🌍 Il colore verde: Fase 3, in bicicletta
Fase 3, in bicicletta
Lavori in corso per la posa di “corsie ciclabili” a Roma (foto: Roberto Monaldo/LaPresse)
Cassandrafreude è parola nata da poco, racconta il New York Times. È una crasi tra Cassandra e Schadenfreude. Cassandra è la mitologica figura che prevedeva, senza essere creduta, il futuro; e Schadenfreude il termine tedesco per indicare il piacere che si prova di fronte alle sventure altrui. Cassandrafreude, quindi, «è il piacere amaro nel vedere le cose andare male esattamente come avevamo previsto, inascoltati». Succede, ovviamente, a molti ambientalisti: la crisi climatica probabilmente è la fonte più grande del mondo di Cassandrafreude.
Ecco una promessa: croce sul cuore, qua dentro – dentro la stanzetta de Il colore verde – non tiferemo mai per la Cassandrafreude. Anche perché è troppo difficile da pronunciare.
Pronti, via.
Bonus: mobilità
C’è stato un momento, era l’estate del 2015, in cui ho scoperto il piacere totalizzante della mountain bike. Mi ero ripromesso, in quei mesi, di percorrere mille chilometri tra montagne, sterrati e fiumi, così da sudare via l’amarezza di qualche sfortuna accumulata. Puro pensiero magico applicato: fai una cosa e speri che un’altra – totalmente slegata dal rapporto di causa ed effetto – accada. Alla fine sono arrivato a solo 250 chilometri: è per questo che ora mi va dritta solo una cosa su quattro.
A parte questa parentesi mistica, il rapporto con la bici è di tipo utilitaristico: da giovane nelle campagne del Friuli ti muovi o in bici o in trattore; a Londra era l'unico mezzo economico; a Torino ho scoperto il comodo bike sharing del Comune. A Roma per molto tempo avevo abbandonato le speranze: ladri, salite, traffico, poi sono arrivate le bici elettriche di Uber: costano tanto, ma quando finivamo tardi in redazione erano un ottimo modo per sfrecciare a casa attraversando una città buia e deserta.
Vi racconto questo per salire sul carro dei vincitori e introdurre l’argomento di oggi: il coronavirus ha accelerato l’arrivo dell’era delle biciclette? Le auto spariranno dalle città? Le due ruote sono una soluzione alla questione ambientale?
Come il solito I Simpson avevano previsto tutto: Homer costretto ad andare in bici al lavoro
A DIMENSIONE DI —
La pandemia sta segnando la transizione verso città ciclabili. Anzi, a dimensione di trasporto individuale. I mezzi di trasporto pubblici non possono riempirsi, i taxi costano troppo, il car sharing è a rischio Covid, e per evitare le code le persone che non hanno l’auto, o a cui non conviene, salgono sui pedali (o sui monopattini e simili diavolerie).
«La bicicletta è il futuro del trasporto urbano», come titola un articolo di Forbes. «Un modo in cui il coronavirus può trasformare le città europee: più spazio alle bici», sostiene il Washington Post. A Londra durante la pandemia è stata migliorata la rete delle bici elettriche comunali e persino medici e infermieri, a cui è stato offerto il noleggio gratuito, hanno preferito le due ruote perché più sicure e rapide di qualsiasi altro mezzo di trasporto. A Parigi, il Sindaco Anne Hidalgo – che da anni punta a trasformare la città francese in capitale mondiale delle piste ciclabili – ha introdotto per l'emergenza altri 50 chilometri di piste nel centro cittadino, inclusa la famosa Rue de Rivoli vicino al Louvre, e 100 nella periferia. Berlino si è da poco risvegliata con 22 km di corsie “pop up”, dipinte nella notte dal comune. A Bruxelles altri 40 chilometri. La vicina Amsterdam fa da modello: più di un terzo dei cittadini si sposta in bici.
La mappa delle piste ciclabili di Parigi, segnate in rosso. Non è aggiornata alle nuove piste nate con la pandemia: la vedete in alta risoluzione qui.
4 PUNTI —
Soprattutto sta succedendo anche in Italia. A una velocità impensabile e su più fronti. Ne conto almeno quattro.
I consumi: boom di acquisti
A maggio gli acquisti di bici sono aumentati del 60% rispetto all’anno scorso, tanto che sempre più negozi hanno finito le scorte: molte bici, o almeno molti componenti, vengono dalla Cina e la pandemia ne ha bloccato la produzione. Aiuta il buono da 500€ che darà il Ministero dell’Ambiente (qui una guida per chi può chiederlo – ovvero maggiorenni residenti in comuni con più di 50.000 abitanti, per un massimo del 60% della spesa totale). Si stima che per fine anno verranno vendute 400 mila bici in più rispetto al 2019, quando il numero totale aveva raggiunto il milione e mezzo.
La viabilità: corona-lanes o corsie ciclabili
Nelle principali città italiane tratti di strada sono stati o saranno convertiti in piste ciclabili. Anzi, in corsie ciclabili o "corona-lanes", come vengono definite i percorsi che non hanno divisori fisici ma solo la linea dipinta sull’asfalto. (A Roma se ne vorrebbero fare 150 km, ma sembra che i fondi siano sufficienti solo per 25).
Le soluzioni integrate: bike to work
Regioni e comuni stanno mettendo a disposizioni risorse aggiuntive per integrare il bonus mobilità del governo, soprattutto nelle piccole realtà. In Emilia-Romagna, per esempio, 30 comuni beneficiano del Piano aria integrato regionale, un fondo di 3,3 milioni che copre parte delle spese di acquisto o manutenzione di una bici, e che garantisce un incentivo di 50€ al mese per chi va al lavoro in bici.
La mentalità: precedenza alle bici
Arrivano anche soluzioni a basso costo. In molte città sono state introdotte strade dove la velocità di circolazione non può superare i 20 o 30 chilometri orari, e aumentano i percorsi a esclusivo uso ciclopedonale. Sono stati cancellati parcheggi e allargate le corsie. A Cuneo una piccola rivoluzione: in alcune strade della città ora la precedenza è data a bici e passanti.
Ci sono anche aspetti negativi, caratteristici del nostro Paese. Come la scarsa sicurezza: nel 2018 sono morti 219 ciclisti a causa di incidenti stradali, un dato stabile da almeno dieci anni (mentre sono in calo le morti per incidenti stradali al volante). O la scarsa propensione a scegliere la bici come mezzo di trasporto: in Italia solo il 3,6% della popolazione la usa per spostarsi con frequenza, contro un valore almeno doppio Europeo. E infine, i limiti delle soluzioni presentate nel decreto crescita, sottolineate da molti.
Un video che mostra una via di Milano, qualche giorno fa, all'ora di punta: le bici sfrecciano, le auto sono bloccate. Video condiviso da BikeItalia.it
L’OBIETTIVO AMBIENTE —
Le bici sono il mezzo, l’ambiente il fine. Un buon esempio arriva da Milano. «È come essere in un nuovo dopoguerra», spiega il sindaco Beppe Sala dopo aver fatto convertire 35 km di strada in tratti ciclopedonali. «[Ora] i finanziamenti dell’Europa, del governo, pubblici e privati, andranno lì, sull’ambiente, sui sistemi di mobilità; poi se volete riduciamo tutto al tema delle piste ciclabili ma è molto di più». L'obiettivo è cambiare definitivamente il centro città favorendo mezzi di trasporto alternativi. «Chi è in salute e non deve fare molta strada dovrà imparare a muoversi diversamente» spiega il Comune. Ora per evitare la trasmissione del coronavirus, in futuro per diminuire l’inquinamento dell’aria, proprio in quelle aree con più alti tassi di smog. Nella classifica delle 100 città più inquinate d’Europa, 24 sono italiane, con Milano e Torino da anni ai primi posti. Non è una sfida da poco: secondo l’agenzia ambientale dell’Unione europea, la scarsa qualità dell’aria causa 400.000 morti all’anno nell'Ue, almeno 80.000 in Italia secondo l'Istat.
Team Graziella: a inizio 2000 ne usavo una per andare al mare. Era di un azzurro carta da zucchero. Poi mio padre ha gonfiato troppo la ruota e ci è esplosa in faccia. Questa è una vecchia pubblicità un po' patriarcale.
PENSIERO MAGICO —
Convincersi che la bici al posto dell’auto possa risolvere tutti i problemi dell’ambiente sarebbe pensiero magico. Come io e i miei 1000 chilometri di sterrato in mountain bike per dimenticare le amarezze.
Neanche se tutte le auto del mondo si fermassero, le emissioni di CO2 non si ridurrebbero a sufficienza. E sappiamo che anche le bici o i monopattini elettrici hanno un discreto impatto negativo: dai minerali usati per le batterie all’elettricità consumata.
Uno studio ha da poco confermato che le emissioni di CO2 del 2020 sono scese di circa il 17% rispetto al 2019. Un dato senza precedenti, ma ancora troppo basso (e troppo costoso in termini di privazioni) per arrivare a emissioni zero per il 2050. Le nostre scelte personali, nei consumi e nei trasporti, non bastano.
Ma ci sono comunque benefici importanti per noi e le future generazioni. citavo uno studio: al diminuire del particolato nell'aria scende quasi di pari grado la mortalità di giovani e anziani. Simili benefici si ottengono anche alla riduzione degli altri inquinanti emessi dalle auto, come il biossido di azoto (NO2) o l’ozono che rimane nei bassi strati dell’atmosfera. Come mostra il nuovo rapporto Mobilitaria, presentato giovedì da Kyoto Club e Cnr-Iia: a Milano l'NO2 è scesi del 29% a marzo rispetto alla media degli anni precedenti, e del 51% ad aprile. A Roma -59% a marzo, -71% ad aprile.
Davanti a noi c’è un’occasione unica, di quelle che capitano una volta nel giro di qualche generazione: poter cambiare le nostre città e, così facendo, proteggere la salute nostra e di chi è più vulnerabile di noi. Un pensiero magico che può davvero avverarsi.
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Alcuni articoli e notizie interessanti di questa settimana:
• The HOT 10 Climate songs (New York Times)
Un lavoro pazzesco e interattivo sulle canzoni di successo che parlano di cambiamento climatico.
• The Coronavirus Quieted City Noise. Listen to What’s Left (New York Times)
Un altro lavoro pazzesco e interattivo sulla riduzione dei suoni nei centri città.
• Can video games make people care about wildlife conservation? (National Geographic)
• Il futuro del post-Coronavirus sarà più o meno sostenibile?* (Be Unsocial)
(*Si parla anche dell'eBook nato da questa newsletter)
Segnalo ai fissati per l’outdoor anche il documentario italiano The Clean Approach, che si può vedere online gratis da questa settimana, e parla delle pratiche sostenibili quando si va all’avventura.
PS. Perché siamo qui
Per l'occhio umano, il verde è il colore con più sfumature. Distinguiamo moltissime varietà di verde. C'entra l'evoluzione: i primati da cui deriviamo si nutrivano prevalentemente di piante e frutta e per loro era vitale poter distinguere ciò che li circondava.
Oggi, sono molte anche le sfumature di verde quando parliamo di cambiamento climatico e all'ambientalismo. Ecco perché nasce questa newsletter: per raccontare tutte queste sfaccettature e per passare parola, soprattutto ai giovani.
Non sarò l'unico a parlare: se avete spunti, dubbi, idee, contributi scrivetemi.