🌍 Il colore verde 03: Come ci si lava le mani quando manca l'acqua?
Il colore verde
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#03: Come ci si lava le mani quando manca l'acqua?
L'esperimento di un giornalista americano: è uscito di casa, è andato in farmacia, ha usato il bancomat. Poi è tornato a casa e, con una speciale sostanza e tecnica che rivela germi e sporcizia sulle superfici, ha fotografato la sua mano prima e dopo un lavaggio accurato. (Paul Barcena)
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Difetti d'immaginazione
In nessun altro momento della storia dell'umanità ci siamo lavati così tanto le mani. Nei siti di informazione non troviamo solo le istruzioni per lavarle al meglio, ma addirittura titoli come «Mani screpolate e secche da troppi lavaggi (o disinfettanti): ecco i rimedi» (Corriere) con l'elenco delle migliori creme idratanti e le soluzioni casalinghe. Per l'Organizzazione mondiale della sanità lavarsi le mani per almeno venti secondi è uno dei modi più efficaci per evitare il virus: è proprio attraverso le mani che potrebbe arrivare all'apparato respiratorio. Ci tocchiamo il viso in media 23 volte all'ora (NCBI).
Ma quando l'acqua manca? E quando l'acqua non è sicura e può trasmettere malattie ancora più gravi del coronavirus? Che si fa?
Certo, non succede in Italia. Ma succede negli altri angoli di mondo. Angoli che sono sempre di più e sempre più vicini. La crescita della popolazione, l'aumento delle temperature e lo sfruttamento delle risorse idriche rendono ancora più esplosiva una crisi socio-sanitaria come questa. O la prossima.
Medio Oriente, Asia e soprattutto Africa: luoghi che ci sembravano distanti e non ci interessavano. Ora, invece, per proteggere noi stessi comprendiamo quanto siamo interconnessi agli altri. Perché possiamo resistere alla prima ondata di Covid-19, ma vogliamo evitare anche una seconda.
«Nel contagio la mancanza di solidarietà è prima di tutto un difetto di immaginazione»
Così scrive Paolo Giordano nel suo libro Nel contagio, appena scritto e pubblicato (Einaudi, lo trovate in edicola). Ecco: oggi cerchiamo di colmare quella mancanza di fantasia. Ne parliamo con Roberta Rughetti, responsabile dei programmi di Amref Italia, onlus che da più di 60 anni si occupa di cooperazione allo sviluppo in Africa.
2,2 MILIARDI ——
Al momento, se l'acqua dolce disponibile – l'1% di tutta l'acqua presente sulla terra– fosse come per magia equamente distribuita, tutti ne avrebbero la giusta quantità.
Ma la magia non esiste: sono 2,2 miliardi (il 28% del totale) le persone che vivono in aree dove l'accesso all'acqua non è sicuro. E in futuro sarà peggio: nel 2030 si calcola che la domanda sorpasserà del 40% la disponibilità. Per la fine del decennio, questo decennio!, metà della popolazione mondiale vivrà in aree di "severo stress idrico", ovvero dove l'acqua potrebbe scarseggiare.
I paesi con minore accesso all'acqua potabile: più è rosso minore è l'accesso (OMS e AFP)
LE NOSTRE AZIONI ——
L'acqua è sempre mancata in certi punti del mondo, cosa c'entra il cambiamento climatico?
Come in realtà possiamo capire al volo, c'entra eccome. Anzi, l'acqua è il principale mezzo con cui possiamo vedere gli effetti del cambiamento climatico, in Italia come nel mondo. I gas serra prodotti dalle attività umane fanno salire la temperatura. Il caldo rende più lunghi e intensi i periodi di siccità. La siccità porta a perturbazioni meno regolari e più forti.
Lo scorso anno nel Corno d'Africa, dove la siccità arriva con più frequenza di una volta (IFRC), 11,7 milioni di persone sono state colpite severamente (UNOCHA). La siccità ha causato, solo l'anno scorso e solo in quella zona, 2,7 milioni di sfollati. L'equivalente di 65.000 navi Sea-Watch guidate da Carola Rackete. In un anno.
A questo si unisce l'azione diretta dell'uomo nei confronti delle risorse idriche: sfruttamento per le coltivazioni intensive (due terzi di tutto il consumo mondiale), la gestione non efficiente delle infrastrutture di distribuzione, e pochi investimenti per il trattamento delle acque reflue.
Senza dimenticare i conflitti armati o il terrorismo. L'ultimo triste episodio arriva dalla Siria. Il 24 marzo l'Unicef ha denunciato che gli scontri della guerra civile hanno danneggiato gli impianti idrici di Allouk, nel nord est del Paese, «lasciando 460.000 civili senz'acqua».
ACQUE CONTAMINATE ——
In molte zone, inoltre, non solo l'acqua scarseggia, ma è anche a costante rischio contaminazione. Virus e batteri si diffondono anche nell'acqua. Il problema più diffuso al mondo è la presenza nell'acqua dell'Escherichia coli, indicazione di una «contaminazione fecale» (ne abbiamo sentito parlare in merito a certe spiagge dell'Adriatico). Il batterio si trova nell'intestino di animali ed esseri umani. Se ingerito causa diarrea, a volte mortale, soprattutto tra i più piccoli e soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Ogni giorno in media muoiono 2195 bambini per diarrea: più di quanti muoiano per Hiv, malaria e morbillo messi insieme.
IL CORONAVIRUS IN AFRICA ——
Torniamo in Africa. «L'allerta coronavirus in Africa è massima: le misure di sicurezza sono molto dure anche per Paesi con pochi contagi», mi spiega Roberta Rughetti di Amref. «Qualunque previsione è impossibile: al momento siamo a poco più di 5000 contagi totali, ma non sappiamo quale siano gli scenari futuri. E non è solo una questione di numeri assoluti. Perché nel continente c'è solo il 3% del personale medico globale, nonostante in Africa si conti un quarto delle malattie totali del Pianeta. Al momento 40 Paesi hanno la possibilità di fare tamponi, ma con difficoltà e lentezza».
Amref – in particolare la sua sede italiana – si focalizza da anni sui progetti legati all'accesso all'acqua e servizi sanitari, e proprio in questi giorni ha lanciato una campagna dedicata al tema. «È fondamentale capire che è tutto collegato. Poca acqua o acqua contaminata porta alle malattie infettive. Viceversa, l'acqua pulita porta a più salute e igiene. L'acqua pulita serve per bere, per lavare, per coltivare. Ma anche per partorire, o per evitare malattie infettive conosciute o sconosciute. L'organizzazione sanitaria è già fragilissima e, soprattutto nei paesi sub-sahariani, può collassare da un momento all'altro. Faccio un esempio: non potendo fare tanti tamponi per il coronavirus, si prova a capire chi è contagiato attraverso i sintomi. Ma le precarie situazioni igieniche provocano spesso infezioni del tratto respiratorio, rendendo ancora più complicato individuare e isolare chi ha contratto il coronavirus».
Riassunto: avere l'acqua non significa fermare il coronavirus in Africa. Ma non averla peggiora drammaticamente le cose. Dal punto di vista strettamente legato al virus, ma anche per i delicati equilibri dei Paesi in via di sviluppo.
We go win Corona: la canzone del nigeriano Cobhams Asuquo per sensibilizzare la popolazione sul coronavirus. Alcuni versi sono proprio dedicati all'importanza di lavarsi le mani. Le canzoni come mezzo di divulgazione sono state usate in Africa, con ottimi risulati, anche con l'epidemia di Ebola del 2014.
LA LEZIONE EBOLA ——
Come fare quindi per risolvere almeno il problema base, ovvero lavarsi le mani per evitare il coronavirus e lavarsele in acqua abbastanza pulita da non prendere la diarrea o altre patologie?
Ci si è posti questa domanda durante l'esplosione dell'epidemia dell'Ebola nel 2014. Dei vari esperimenti provati per dare la possibilità di lavarsi le mani a tutti, la soluzione minima ha funzionato meglio di tutte. Due secchi: uno con una soluzione di acqua e cloro al 0,05% e un rubinetto; l'altro vuoto per accogliere l'acqua di scolo. Si sono diffusi fuori da mercati, ospedali e scuole. «Qui a Kemena, Sierra Leone, quello di cloro è il profumo che tutti indossano» raccontava Patrick Jamiru dell'Independent.
Ora i secchi sono tornati. «Già da febbraio li ho rivisti in Liberia e Sierra Leone. La lezione imparata con l'Ebola è stata utile» ha spiegato alla radio americana Joia Mukherjee di Partner in Health. Anche il distanziamento sociale è fondamentale, però: WaterAid in questo periodo sta proprio lavorando affinché 10.000 stazioni dell'acqua non diventino luoghi di assembramento. Per farlo è necessario ricreare l'abitudine delle code distanziate – come quelle che vediamo fuori dai nostri supermercati – con «segni rossi o anche semplicemente con delle pietre», come spiega una funzionaria della onlus.
Un secchio di acqua e cloro e uno per l'acqua di scolo a Bamako, Mali, installato in queste settimane. Lo stesso sistema è stato sperimentato in molti Paesi africani con successo durante l'epidemia di Ebola. (foto Life Tiemoko/EPA)
INVESTIMENTI ——
Lavarsi le mani per 20 secondi con acqua corrente significa usare poco meno di due litri d'acqua. Lavarsele di frequente come in questo periodo, può equivalere a 15-20 litri al giorno a persona, quasi 100 litri per una famiglia.
Non è un consumo di acqua, se viviamo in zone dove l'approvvigionamento e la gestione dell'acqua non hanno problemi. Il ciclo naturale dell'acqua garantisce il ritorno del 100% dell'acqua. Non è acqua sprecata, in altre parole, ed è bene ricordarlo, e a volte è persino importante che non venga usata con troppa parsimonia: a Berlino a forza di "risparmiare" acqua, le falde sono sovraccariche.
Il problema si ribalta però dove l'acqua è scarsa. La gestione dell'acqua è vitale. E questa è una lezione più importante della pandemia. L'acqua deve arrivare a tutti, con infrastrutture migliori e meno selettive. Il consumo in agricoltura deve essere gestito diversamente.
Gli investimenti in infrastrutture idriche hanno dei ritorni molto alti. Secondo l'Onu, in alcuni paesi ogni dollaro investito in acqua e sanificazione ha un ritorno stimabile fino a 9 dollari. Ma gli investimenti e aiuti internazionali legati all'acqua nei confronti dei paesi in via di sviluppo sono meno del 8% del totale. A molti sembrano poco attraenti, come ha sintetizzato la Banca Mondiale.
Solo prendendo il caso dell'Escherichia coli e la diarrea, addirittura, il miglioramento dell'accesso all'acqua e l'igiene porta a un ritorno di 25 dollari ogni dollaro investito (CDC).
Un dispositivo, il Community Chlorine Maker, che crea cloro partendo da acqua, sale e una batteria dell'auto. Sviluppato da una onlus americana, genera sufficiente cloro per ripulire l'acqua necessaria a 200 persone al giorno. In queste settimane vengono consegnati in 13 paesi sub-sahariani, Myanmar e Vietnam.
A CASA NOSTRA ——
Non è solo una questione «da terzo mondo» e con questa riflessione voglio concludere. Se il clima cambia, cambiano gli equilibri idrici anche nei Paesi sviluppati. Anche qui, in Italia.
Al momento la spesa mondiale degli Stati per l'approvvigionamento d'acqua è di 40-45 miliardi di dollari all'anno. Nel 2030, non cambiasse nulla, arriveremo a 200 miliardi (IRP). L'ho detto all'inizio: il 2030 è fra 10 anni.
È un decennio cruciale. Bisogna quindi arrivare preparati, e per farlo bisogna cambiare: gestendo meglio le nostre risorse. Non significa decrescita felice. Un esempio: In Australia, grazie a piani di ottimizzazioni e tagli degli sprechi, tra il 2001 e 2009 il consumo di acqua è sceso del 40%, mentre l'economia è cresciuta del 30%. E oltre all'Australia, è successo in altri Paesi e può essere fatto in altri: è il cosidetto decoupling, disaccoppiamento tra i trend di consumo di acqua e di crescita economica.
Tornerò sull'argomento quando sarà rientrata la crisi del coronavirus. Nel frattempo, se avete domande, fatemi sapere rispondendo alla mail.
La sfida, in tempi così
Informarsi è importante, ma agire di più. Ecco perché ogni settimana continuo a proporvi sfide e attività. Le divido per difficoltà: tre stelline è il massimo. Fatemi sapere come stanno andando.
Questa settimana l'idea mi è venuta grazie a una mail di Ornella, insegnante che ho conosciuto durante un corso a Roma. Mi ha raccontato che sta leggendo molti libri legati al mondo delle piante. Suggeriva L'incredibile viaggio delle piante e La Nazione delle Piante di Stefano Mancuso. Io le ho consigliato Mirabilia di Renato Bruni, sulla botanica nascosta nelle opere d'arte.
Campionare le piante, da fermi ★★☆
Che piante hai in casa? Che piante ci sono lì intorno? Cosa vedi dal davanzale, o cosa cresce nel tuo giardino? In questo periodo di isolamento, si può scoprire di avere attorno un campionario variegato di vegetazione. Difficilmente riconoscerete piante e fiori al volo. Nessun problema, potreste usare un app. Vi consiglio PlantNet (Android / iOS). Fatemi sapere cosa scoprite.
PS. Perché siamo qui
Per l'occhio umano, il verde è il colore con più sfumature. Distinguiamo moltissime varietà di verde. C'entra l'evoluzione: i primati da cui deriviamo si nutrivano prevalentemente di piante e frutta e per loro era vitale poter distinguere ciò che li circondava.
Oggi, sono molte anche le sfumature di verde quando ci si riferisce alle sfide del cambiamento climatico e all'ambientalismo. I media tradizionali tendono a dare voce o agli scettici o a chi ha un approccio inarrestabile e radicale, con l'effetto di ghettizzare le posizioni e scoraggiare i moderati.
Ecco perché nasce questa newsletter: per raccontare chi ogni giorno prova a contribuire a migliorare l'ambiente, chi si fa domande, chi è pieno di dubbi, chi ha coraggio ma anche una vita, un lavoro e una famiglia da incastrare agli ideali. Per passare parola, soprattutto ai giovani.
Non sarò l'unico a parlare: se avete spunti, dubbi, idee, contributi scrivetemi. Rispondendo a questa mail o sui social.