🌍 Esimi Enzimi
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Esimi Enzimi
(Centre for Enzyme Innovation/ University of Portsmouth)
Oggi c’è una buona notizia.
Guarda l’immagine qui sopra: bruttina, vero? Eppure dovremmo farci le magliette, gli striscioni, i quadri. Perché questa “cosa” microscopica e bizzarra potrebbe essere la chiave del nostro futuro sostenibile.
Si tratta di due enzimi (macromolecole che catalizzano dei processi biologici) in grado di scomporre la plastica più diffusa, la PET, quella delle bottiglie: all’Università di Portsmouth sono riusciti a unirli ottenendo così un super-enzima sei volte più veloce di tutti i tentativi ottenuti fin ora.
Immagina due Pac-Man (nell’immagine uno rosso e uno bianco) legati spalla contro spalla (il cordone blu) che senza sosta spezzano la plastica nelle sue componenti più elementari: la plastica è un polimero, cioè un complesso di tantissimi mattoncini uniti.
In che modo è una buona notizia, però? Perché la plastica sta invadendo il mondo. Dagli anni ’50 ne abbiamo prodotti quasi 7 miliardi di tonnellate: il 9% è stata riciclata, il 12% è stata bruciata, il rimanente vive e regna ancora tra noi.
E nonostante i progressi, riciclarla tutta non è al momento fattibile, né vantaggioso. L’ha raccontato molto bene Eugenio Cau su il Post:
«La carta e il vetro riciclati, se sono riciclati per bene, sono quasi indistinguibili da quelli vergini. Al contrario un fustino del detersivo non è praticamente mai riciclato in un altro fustino del detersivo. In inglese si dice che la plastica non è “recycled”, ma “downcycled”, perché il risultato del processo è quasi sempre qualcosa di meno pregiato».
Il “riciclo al ribasso” della plastica è oscuro anche a noi che differenziamo sempre: è un processo meccanico di sminuzzamento in “fiocchi” grezzi, dove si usa solo parte della plastica degli imballaggi, perché il resto è troppo complesso o troppo impuro.
Incredibilmente, la natura è arrivata in aiuto. Nel 2016 dei ricercatori giapponesi hanno scoperto in una discarica, un batterio, l’Ideonella sakaiensis, che si “alimentava” con la plastica PET. I batteri si evolvono veloci: fa impressione pensare come si siano adattati al nostro mondo di plastica. Da questo batterio è stato isolato il primo enzima nel 2018, poi potenziato fino alla sua versione attuale, presentata tre giorni fa. PETase e MHETase è il nome dei due enzimi: possono degradare la plastica delle bottiglie in pochi giorni. Trasformandola in blocchetti riutilizzabili davvero al 100% – come rompere una costruzione di Lego – evitando che la plastica venga prodotta vergine a partire da fonti fossili.
Pochi giorni contro le migliaia di anni della normale biodegradabilità della plastica è un incredibile passo avanti, ma la soluzione a tutti i mali è lontana: con gli enzimi è impossibile raggiungere la plastica negli oceani. «Ma se unissimo gli sforzi con altre ricerche in questo campo – spiega John McGeehan a capo del “Centro innovazione enzimi” dell’Università di Portsmouth – potremmo trovare una formula commercializzabile in 2-3 anni». Capace di degradare anche materiali compositi, come i vestiti che mescolano cotone e plastiche, un tema pressante causato dal fast-fashion.
Gli enzimi, “scoperti” nel 1878, hanno un ruolo chiave in molti processi industriali e civili: dalla produzione del formaggio, alla depurazione delle acque ai detersivi. Quando senti «rimuove anche lo sporco più ostinato» alla pubblicità, sappi che è merito di un enzima. Speriamo che si senta presto anche «rimuove anche la plastica più ostinata». Nel frattempo, riciclare non basta: sforziamoci di ridurne il consumo.
Da leggere (e vedere)
• A Torino questo weekend c'è la rassegna CinemAmbiente. Alcuni film li trovate anche in streaming gratuito per 24 ore.
• The Debate Was a Disaster. But Hey, Climate Change Came Up (Wired)
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