🌍 Rifacciamo le città
Il colore verde #30 | Visualizza nel browser | Iscriviti
Rifacciamo le città
Un dettaglio di un'illustrazione di Bruce McCall, usato nella copertina del New Yorker del 27 agosto 2012
Il lockdown n°2 ha bloccato di nuovo molte città italiane. Se nel primo siamo stati colti alla sprovvista, non dobbiamo sprecare questo nuovo intervallo spazio-temporale. Le vie sono vuote, il polverone quotidiano si sta posando: guarda fuori dalla finestra e dimmi, la tua città è pronta al futuro? Soprattutto, quale futuro ci aspetta?
Il dubbio mi frulla in testa da una settimana. Ero a Torino lo scorso weekend, camminavo tra i banchi del grande mercato di Porta Palazzo e ho scoperto una cosa: una storica edicole-chiosco della piazza ha chiuso. Al suo posto, nella stessa struttura ottagonale, una “Portineria di quartiere”: ritirano pacchi, consegnano la spesa, tengono le chiavi, consigliano idraulici, offrono lavoretti a chi ha bisogno. Ma organizzano anche eventi culturali, condividono il wifi e prestano libri. Bellissimo.
La “Portineria di quartiere” c’entra con il clima, di cui tanto parlo in questa newsletter? No. Ma è legata indissolubilmente ai concetti di sostenibilità, del riuso, della circolarità. Il benessere condiviso con chi ci circonda e ciò che ci circonda. La cultura nuova che vogliamo costruire un mattoncino alla volta.
Nello stesso weekend, una lettrice de Il colore verde ha innescato una nuova scintilla. Silvia (grazie!) mi ha raccontato di Bottom Up!, festival di architettura dedicato alla “rigenerazione urbana dal basso”, che si è appena concluso proprio a Torino. Il festival ha aiutato a lanciare 12 progetti per ripensare quartieri o aree della città piemontese. Luoghi abbandonati, rovinati, mal utilizzati. Ogni progetto ha avuto una raccolta fondi online: alla fine del percorso sono arrivati più di 60.000 euro (qui la pagina con tutti i numeri).
Quattro di quei progetti hanno raggiunto la somma sperata. Altri sono fermi qualche passo indietro. Non te li voglio raccontare per il loro successo, ma perché in qualsiasi città alcuni di progetti potrebbero essere replicati o riadattati. Rammendi per periferie e centri sfilacciati. Perché non necessariamente il futuro è fatto di città sporche, anonime e inquinate.
La scuola d’infanzia comunale Marc Chagall nella zona multietnica di Aurora sta riqualificando il suo “Cortile mondo”, un giardino di scoperta che sembra un universo in miniatura. Un posto dove imparare a conoscere gli altri e la natura (e «a fare le nuvole», come loro scrivono in una mappa del cortile che verrà).
“Corti.lì” – già il nome è una speranza – vuole valorizzare i “cortili alberati” che Torino nasconde. “Hear me”, invece, vorrebbe creare un centro di ascolto in uno spazio verde su cui affacciano due diverse strutture psichiatriche. La Casa del quartiere di San Salvario vuole far tettoie alberate a chilometro zero e il circolo circolo Risorgimento una struttura per coprire la zona esterna e ospitare attività e laboratori.
“Wall Coming” porterà all’interno del carcere minorile Ferrante un teatro e uno spazio multifunzionale, gestito direttamente dai ragazzi della struttura. “28 – Spazio di Mezzo” è un luogo di incontro comunità cinese e italiana, mentre “Convi” vorrebbe trasformare un vecchio container in un casa comune all’interno nel quartiere Villaretto.
“Una pietra tira l’alta”, nome che deriva dal quartiere Pietra Alta, vorrebbe unire due cortili per farne un “giardino culturale”, con giochi per bambini, spazi per attività culturali e attrezzature per un orto delle spezie.
“Ruota di scarto” è un altro progetto riadattabile ovunque: un furgoncino del cibo che raccoglie le eccedenze alimentari fuori dal mercato. (A Roma c’è un progetto simile, ReFoodgees).
“Spiga” è un’idea tanto semplice quanto incredibile: a Barriera di Milano, quartiere nord di Torino, in una zona dove già ora si trovano degli orti urbani, vogliono costruire un forno sociale e inclusivo per fare il pane, condividendo non solo lo spazio ma anche conoscenza, attività, idee: «una rigenerazione artigiana della periferia».
“Miraorti” è forse il progetto più ambizioso. Nella zona di Mirafiori, famosa per lo storico stabilimento Fiat, è pieno di orti spontanei e abusivi nati vicino alle case degli operai della casa automobilistica. Con gli anni, strutture e terreni sono stati abbandonati: “Miraorti” punta riqualificare l’intera area – 6,5 ettari – e unirla sotto una gestione comune e condivisa. Il sogno è «creare un grande parco agricolo e urbano sulle rive di uno dei fiumi di Torino». Prima che qualcuno, aggiungo io, ci versi sopra una colata di cemento.
Ecco. Oggi volevo raccontarti queste cose.
Così se sei giù di morale perché il lockdown ti opprime, perché le elezioni americane ti hanno sfiancato, o semplicemente perché le cose belle ti sembrano lontane e impossibili, pensa a queste piccole storie – o alle idee dei 35 giovani ambientalisti che ti avevo raccontato a luglio, ricordi? – e fai un bel respiro. Pensa: ogni buona idea corrisponde a una o più persone che hanno avuto il coraggio di portarla avanti e a tanti altri con cui è stata condivisa.
Sono tanti, siamo tanti. Andrà tutto bene.
Ps. Oggi niente link di lettura. Se vuoi però, seguimi su Instagram e recupero lì.
Ps. Perché siamo qui
Per l'occhio umano, il verde è il colore con più sfumature. Sono molte anche le sfumature di verde quando parliamo di cambiamento climatico e all'ambientalismo. Ecco perché nasce questa newsletter settimanale: per raccontare tutte queste sfaccettature e per passare parola, soprattutto ai giovani.
Se conosci qualcuno a cui piacerebbe questa newsletter, inviagli questo link.