Cinque foto per capire l'Antropocene
🌍 Il colore verde #47. L’immaginario collettivo e gli scatti dedicati all'ambiente dei finalisti del World Press Photo 2021
Se non l’hai mai fatto, prova questo esperimento. Cerca su Google Immagini “cambiamento climatico”.
I risultati sono tristissimi: soprattutto fotomontaggi apocalittici di mondi mezzi congelati e mezzi in fiamme. Un bel problema per gli studenti che devono illustrare le loro ricerche o tesine. Ma anche per chi cerca ispirazione. O risposte.
Siamo davanti a un deficit di immaginazione, ed è anche per questo che l’emergenza climatica non viene compresa da tutti. Ecco la controprova: di fronte al concetto di tsunami tutti noi abbiamo in mente le scene tragiche. Anche senza averne vissuto uno, sappiamo cosa immaginare.
Ma se dico cambiamento climatico, oltre a quei fotomontaggi cosa immaginiamo? Un orso bianco in mezzo a piccoli iceberg? Una foresta rasa al suolo? Immagini stereotipo che fanno fatica a imprimersi.
Simili punti ciechi si verificano anche per la causa femminista: cerca “poliziotta” o “segretaria” e vedrai vestiti attillati e poco altro. (Prima del Covid succedeva anche con “infermiera”). In una società dell’immagine come la nostra, è un problema enorme.
Ecco perché è compito di chi si batte per l’ambiente rappresentare il problema con diversi sguardi. Attiviste, fotografi, scienziate, giornalisti: rendiamo visibile l’emergenza climatica. Mostriamo l’Antropocene, l’era geologica dove l’impronta dell’uomo è ovunque.
Nel 2019 il giornale inglese Guardian ha fatto una scelta di campo simile, promettendo di pubblicare solo foto che mostrano gli effetti dell’emergenza sulle comunità umane. «Perché il pubblico tende a immedesimarsi maggiormente», come aveva spiegato la picture editor Fiona Shields in questo articolo fondamentale.
A questo serve la fotografia, credo. È un mezzo immediato e immortale per creare «miniature di realtà» (cit. Susan Sontag). Da campionare e archiviare, per poi comporre il nostro immaginario personale e collettivo.
Mercoledì sono stati annunciati i finalisti del World Press Photo, il premio di fotogiornalismo più importante al mondo (conosceremo i vincitori il 17 aprile). Tra le tante foto in gara, ne ho individuate cinque che oggi ti racconto.
Il leone marino con la mascherina
Forse ti ricordi il cavalluccio marino con il cotton fioc, o la tartaruga con la rete da pesca: i fondali marini mostrano lo spirito del tempo del nostro schifo. Qui vediamo un leone marino a Monterey, California, attirato da una mascherina: da molti animali sono scambiate per cibo. Secondo OceanAsia nel 2020 potrebbero essere finite negli oceani circa 1,56 miliardi di mascherine.
I ghiacciai che rinascono templi
L’igloo che vedi è un ghiacciaio “artificiale”. Una riserva d’acqua che si ghiaccia d’inverno e poi viene usata quando in estate si scioglierà lentamente. Si trova sulla catena dell’Himalaya, luogo dove i ghiacciai millenari si stanno ritirando.
I cumuli di ghiaccio artificiali assomigliano molto ai templi buddisti (gli “stupa”) perché l’acqua viene fatta uscire da tubi sotterranei: la formazione si sviluppa in verticale seguendo la polarità del liquido. A oggi ci sarebbero almeno 70 villaggi che fanno uso di questo sistema.
La piaga delle cavallette
Dall’India all’Africa (ma l’anno scorso anche in Italia), miliardi di locuste distruggono i raccolti proprio lì dove il cibo è un bene scarso. Questa foto è stata scattata in Kenya, Paese che nel 2020 ha vissuto l’infestazione più grave da 70 anni. Con la crescente siccità gli sciami sono sempre più invasivi: si spostano fino a 150 chilometri al giorno e in un chilometro quadrato possono contenere dai 40 agli 80 milioni di esemplari.
Una montagna a metà
Sembra un quadro incompiuto. Ma è l’esatto contrario: un disastro quasi completo. Siamo a Hpakant, in Myanmar, dove un tempio buddista resiste attorno a una miniera di giada. Si tratta dell’area più grande al mondo per la raccolta della giadeite: l’esportazione di questi cristalli contribuisce a quasi metà del Pil nazionale birmano. Ma la gestione delle miniere non segue standard ambientali e di sicurezza. Solo a luglio 2020 sono morte almeno 100 persone per una frana.
La rugiada del mattino
Devi concentrarti un po’ davanti a questa foto. Mostra una donna che raccoglie in un’anfora l’acqua che sgocciola da un telo. Non è un'amaca: è un sistema per raccogliere pioggia e rugiada mattutina. Ci troviamo in Bangladesh, in un paesino del Golfo del Bengala, dove l’innalzamento del livello del mare ha aumentato la salinità delle falde acquifere, causando un grave deficit di acqua potabile.
Iniziative verdi:
Piccole alternative a colossi come JustEat, Netflix e Amazon raccontate da Samuele Cafasso su Internazionale.
Giacomo Castana, protagonista della newsletter di sabato scorso, ha raccontato una storia bellissima: Elsa, una 26enne friulana, da sola è riuscita a bloccare un cantiere abusivo lungo le sponde del fiume Torre.
Il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente ha studiato i piani per la ripresa post-pandemia delle 50 economie più grandi. Nonostante gli slogan, solo il 20% dei fondi è destinato a iniziative per il clima.
Lista di lettura:
L’11 marzo sono stati 10 anni da Fukushima. Pezzo completissimo su Il Post.
Il rimbalzo delle emissioni dopo il Covid è arrivato: in Cina sono più alte del 2019. Luca Aterini su Green Report.
Heidelberg, la città che farà a meno delle auto. Letizia Tortello su Green&Blue.
E infine.
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