla scienza. Remare lungo il torrente Ayango che conduce dal trafficato fiume Napo alla regione con la maggiore biodiversità della Terra significa incontrare un muro di suoni naturali, frequenti esplosioni di colore e combinazioni di vita inimmaginabili».
📰 Notizie, letture, sguardi
Prepariamoci perché dopo il grande caldo di queste settimane sta arrivando un cambio rapido di temperature (i fantasiosi meteorologi l’hanno chiamata “Tempesta Betty”). Ormai sappiamo cosa significa: rischio di grandine, tempeste e nubifragi. Un vero e proprio whiplash effect, “effetto colpo di frusta”, con alternanze meteo-climatiche estreme. L’avevo raccontato un mese fa in questo video per La Stampa.
La California ha appena subito il passaggio della prima tempesta tropicale della sua storia (Wired)
Vulcani e incendi hanno compensato il 20% delle emissioni antropiche di anidride carbonica negli ultimi 8 anni. Spesso si pensa il contrario, che le emissioni di crateri attivi e fiamme aumentino l’effetto serra. Ma c’è un altro effetto contrario: polveri e detriti coprono il cielo, fermando i raggi solari; e alcuni composti rilasciati in atmosfera assorbono più facilmente il calore (Guardian)
A Giacarta i dipendenti pubblici lavoreranno da remoto due mesi per ridurre lo smog (Il Post)
Due storie di resistenza dalle Hawaii dopo l’enorme incendio che ha devastato Lahaina, la città più colpita dalle fiamme. 2700 edifici distrutti, la vegetazione completamente a fuoco. Eppure, ecco due foto incredibili: un baniano (albero della famiglia dei fichi) sopravvissuto nonostante i gravi danni; e la casa che si è salvata perché i proprietari avevano ripulito il cortile, rimosso le foglie e costruito un vialetto di pietre.
La siccità sta aumentando la nostra dipendenza dal trasporto su gomma (Linkiesta)
Quando la spesa diventa ecosostenibile grazie alle promozioni. Succede in Germania e Svezia, e spesso di mezzo ci sono prodotti vegani (Linkiesta)
→ A proposito, “Il potere dei vegani imperfetti”, puntata di Verde speranza più ascoltata questa settimana.
Il dibattito sul clima in Italia, riassunto bene:
Agenda e sfide per il nuovo inviato per il clima italiano (Luca Bergamaschi di Ecco su Green&Blue)
Barbie, Oppenheimer e l’Antropocene (video di
per Ohga)Una raccolta fondi per trasformare gli alberi caduti a Milano dopo il nubifragio del 25 luglio in un palco per il Bottelon Milano
Bacheca lavoro: il WWF cerca un Sustainable Finance Policy Officer per la sede Ue a Bruxelles.
📸 La mia foto preferita
Due farfalle si riproducono appoggiate su una foglia. Siamo vicino ad Ankara, Turchia.
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Insegno alla Scuola Holden di Torino e al Master di giornalismo della Luiss di Roma. Tengo anche dei corsi aperti, come “Progettare una newsletter” per Holden Pro. Il prossimo ciclo partirà dopo l’estate, ti avviso quando si aprono le iscrizioni.
Ho curato anche tre podcast: Climateers (2021, Pillow talk), Cambiamenti (2022, Emons record), e Verde speranza (Onepodcast/La Stampa).
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