🌍 Smettere di fingere
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Smettere di fingere
Una opera dell'artista visuale Cengizhan Türk (@Mazzatello su Instagram)
Confessione: questa newsletter mi sta cambiando tantissimo. Più della psicoterapia, poco meno di una storia d’amore. Ho tutto un nuovo ecosistema di pensieri; parole che non sapevo esistessero; concetti che non credevo compatibili. La mia idea di mondo mi appare meno monolitica.
«I contain multitudes», contengo moltitudini, scriveva il poeta Whitman (o canta Dylan, nella mia canzone preferita del 2020): la stessa cosa vale per la difesa dell’ambiente e il racconto delle sue ferite. Diffido di chi ne fa una crociata priva di dubbi.
Con questo spirito ho letto E se smettessimo di fingere?, libricino di Jonathan Franzen appena uscito (Einaudi – una versione con integrazioni di un articolo del 2019 sul New Yorker) dove lo scrittore americano, tra i più letti romanzieri al mondo e da sempre interessato all’ambiente, se la prende almeno con tre aspetti della questione climatica nel dibattito pubblico.
Il primo: è troppo tardi per raffreddare la Terra, il surriscaldamento estremo è inevitabile. Trasmettiamo messaggi ottimistici per paura di far perdere la speranza.
«Gli attivisti che la pensano così mi ricordano i leader religiosi convinti che senza la promessa dell’eterna salvezza la gente non si sforzerebbe di comportarsi bene. Secondo la mia esperienza, i non credenti amano il loro prossimo non meno dei credenti».
Il secondo: avendo già superato svariati punti di non ritorno l’unica cosa da fare è prepararsi meglio al peggio. Inondazioni, incendi, danni e morti. Ho raccontato su Instagram i numeri degli eventi climatici estremi: nell’ultimo ventennio sono raddoppiati rispetto al precedente.
Il terzo: dimentichiamo la crisi ecologica e la salvaguardia della biodiversità. Non è nelle agende politiche, nonostante gli interventi siano molto più alla portata rispetto alla riduzione delle emissioni.
Franzen è da anni criticato per le sue posizioni (già espresse in La fine della fine della Terra), sfruttate da negazionisti o menefreghisti. Ma semplificare il suo contributo è sbagliato: il compito di Franzen è aggiungere complessità.
Il nostro compito, invece? Eseguire manovre a tenaglia. Combattere su tutti i fronti disponibili. Il Covid ha accelerato, soprattutto in Europa, il processo politico verso una transizione energetica. Non basterà e dobbiamo dircelo con sincerità. I benefici della riduzione dei gas serra non sono da sottovalutare, ma non aspettiamoci improvvisi miracoli. Non miglioreranno i prossimi 50 anni; non salveranno la biodiversità; non ci proteggeranno dal meteo impazzito dei prossimi decenni.
Ti lascio con un'ultima citazione. Arriva da un altro nuovo libro, Il tempo e l’acqua dell’islandese Andri Snær Magnason (Iperborea). Meraviglioso e commovente.
«Vivendo sotto la minaccia del caos climatico, non possiamo più chiedere ai bambini e ai ragazzi di oggi “che cosa vuoi fare da grande?”, ma “che cosa dovrai fare da grande?”. Non che questo sia completamente negativo: un’intera generazione sentirà di avere un ruolo prezioso, uno scopo importante nella vita».
Da leggere (e vedere)
• A proposito di "punti di non ritorno": noi e il Covid nell'ultimo articolo di Paolo Giordano per il Corriere.
• Perché i giornalisti vanno dai no-mask e alle manifestazioni di Extinction rebellion? Su Internazionale di questa settimana.
• Addio a metà della Barriera corallina australiana, dal 1995 a oggi (guarda Chasing Coral su Netflix!)
• Se poi gli ecosistemi collassano, ci rimette anche mezza economica, spiega Swiss Re, insospettabile gruppo assicurativo.
Ps. Perché siamo qui
Per l'occhio umano, il verde è il colore con più sfumature. Sono molte anche le sfumature di verde quando parliamo di cambiamento climatico e all'ambientalismo. Ecco perché nasce questa newsletter settimanale: per raccontare tutte queste sfaccettature e per passare parola, soprattutto ai giovani.
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