🌍 Chiedi chi era Mario Molina
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Chiedi chi era Mario Molina
Sono emozionato nello scriverti oggi. Non c’è mai tempo per ricordare i grandi scienziati e le grandi scienziate che hanno reso migliore la nostra vita, correggendone errori e torti, e arricchendola di intuizioni e scoperte.
E spesso lo capiamo troppo tardi: Mario Molina, «chimico visionario», come l’aveva definito Barack Obama nel 2011 consegnandogli la Medaglia presidenziale della libertà, è morto giovedì a Città del Messico. Un infarto all’età di 77 anni.
È morto un giorno dopo l’annuncio del nuovo premio Nobel per la Chimica. Lo stesso che lui vinse insieme a Frank Sherwood Rowland e Paul J. Crutzen nel 1995 per una delle più importanti intuizioni delle scienze ambientali: il ruolo dei clorofluorocarburi (CFC) nella formazione del “buco dell’ozono”.
Te lo ricorderai, c’è stato un periodo in cui si parlava solo di «buco nell’ozono» e delle colpe che avevano le bombolette spray. Il “buco” riguardava l’ozonosfera, uno strato alto dell’atmosfera (sopra i 20 chilometri) dove le molecole di ossigeno invece di essere composte da due atomi uguali (O2) sono raggruppate a tre a tre (O3). Stesso ingrediente, diversa forma molecolare – come la grafite e il diamante, per intenderci. L’ozono lassù agisce da schermo per alcune radiazioni solari molto dannose per il clima e per gli esseri viventi, umani compresi. Meno ozono c’è, più radiazioni passano.
Ma fino al 1974, quando Molina e Sherwood Rowland presentarono i loro studi con un articolo su Nature, neanche si sapeva esistesse l’ozonosfera. Nè si pensava che quello strato potesse essere scalfito dalle nostre attività. I due ricercatori scoprirono che i gas presenti nelle bombolette spray e nelle serpentine dei frigoriferi – appunto i CFC – riuscivano a salire fino a quell’altezza e spezzare le molecole di ozono, distruggendo il filtro protettivo del Pianeta.
Non avevano strumenti per studiare l’ozonosfera: la loro era un’intuizione nata dagli esperimenti in laboratorio. Ma ne erano convintissimi. E fin da subito chiesero la messa al bando dei CFC e il boicottaggio dei prodotti che li contenevano.
Una scelta di campo coraggiosa che attirò critiche. All’epoca erano pochi gli scienziati che si battevano per l’ambiente. Nel 1977 Molina venne accusato di lavorare per il Kgb: «un’operazione orchestrata dal Ministero della disinformazione russo» dissero certi produttori di spray.
Solo nel 1985 arrivò la prova mancante. Il British Antarctic Survey dell’Università di Cambridge riuscì a quantificare la “grandezza” del buco, situato sopra l’Antartide. Non si poteva più negare l’evidenza: in soli due anni si raggiunse «l’accordo internazionale di maggiore successo della storia», ovvero il Protocollo di Montreal del 1987, un divieto dell’uso dei CFC ratificato all’unanimità. L’effetto fu immediato. Nel 2010 il 98% dei CFC era sparito dalla circolazione. Negli ultimi 10 anni il “buco” si è ridotto del 20% e continua a chiudersi.
Una vittoria dell’umanità nato dall’intuizione di un uomo.
Mario Molina raccontava di aver sempre sognato di fare il chimico. Lo capì a 11 anni, quando trasformò il bagno di casa in un laboratorio per gli esperimenti. Non riusciva a spiegarsi perché i suoi compagni di scuola non amassero la Chimica tanto quanto la amava lui. Veniva da una famiglia benestante messicana, e studiò a Città del Messico e in Svizzera prima di arrivare a Berkley, in California.
Era affascinato «dall’impatto della scienza e della tecnologia sulla società» si batté «per una scienza che sia utile e mai dannosa». Al funerale del collega Sherwood Rowland, nel 2012, disse: «Abbiamo dato il via a un cambiamento molto importante, le persone possono prendere decisioni e risolvere problemi globali».
Non so se c’è un undicenne là fuori che ama gli esperimenti scientifici. Se lo conosci, però, raccontagli questa storia.
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