Una bistecca grande come la Germania
🌍 Il colore verde #73: I numeri dell'impatto della produzione industriale di carne e latticini: non è così folle difendere l'ambiente cambiando dieta e consumi
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Ancora oggi, a quasi due anni dalla mia scelta di non mangiare più carne, la questione solleva ironia o incomprensioni nelle conversazioni che faccio con amici o parenti.
Nonostante i miei sforzi da “neo-convertito”, rimane per la maggior parte delle persone, una faccenda incomprensibile: a molti la scelta sembra folle tanto quanto vedere una persona girare per strada senza scarpe.
Eppure la questione non è così folle. E da questa settimana, ancora un po’ di meno. Perché uno studio appena pubblicato dice che:
Le venti più grandi aziende produttrici di carne e latticini al mondo emettono tanti gas serra quanto l’intera Germania, e più del doppio dell’Italia.
Ovvero 932 milioni di tonnellate di CO2e all’anno (la e sta per “equivalente”, ed è l’unità di misura che ingloba in maniera proporzionale tutti i gas serra, ovvero i gas che causano il climate change), contro i 902 della Germania, il più grande emettitore europeo e l’8° mondiale. (L’Italia arriva a circa 425).
La stima è della nuova edizione del rapporto annuale “Meat Atlas” realizzato dalla fondazione tedesca Heinrich-Boll-Stiftung e dalla onlus Friends of the Earth Europe.
Nel rapporto ci sono altre stime impressionanti: le prime 5 aziende di Big Meat ( come vengono chiamati nel mondo anglosassone i colossi della carne e dei prodotti derivati dal latte) emettono insieme una quantità gas serra poco superiore di quelle della Exxon, la più grande multinazionale petrolifera al mondo.
Ma se le aziende delle fonti fossili sono da anni criticate da ambientalisti e movimenti per il clima, ancora poco si fa per soppesare e mitigare l’impatto dell’industria della carne, che anzi gode di incentivi e finanziamenti dalla maggior parte degli Stati.
Da dove arrivano queste emissioni, di preciso? La Fao, organizzazione delle Nazioni unite che si dedica all’alimentazione e all’agricoltura, stima che il 39% delle emissioni della filiera del bestiame provenga dalla fermentazione enterica – la digestione, per intenderci, che produce molto metano, soprattutto nei bovini –. Il 10% è attribuito allo stoccaggio e alla gestione del letame. E ben il 45% dalla produzione e dalla lavorazione dei mangimi, dove entra in gioco anche l’effetto di fertilizzanti e pesticidi.
Anche elettrificando tutti i processi che ora vengono alimentati da combustibili fossili l’impatto si ridurrebbe “solo” di un quinto: il 20% delle emissioni arriva dai carburanti bruciati lungo tutta la catena produttiva.
C’è un altro mito da sfatare. Molte persone, ancora oggi, sostengono che anche la produzione di alimenti a base vegetale abbia un grosso impatto nell’agricoltura. Beh, secondo il Meat Atlas:
Il 90% della soia prodotta nel mondo serve come mangime: tutti i campi di soia del mondo occupano una superficie grande 1,2 milioni di chilometri quadrati, quattro volte l’Italia.
Se allarghiamo lo sguardo su tutta la superficie agricola mondiale, scopriamo che ben il 77% è destinata a pascoli o a campi coltivati per produrre mangime.
Ogni anno vengono macellati circa 75 milardi di animali, per produrre circa 325 milioni di tonnelate di carne: le tonnellate erano la metà vent’anni fa e diventeranno 365 per la fine del decennio (proiezioni Ocse). Certo, molti prodotti vegetali sono sempre più disponibili, ma il mondo vuole più carne: nei Paesi ricchi il consumo non cala molto, e nei Paesi che si stanno sviluppando ora la carne diventa un prodotto sempre più di massa.
L’impatto della produzione industriale di carne è enorme su più fronti: salute, etica, sfruttamento di risorse naturali (con la deforestazione che accelera per far posto ai campi coltivati), ma anche di lavoro: perché le grandi multinazionali abbassano i prezzi e schiacciano i piccoli allevatori e agricoltori, soprattutto nei Paesi poveri.
Il 14,5% delle emissioni globali arriva dal settore degli allevamenti di bestiame. Analizzando tutto il settore del cibo, carne, uova e latticini generano il 56-58% delle emissioni totali, anche se contribuiscono solo al 18% delle calorie e il 37% delle proteine della dieta umana.
Concludo, perché oggi ho dato già troppi numeri.
Non ce l’ho con la carne, non ce l’ho con chi mangia carne, non voglio fare proseliti vegan. Ma quello che voglio dire è che dobbiamo essere consapevoli dell’impatto di ogni cosa. Sappiamo bene che un’auto inquina, che un’acciaieria produce gas serra, e mai ci sogneremmo di sostenere il contrario.
Ecco, impariamo a essere consapevoli e ragionevoli anche quando si parla di carne. Senza pensare per forza che ci sia un complotto, o qualche fregatura. Non è uno scontro di civiltà, non è nemmeno una puntata di Ciao Darwin: carnivori vs. vegani.
«Nonostante gli allarmi, nessuno Stato ha un piano per ridurre la produzione o il consumo di carne», spiega una delle co-autrici del rapporto, Christine Chemnitz. Si potrebbe agire su almeno tre piani: fiscale, legislativo e informativo, con l’obiettivo di rendere più sostenibili e rigenerativi i processi di agricoltura e allevamento. Meno carne e carne migliore, sarebbe già un ottimo inizio.
📖 Extra: Elementum, un libro fotografico sul territorio pugliese
È uscito da poco “Elementum”, un libro dedicato alla Puglia, nato da un progetto dei fotografi Valentina D’Amico, Giorgio Biasco, Mario Capriotti, Adriano Nicoletti e Federico Patrocinio. È curato da Massimo Siragusa, e io ho scritto uno dei testi introduttivi. È un libro che mi ha insegnato molto di quel territorio, dalle ferite agli angoli di inaspettata bellezza, mostrandomi cosa può fare la fotografia se si dedica al racconto di un luogo del cuore. Aneddoti, ricordi, analisi, dati che si traducono, come scrive Siragusa «in un sorprendente percorso visivo». Se vuoi dare un’occhiata al libro, edito da Phaos Edizioni, trovi tutto qui.
📰 I link
Altra notizia della settimana: In Islanda è stato attivato il più grande impianto di cattura e stoccaggio della CO2 dall’aria (in gergo si chiamano impianti DAC, direct air capture). Un sistema costoso, e ipertecnologico, in grado per ora di catturare 4.000 tonnellate all’anno (relativamente “poche”: circa quanto emettono 870 auto). Per ora il costo della tecnologia è elevatissimo, ma se verrà sviluppata e adottata maggiormente, potrà essere uno strumento fondamentale per compensare l’ecesso di gas serra nell’atmosfera. Forse penserai: è la stessa cosa che fa un albero, perché non piantiamo più alberi. Vero: ma gli alberi occupano più spazio, e ci mettono decenni per “andare a regime”. E infine: due soluzioni sono meglio di una. Sul Il Post lo spiegone.
Brutta storia: il rifugio Sella a più di 2000 metri sul Monviso ha dovuto chiudere perché manca l’acqua. La siccità che ha colpito la montagna e il Piemonte è così forte che nella struttura sono terminate già le scorte di tutto l’anno. Non era mai successo.
Gli animali stanno mutando forma per sopravvivere al cambiamento climatico. Un nuovo studio dimostra che diverse varietà di animali a sangue caldo si stanno adattando per affrontare la sfida ambientale e scongiurare l’estinzione: becchi e zampe più grandi, orecchie più estese, code più lunghe. Lorenzo Ruben Rampa su Greenkiesta.
Biden fa sul serio: ha definito il climate change una “minaccia esistenziale” e ha illustrato i nuovi piani per la transizione energetica. Entro il 2050, metà dell’energia dovrà essere prodotta da impianti fotovoltaici (ora è il 3% del mix energetico).
Bacheca stage: Terralab, onlus verde di Milano, ha aperto una posizione per un tirocinio (curriculare). Se ti interessa, qui le info.
Non c’entra nulla con il clima, ma compie cinque anni un mio racconto che si chiama “Generazione 11 settembre” e parla di chi, come me, quel giorno stava guardando la Melevisione. È stato il mio primo pezzo serio per La Stampa e ne vado ancora molto orgoglioso, ora lo trovi qui su Medium.
👇 La cosa più bella
La cosa più bella che vedrai questo weekend? Un video di un panda che sgranocchia una carota (a proposito di dieta vegetale!). Se la settimana ti ha agitato, o se sei di malumore in questi due minuti passa tutto.
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