«Le code per le scarpe Lidl dimostrano che non abbiamo imparato nulla», scrive Michele Boroni su Wired e non c’è modo migliore per riassumere la settimana.
Per chi si è perso la vicenda: la Lidl, catena di supermercati discount, ha messo in vendita questa settimana delle brutte scarpe da ginnastica rosse e blu con il logo bello in vista. Le ha distribuite in 660 punti vendita, compresi quelli nelle zone rosse, a un prezzo stracciato: 12,99€.
Nel 2010 non le avrebbe filate nessuno, ma nel 2020 il marketing ha preso una strana piega: negli scorsi mesi riviste, influencer, collezionisti europei le hanno elette ad accessorio kitsch da non farsi mancare. Un’edizione limitata, che ricalca i tic dell’alta moda: scarsità uguale esclusività.
Così l’Italia si è ritrovata – in piena pandemia – a spintonarsi per afferrare l’ultimo paio. C’è chi le ha prese per trofeo e chi per rivenderle online a prezzi folli, il cosìdetto resell. Guarda questa pagina di eBay e ti fai un’idea.
Nel frattempo è cominciata anche la settimana del Black Friday, tradizione commerciale di grandi sconti pre-natalizi importata dagli Usa. Le paginate di consigli di acquisti su Amazon. O la fila virtuale sul sito di Mediaworld di giovedì. Sull’homepage leggevi una cosa così: «potrai accedere al sito tra 16 minuti».
Follia. Tutte le cose che ci siamo detti e promessi nel primo lockdown sono andate a farsi friggere in un olio di plastica e bottoni “compra con un click”.
Sostenibilità, made in Italy, mito dell’artigianato, chilometro zero, difesa dei lavoratori e delle comunità. Che senso ha parlarne se poi continuiamo a scegliere sempre e solo i prodotti di massa dei giganti del commercio, favoriti da meccanismi politico-economici in cui i costi ambientali e sociali non sono mai pagati alla fonte?
Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, questa settimana ha dato i primi dettagli del piano pluriennale da 10 miliardi di dollari di donazioni per combattere la crisi climatica. Un lupo vestito da pecora: la sua ricchezza è salita di quasi 113 miliardi tra marzo e ottobre (ah, e Dieter Schwarz, erede dei fondatori del gruppo Lidl è al 30esimo posto nella classifica delle persone più ricche al mondo). Amazon inquina come tutta la Norvegia e ha distrutto il commercio di prossimità. Negozi dietro casa chiusi e posti di lavoro fagocitati. La soluzione alla crisi climatica passa per la sostenibilità, ma è nulla senza giustizia sociale e una riduzione delle diseguaglianze locali e globali.
Dove sono le mille promesse di cambiamento, se poi chi condiziona il nostro stile di vita – leader, influencer, media – non vanno oltre ai loro stessi titoli da copertina? Vanity Fair, che quest’anno ci ha riempito di cover coraggiose su diritti e giustizia, sulle scarpe Lidl scrive: «Un capo super democratico sinonimo di stile. Il tutto, condito da ironia e leggerezza al passo con i tempi. Di cui, ora come ora, ce n’è davvero bisogno».
Il duo di filosofi Tlon, abbastanza radicali e molto in voga sui social, ha scritto: «Le scarpe incarnano alla perfezione il desiderio di raccontare, in un mondo di stranezze, il proprio far parte di una comunità rassicurante di normali». Pazzesco.
L’inutile è il nuovo oro. Ci eravamo promessi un utilizzo migliore delle cose. Meno rifiuti, meno inquinamento. Meno traffico in città: Milano deve di nuovo bloccare il traffico per troppo smog. Fa nostalgia ripensare alle speranze meravigliose del primo lockdown.
So che valgono poco queste parole. E so anche che ogni tanto bisogna cedere agli istinti.
Ma non sempre. I nostri istinti, e chi li provoca – marketing, passaparola, paure diffuse – posso essere una trappola. Per uscirne ci vogliono sforzi e sacrifici, senza rimandare all’occasione successiva. Ci vogliono le azioni. “Non ci sono scorciatoie alla fatica”, diceva spesso un mio vecchio capo.
Il trucco che uso è immaginare dentro di me uno spazio, un centimetro cubo, dove ciò in cui credo resiste in mezzo al caos. La sostenibilità non è un marchio, non si compra, non basta una nuova confezione riciclabile del detersivo. La giustizia sociale, climatica, ecologica è una cultura. Non si mette in pausa.
È un bene intangibile. Sembra fragilissimo quando è piccolo, diventa imbattibile se grande e condiviso. Una forza.
È l’una e cinquantasette di venerdì notte. Fra poche ore riceverai questa mail. Aggiungo ora questo paragrafo. In Francia si è creato un movimento dietro a un hashtag: #NoelsansAmazon, Natale senza Amazon, per manifestare la volontà di non acquistare regali di Natale su Amazon. Piuttosto si sta senza pacchetti sotto l’albero. Oggi fenomeno è esploso, costringendo il colosso americano a rimandare il Black Friday a dopo il lockdown, quando anche i negozi potranno riaprire.
Forse allora qualcosa abbiamo imparato?
Ps. Perché siamo qui
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