Come sui pacchetti delle sigarette
🌍 Il colore verde #119 Smettiamola di chiamarlo maltempo, e mettiamo in guardia tutti dall'effetto moltiplicatore del caos climatico
GENERAZIONE SUPERQUARK
Inizio con delle scuse. Oggi ricevi una newsletter in versione slim. Sono a Malta per delle agognatissime ferie e il wifi dell’albergo funziona solo in terrazzo (di giorno fanno 40°C). Quindi mentre leggi questa mail devi immaginarmi così: un giovane troppo vecchio per quest’isola, illuminato solo dalla luce del pc, con la movida del venerdì notte che risuona poco più in là.
La seconda premessa riguarda Piero Angela. Faccio parte anch’io di quella “Generazione Superquark”, cresciuta davanti ai suoi programmi, mentre il resto dei palinsesti tv si sgretolava. Lo guardavo con mio nonno, in un paesino sperduto delle Alpi friulane: ricordo che appena cominciava la sigla lui mi chiedeva di fermarmi, fare silenzio e stare attento. La scienza meravigliosa come il cinema. Fondamentale come il rispetto. Una bussola per attraversare la complessità e i tempi bui. Il mio mestiere oggi non è quello della divulgazione, ma certamente Angela mi e ci ha insegnato tanto. Nella sua lettera d’addio la frase più bella:
“Carissimi tutti, penso di aver fatto la mia parte. Cercate di fare anche voi la vostra per questo nostro difficile Paese.”
Ce la metteremo tutta.
Cambiamo nome al “maltempo”
Ho un modo piuttosto rudimentale di prendere appunti per la newsletter. Quando vedo qualcosa di interessante, faccio uno screenshot, fotografo lo schermo. In questa settimana di connessione traballante ho avuto meno occasioni, ma giovedì pomeriggio ho aperto l’app del Corriere della Sera e ho trovato questo:
Undici titoli di apertura sugli eventi meteo estremi, prima di passare alle elezioni. Credo che sia un record assoluto. L’indomani, ovvero ieri, un effetto simile interessava le edizioni cartacee dei quotidiani: le prime pagine erano piene di foto e titoli sui danni del maltempo.
Continuiamo a chiamarlo maltempo, ma è evidente che non sia più tale. Come ricorda Tommaso Perrone, direttore di Lifegate, maltempo è un’espressione usata per indicare “condizioni meteorologiche sfavorevoli”. Un’espressione piuttosto debole per descrivere il caos in cui ci troviamo.
Lo ripeto sempre e forse ormai lo sai a memoria anche tu: il cambiamento climatico ha un effetto moltiplicatore sugli eventi meteo estremi. Li intensifica, li rende più frequenti, più imprevedibili. A tanto caldo seguono piogge incontenibili, ma anche incendi indomabili. Non abbiamo ancora gli strumenti per prevedere o per metterci al riparo da questi improvvisi sfoghi.
Come forse ricordi, negli ultimi 30 anni gli eventi meteo estremi sono aumentati dell’83% rispetto al trentennio precedente (l’ho ripetuto da poco anche in una puntata del podcast Verde speranza, l’ottava).
Ecco allora che diventa fondamentale cambiare il linguaggio con cui si inquadra la situazione. Lasciare da parte il “maltempo” o i “disastri naturali” e usare espressioni come eventi meteo estremi, caos meterologico, caos climatico, emergenza climatica o ancora più semplicemente: disastri climatici.
Questa settimana sono morte due persone in Toscana: “maltempo” non basta. Cosa altro deve succede in questo mondo perché il nostro pensiero si trasformi? «Un’estate come questa potrebbe non essere una rarità», ha giustamente puntualizzato in un’intervista Antonio Navarra, fisico e presidente del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici.
Noi cambiamo se cambia il linguaggio (e il vocabolario della pandemia ne è una prova). Ma il linguaggio cambia se noi lo cambiamo. Noi tutti, insieme: nelle discussioni tra amici, sui giornali e in politica.
Forse noi giornalisti dovremmo fare come sui pacchetti delle sigarette: a ogni articolo che parla di eventi estremi aggiungere un forte messaggio incorniciato, specificando che nell’era del climate change niente accade per caso. Qualcosa tipo:
⚠️ ATTENZIONE: IL CAMBIAMENTO CLIMATICO NUOCE GRAVEMENTE AGLI EQUILIBRI METEOROLOGICI ⚠️
Può causare effetti imprevedibili, intensificarne la potenza e aumentarne la frequenza.
Sotto l’allerta ci andrebbero rimandi e link per approndire. Invece che fanno i giornali, ancora oggi? Mettono le previsioni meteo vicino all’oroscopo.
I messaggi sulle sigarette sono state aggiunti per legge, ma credo ci vorranno anni perché la politica italiana affronti davvero la questione del clima.
Questa settimana ho seguito la campagna elettorale meno del solito: mi pare di capire che tutte le principali forze continuino a fregarsene del clima.
Mi ha colpito molto questo post su Instagram di Virginia Bagnoli, esperta di politiche climatiche e manager per The Climate Group. Scrive:
“Il 25 settembre si vota, e si vota anche per proteggere il clima, la qualità dell’aria, energia pulita, la biodiversità e la natura - completamente inesistenti in campagna elettorale.
Le vostre ricette vegane. I vostri shampoo solidi. Le cannucce di carta e gli spazzolini di bambù. I nostri teli di tessuto riciclato e vestiti di seconda mano. Gli alberi piantati. È tutto irrilevante, purtroppo, se chi governa ci fa fare solo passi indietro.
Dobbiamo farci sentire e costringere i politici a prendere la crisi del clima seriamente. Perché se non lo fanno, siamo spacciati. Se non lo fanno, non li votiamo. In questo post alcune proposte che mi piacerebbe vedere:”
Tutto vero. Ricordando che l’Italia già brucia, annega, sprofonda nel fango. Ogni giorno di più. Altroché maltempo.
📰 Da leggere
La causa più importante di sempre alla Corte di Strasburgo sarà sul clima? (Linkiesta)
Il “debito ecologico” (Giovanni De Mauro su Internazionale)
Qual è l’alternativa? Arrendersi? L’attivismo ottimista di Bella Lack (Guardian)
Biden: the climate president (Slate)
La svolta politica dei Democratici americani nella lotta al climate change (Inside Climate News)
La pioggia è chimica (La Svolta)
I fiumi e i canali delle città sono pieni di bici (Il Post)
I costi sociali del Jova Beach Party (L’Essenziale)
Emma Thompson contro il greenwashing (Guardian)
📸 La mia foto preferita
So che in questo spazio finale ti ho abituato a foto che fanno sorridere. Oggi forse la foto ti sembrerà triste, invece a me riempie di speranza. Siamo nel sud-ovest della Francia, vicino a Belin-Beliet, dove gli incendi hanno devastato le foreste. Una cerva avanza tra gli alberi bruciati. La natura resiste, sempre.
💌 Per supportarmi
Se ancora non mi conosci, ciao! Sono Nicolas Lozito, friulano, 31 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa. Curo questa newsletter da marzo 2020. Esce ogni sabato e nel 2021 ha vinto un premio, assegnato dal Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici e Radio 3 Scienza. Il colore verde ha anche un bosco di 100 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO2: trovi la sua storia e i suoi dati qui.
Sono autore di tre podcast: Climateers (2021, prodotto da Pillow talk), Cambiamenti (2022, Emons record), e Verde speranza (2022, Onepodcast).
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L'intervista a Bella Lack sul Guardian è illuminante, specie quando dice che l'attivismo non è "una passione", ma una responsabilità.