Lotto per la vita, difendo l’acqua
🌍 Il colore verde #217 (Aprimi prima di lunedì 🎁)196 persone che difendevano la terra sono state uccise nel 2023. In più: il divieto de L'Aja, l'ecocidio e due pettirossi
Ciaooooo!
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— Bollettini quotidiani in quei momenti dell’anno in cui la diplomazia climatica si riunisce (come G7, Cop, e altre occasioni)
— Appuntamenti “live”: online o in persona per discutere delle nostre ecoansie e di come progettare insieme il futuro.
Quando Il Colore verde è nato aveva un obiettivo: rendere il cambiamento climatico un tema culturale, capace di attraversare ed espandersi nei diversi campi della nostra quotidianità. La newsletter è cresciuta molto, così come la sua comunità, voi che la leggete e che ogni settimana scrivete, domandate, ribaltate il punto di vista. Il colore verde è cambiato spesso nella forma e nei toni, ma non è mai mutato il principio guida: bilanciare accuratezza e intimità per comprendere a pieno la crisi. E dare voce alla nostra speranza.
Per continuare a farlo, e per continuare a crescere, non ha bisogno di pubblicità o aziende che la sponsorizzino — non è un modello di business che ci farebbe bene. Ma ha bisogno di voi.
🎁 E per premiare chi legge la newsletter subito, ecco un’offerta che dura fino a domenica notte: il 30% sul piano annuale.
Ma con tutti i soldi che guadagnerò cosa farò? Salderò i miei debiti con Federica De Lillis, cercheremo nuovi collaboratori e mi comprerò l’Albero azzurro. Sto già prendendo le misure:
Grazie di cuore 💚
⚖️ Vanuatu, Figi e Samoa chiedono il riconoscimento dell’ecocidio
Torniamo a parlare di ecocidio, la parola che riassume i gravi crimini contro la natura (e quindi contro l’umanità). Vanuatu, Figi e Samoa, tre piccoli Paesi del Pacifico circondati dall’oceano e destinati a scomparire se le acque continueranno a innalzarsi, hanno presentato alla Corte penale internazionale una proposta che mira a far riconoscere l’ecocidio come un crimine internazionale, al pari del genocidio e dei crimini di guerra.
Il tema, appunto, non è nuovo: se ne parla in diversi contesti da anni. La fondazione Stop Ecocide spinge che il riconoscimento avvenga il prima possibile perché lo ritiene “uno strumento giuridico praticabile che corrisponde a un bisogno reale e urgente nel mondo”. In passato il presidente francese Macron aveva definito il riconoscimento di ecocidio “la madre di tutte le battaglie ambientali”, e nel 2021 il reato è stato inserito nel codice penale francese. Nel 2019 Papa Francesco aveva accostato al concetto giuridico anche un principio religioso: “Dovremmo introdurre un nuovo peccato, il peccato di ecocidio”. Lo scorso marzo, poi, l’Ue ha introdotto una nuova serie di reati paragonabili all’ecocidio (senza usare il termine) puniti severamente dalla legge.
Il processo di riconoscimento internazionale però è piuttosto lento: ci sono voluti anni per definire il reale perimetro del reato, che dal 2021 è fissato in questi termini:
«Per ecocidio si intendono gli atti illeciti o sconsiderati commessi con la consapevolezza che esiste una sostanziale probabilità di causare danni gravi, diffusi o di lunga durata all’ambiente, causati da tali atti».
La richiesta delle tre isole accelera la pratica, perché obbliga la Corte penale internazionale ad affrontare il tema ed esprimersi a riguardo.
→ Bicchiere mezzo pieno: per Philippe Sands, importante avvocato internazionale e co-presidente di Stop Ecocide, è solo una questione di tempo. «La vera domanda è solo quando verrà riconosciuto, non se», ha detto.
→ Bicchiere mezzo vuoto: la Corte penale internazionale è un organo importante, ma non sempre decisivo. Molti Paesi non ne fanno parte, quindi non ne riconoscono le sentenze. E le sentenze si applicano solo a singoli cittadini, e non sempre vengono poi messe in atto. Pensate, per esempio, all’ultimo caso del premier israeliano Netanyahu: il procuratore della Corte penale ne chiede l’arresto immediato da mesi, ma certo non è avvenuto, né con tutta probabilità avverrà.
🚫 L’Aja è la prima città al mondo a vietare la pubblicità sulle fonti fossili
Questa è importante. L’Aja, nei Paesi Bassi, è la prima città a vietare le pubblicità legate alle fonti fossili. Il divieto varrà dal 1° gennaio 2025 ed è stato deciso con un’ordinanza comunale. Lo ha annunciato l’ente World Without Fossil Ads, che offre aiuto e strumenti agli enti che vogliono percorrere questa strada.
Si tratta della prima risposta all’appello lanciato a giugno da Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, che aveva chiesto ai governi e ai media di introdurre divieti sulla pubblicità dei combustibili fossili, simili a quelli imposti alla pubblicità del tabacco. Il divieto della città olandese è piuttosto radicale, perché si applica alla pubblicità di prodotti e servizi fossili come vacanze in aereo, crociere, auto a benzina e fornitori di gas. Non potranno essere esposte nei luoghi pubblici. La città ha promesso anche di raggiungere la neutralità climatica entro il 2030.
🏞️ In Ungheria i politici dell’opposizione fanno riunioni sul fiume in secca
La siccità non riguarda sempre i soliti Paesi europei, ma quest’anno colpisce anche dove non ce l’aspettiamo, come in Ungheria. Un gruppo di parlamentari dell’opposizione, insieme a dei membri di una associazione ambientalista, si è riunito sul letto del fiume Tisza, il secondo più lungo del Paese dopo il Danubio. La riva del fiume si è allargata a causa della siccità che colpisce il Paese (e anche la vicina Polonia, dove la Vistula ha raggiunto il suo livello più basso mai registrato).
→ A tema: la carovana dei ghiacciai di Legambiente ha fatto tappa sulla Marmolada. Secondo i loro studi, il ghiacciaio perde 7 centimetri al giorno, e potrebbe scomparire per il 2040: “è in coma irreversibile”.
✊196 attivisti per l’ambiente uccisi nel 2023
Ogni due giorni, almeno una persona che difende l’ambiente viene uccisa. È un dato mostruoso, eppure passa ogni anno inosservato perché accade lontano da noi.
Nel 2023 sono stati uccisi 196 earth defenders: attivisti e attiviste, sindacalisti e sindacaliste, persone delle popolazioni indigene, agricoltori, avvocati. Più di un terzo delle uccisioni è avvenuto in Colombia, e quasi tutti in Paesi del Sud Globale, dove difendere l’ambiente - come un fiume sacro o un territorio dei nativi - può essere una questione di vita o di morte.
Il dato proviene dal nuovo report di Global Witness, che ogni anno, con molta fatica prova a raccogliere i dati. Il 70% delle vittime viveva in quattro Stati: Colombia, Brasile, Messico e Honduras. L’ente spiega che spesso è difficile stabilire una causa diretta degli omicidi, dato che molti rimangono impuniti, ma spiegano che uno dei contesti più violenti è quello delle miniere, con 25 omicidi legati al settore. Capita soprattutto per le miniere illegali, che sono protette da guardie armate private che non si fanno scrupoli.
Negli ultimi anni i numeri oscillano sempre intorno alle duecento uccisioni, mentre stanno aumentando i casi di violenza non letale. Global Witness dà un nome a ogni vittima, a volte anche una storia completa. Il report di quest’anno è arricchito da grafici e molte fotografie, ve lo consiglio davvero. Una mi ha colpito: la figlia di Óscar Eyraud Adams osserva da vicino la parete dedicata al padre ucciso nel settembre 2020.
Era un attivista della popolazione indigena dei Kumeyaay piuttosto famoso. Pochi mesi prima di morire, aveva filmato i suoi campi completamente secchi, denunciando alcune aziende che avevano creato una diga e deviato un fiume. Era riuscito a ottenere l’approvvigionamento idrico per il suo villaggio, ma una sera una banda armata legata al narco-traffico è entrata in casa sua e gli ha sparato. Il giorno dopo, anche suo cognato è stato ucciso. “Lucho por la vida, defiendo el agua” — lotto per la vita, difendo l’acqua.
Immagina una storia per ognuno delle 196 vittime di quest’anno: Agnaldo da Silva Paz, ucciso il 10 novembre; Marino Paví Julicue il 16 dicembre; Alfredo Cisneros Madrigal il 22 febbraio; Victoria Méndez Agustín il 6 maggio.
Pannelli solari che bellezza… da Pompei alle Chiese anglicane
Avete presente quell’amico, parente o collega che dice “Ahh voi volete riempire città e campagne di pannelli fotovoltaici, ma fanno schifo!”. Ecco, rispondetegli con queste storie:
— A Pompei, il tetto della Villa dei Misteri è ricoperta di “coppi solari”, ovvero tegole fotovoltaiche indistinguibili dalle tegole classiche. Una soluzione che può diffondersi in molti centri storici (qui le foto e i dettagli tecnici).
— A Bilbao i pannelli sono arrivati anche sulla copertura del museo Guggenheim, una delle architetture contemporanee più belle e complesse in Europa: sono stati inglobati nella struttura e son persino belli da vedere.
— In Inghilterra sono scatenati e molte chiese hanno deciso di creare impianti fotovoltaici sui loro tetti, con tanto di benedizioni (questa foto è bellissima).
Esempi così se ne trovano sempre di più, un giorno ve ne racconto altri. Forse non siamo ancora abituati alla diffusione di pannelli fotovoltaici o pale eoliche, e ci sembrano poco adatti a un centro storico o troppo grandi per un paesaggio di campagna. Sono però anche un simbolo di cambiamento positivo: oggi sono versatili e un giorno, quando non serviranno più, saranno anche molto facili da rimuovere.
🔗 SUL WEB
— I gatti odiano davvero l’acqua? Risponde la scienza
— In Italia è diminuito per la prima volta l’acquisto di carne
— Per superare l’ecoansia bisogna prima superare l’individualismo
— Nel Piano Draghi decarbonizzazione e competitività vanno di pari passo
📚 DA LEGGERE
— La macchina blu, un saggio sugli oceani di Helen Czerski
Tutti i mari del mondo hanno un unico grande motore alimentato dal sole. Questo motore dà vita e dà forma al Pianeta (edito da Bollati Boringhieri).
🎧 DA ASCOLTARE
— Discoscienza
Un gran bel podcast settimanale “che fa ridere ma anche riflettere”, e viceversa. Di Andrea Bellati, che per me è praticamente una divinità pagana (ma non diteglielo).
👀 DA VEDERE
— Le foto wow del Yeast Photo Festival che inaugura il 19 in provincia di Lecce
DA FARE
— Bergamo e Gandino ospitano i campionati mondiali di plogging
il plogging, mix tra lo svedese plocka upp (raccogliere) e jogging, è la corsa dove si raccolgono i rifiuti
Un pettirosso sopra un pettirosso di plastica in un giardino di Macclesfield, Inghilterra. Scatto perfetto di Paul Beech.
Se siete qui, vuol dire che Il colore verde vi piace davvero e vi è utile. La newsletter è nata nel marzo 2020 e la curo io, Nicolas Lozito, friulano, 33 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa.
Da febbraio 2024 Federica De Lillis collabora con me. Giornalista romana, ora vive a Milano e lavora per Sky Tg24. I suoi focus: nuove generazioni, diritti e digitale.
La comunità de Il colore verde ha un bosco di 300 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO₂: trovate la sua storia qui. Se vuoi adottare un albero anche tu da ZeroCO₂, usa il codice ILCOLOREVERDE per uno sconto del 30%.
Carissimo, ho problemi con il pagamento con applepay - potresti aggiungere PP? Buona giornata😊