Ecominimalista a chi?
🌍 Il colore verde #201 Un estratto dal libro di Elisa Nicoli. E poi: la pioggia di Dubai non è stata causata dal cloud seeding, i coralli non stanno bene, l'Inter e il clima
Ciao e etciù! Non so da voi, ma a Torino è ufficialmente arrivata la stagione degli starnuti per il polline (nonostante sia pure tornato il freddo).
Lunedì è la giornata della Terra, uno di quei giorni specialissimi per chi ha a cuore le cose dell’ambiente: festeggiala al meglio.
Noi la celebriamo con un regalino: Elisa Nicoli (@eco.narratrice) ci ha gentilmente concesso un estratto del suo nuovo libro Ecominimalismo — l’arte perduta dell’essenziale. Lo trovi dopo le cinque notizie.
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Ps. Se sei a Torino, oggi (sabato) ci incrociamo all’Earth Day ai Giardini Reali e domani alla Biennale tecnologia.
📊 Arriva l’European State of the Climate, report che ci dirà che nel 2023 bollivamo e nel 2024 sarà forse peggio
Se leggi il Colore verde da un po’ sai che la prima notizia spesso è dedicata ai dati che ci offre Copernicus, l’ente europeo che studia meteo e clima, il Wmo, l’organizzazione meteorologica mondiale, o altri enti simili. Mettere la scienza in cima è una scelta indispensabile.
Lunedì uscirà l’European State of the Climate, un giga-report su come è andato il 2023 e cosa aspettarci da quest’anno. Di solito è realizzato da Copernicus, quest’anno per la prima volta ha contribuito anche il Wmo. Spiderman e Batman si alleano per la scienza.
Qualche spoiler:
L’anno scorso abbiamo quasi toccato +1,5°C di riscaldamento globale (1,48);
Da aprile a dicembre le temperature degli Oceani hanno raggiunto livelli record senza precedenti da quando misuriamo il dato.
I ghiacci dell’antartico hanno toccato il record negativo di estensione.
Nel 2022 dai ghiacciai europei abbiamo perso cinque chilometri cubi di acqua, probabilmente il dato 2023 sarà più alto.
→ Lunedì apri questo link e leggi tutti i nuovi dati.
🪸 I coralli non stanno bene: è in corso il quarto sbiancamento di massa, destinato a essere il peggiore di sempre
Non vedevi l’ora di leggere un’altra brutta notizia.
L’aumento delle temperature dei mari e l’acidificazione degli oceani causati dalla crisi del clima ha innescato il quarto sbiancamento di massa dei coralli in 30 anni, il secondo negli ultimi dieci. È iniziato a febbraio 2023 e non si è ancora fermato. Lo conferma un nuovo rapporto del Noaa, l’ente americano che si occupa degli oceani.
Si tratta del più intenso evento del genere mai registrato e per ora interessa il 54% delle barriere coralline globali, ma la percentuale sta crescendo dell’1% ogni settimana. Il record precedente, registrato tra il 2014 e il 2017, si era fermato al 56%.
Lo sbiancamento delle barriere è il passo che precede la morte dell’intero ecosistema (ad alta biodiversità), ed è quasi irreversibile. Qui spiegato da Geopop.
💸 A causa del cambiamento climatico, il Pil italiano si ridurrà del 15% per il 2050
E vabbè oggi gira proprio male.
Anche se le emissioni di gas serra dovessero essere drasticamente ridotte a partire da oggi, l’economia mondiale è destinata a una riduzione del reddito medio procapite del 19% da qui al 2050 a causa dei cambiamenti climatici.
Lo racconta un nuovo studio pubblicato su Nature svolto dall’Università di Potsdam. Questi danni sono sei volte superiori ai costi di mitigazione necessari per limitare il riscaldamento globale a +2°C.
Stima totale: danni annuali globali medi per 38 mila miliardi di dollari, con una probabile forbice tra 19 e 59 mila miliardi di dollari nel 2050. Questi danni derivano principalmente dall’aumento delle temperature, ma anche da cambiamenti nelle precipitazioni e nella variabilità delle temperature.
Il reddito medio pro-capite in Italia si potrebbe ridurre del 15%, meno che in Grecia (17%) e Spagna (18%), ma più che in Francia (13%).
☔ Ma quindi come mai ha piovuto così tanto a Dubai? Non è stato il “cloud seeding”
Martedì Dubai è stata colpita da piogge torrenziali senza precedenti. Forse hai visto foto e video online. A seconda delle zone, sono piovuti dai 100 ai 250 millimetri di pioggia. Per darti l’idea: le precipitazioni annuali negli Emirati oscillano in media tra i 140 e i 200 millimetri. Oltre ai danni alla città di Dubai, nel vicino Oman son morte otto persone.
Media e social hanno rapidamente attribuito la responsabilità del disastro al cloud seeding, una tecnica nota in italiano come inseminazione delle nuvole. Come funziona: con degli aerei vengono vaporizzate delle particelle di sostanze chimiche – le più usate sono lo ioduro d'argento e il biossido di carbonio congelato (il ghiaccio secco) – che stimolano la formazione di pioggia. Per funzionare devono esserci già nuvole in cielo. Gli Emirati, così come altri Paesi arabi, usano la tecnica da almeno un decennio. L’agenzia pubblica emiratina che se ne occupa ha confermato di aver usato la tecnica la settimana scorsa, ma non nei giorni precedenti alle piogge.
In ogni caso, non possiamo attribuire le enormi precipitazioni al cloud seeding, per questi due motivi:
Le operazioni di cloud seeding hanno effetto abbastanza localizzato. Di solito si svolgono nella parte orientale del Paese, lontano da Dubai. Invece qui è piovuto tantissimo in un’area vastissima, che comprende appunto anche l’Oman.
L’effetto del cloud seeding è limitato: può aumentare le piogge di circa il 20-25% su base annua, quindi non è capace di scatenare ciò che è accaduto.
Per contro, non possiamo nemmeno attribuire automaticamente il disastro al cambiamento climatico. È impossibile trovare un rapporto di causa-effetto in tempo reale. Ma è probabile che abbia giocato un ruolo come “moltiplicatore”, aumentando l’intensità dell’evento meteo. Se poi la città è tutta cemento e la natura è relegata a ruolo ornamentale, i problemi aumentano esponenzialmente.
⚽ I numeri di maglia dell’Inter durante il derby di lunedì saranno dedicati al clima
Quando il calcio e l’ambiente si uniscono io sono una persona felice. (Se poi c’entra pure l’Inter allora è jackpot)
Lunedì, per la giornata della Terra, il Wwf, la Serie A e l’Inter si uniscono per un’iniziativa originale. Ogni maglia avrà un’etichetta aggiuntiva che legherà il numero del giocatore con un dato o una statistica ambientale. Esempi:
1. Sommer: “abbiamo 1 solo pianeta a disposizione”
9. Thuram: “gli ettari di foreste che vengono distrutti ogni minuto”
10. Lautaro: “il calo medio percentuale della biodiversità negli ultimi 14 anni”
23. Barella: “i miliardi di dollari del commercio illegale di fauna”.
Non finisce qui, racconta Riccardo Luna su Green and Blue: la finale della Coppa Italia «sarà il primo evento calcistico in Italia concepito intorno al concetto di sostenibilità in ogni suo aspetto», e quest’estate gli Europei in Germania «saranno il più sostenibile grande evento sportivo della storia dello sport».
→ I dati vengono dal rapporto “Viaggiare con la bici 2024”. Li spiega molto bene l’ultima puntata della newsletter
di Elisa Gallo.Un estratto dal nuovo libro di Elisa Nicoli, in esclusiva per noi de Il colore verde. Se non segui Elisa sui social, ti consiglio di recuperare partendo da questo bellissimo video sulle vecchie scarpe, occhiali e cellulari.
Eco-minimalismo: cosa, perché, per chi
di Elisa Nicoli
L’eco-minimalismo è uno stile di vita che punta per prima cosa a ridurre il troppo in cui siamo avvolti. Innanzitutto il troppo materiale. Possedere meno, molto meno. L’eco-minimalismo dovrebbe però anche essere mentale. Ridurre il bombardamento di informazioni non filtrate che subiamo tutti i giorni, per selezionare solo ciò che ci migliora e ci dona benessere. Che non significa ignorare, sia chiaro.
L’eco-minimalismo è sottrazione, ma non privazione. Il nostro obiettivo è togliere l’eccesso, per preservare solo ciò che rende la nostra vita degna di essere vissuta. Una cosa che richiede un lungo percorso di presa di consapevolezza di sé, di cosa ci fa davvero stare bene. Può non essere facile, soprattutto se abbiamo un rapporto distorto coi nostri bisogni. […]
Il lavoro sui nostri bisogni essenziali è fondamentale per procedere con efficacia in uno stile di vita eco-minimalista. È un lavoro che, comunque, dura tutta la vita. E per fortuna. Non ci si può annoiare mai. La mia vita è sempre stato un percorso. Un percorso di presa di coscienza progressiva. Di cosa mi piace possedere, di come voglio investire il mio tempo, delle persone che mi piace frequentare… tutto questo è legato al tipo di oggetti di cui abbiamo davvero bisogno. Nella mia vita ho man mano tolto quello che non mi serviva, perché con l’esperienza ho visto che non lo usavo mai e che in fondo non avevo tutto questo tempo da dedicare a quella attività. Sarà che sono nel mezzo del cammin di mia vita e un po’ di esperienza alle spalle ormai ce l’ho, ma sono in un momento in cui sento che posso liberarmi di praticamente tutto quello che ho accumulato negli ultimi 20 anni. Diciamo che non ho mai avuto vita facile, perché ho milioni di interessi e mi incuriosisco di tutto, soprattutto dei lavori manuali. Adesso però so sempre più chiaramente cosa mi serve davvero e questa consapevolezza mi dona una grandissima libertà che anche solo 10 anni fa non avevo. Spero sarete più veloci di me a prendere coscienza di cosa volete possedere o meno, del tipo di attività che non farete mai. Lasciando però sempre lo spazio al nuovo e allo stupore.
L’eco-minimalismo non è soltanto una sottrazione, ma anche un nuovo modo di affrontare le scelte di acquisto. Una volta che siamo riusciti a liberarci del “troppo” dobbiamo non fare più entrare eccessi. Ed è qui che emerge ancora più chiaro cosa intendo per pensiero sistemico, all’interno dello stile di vita eco-minimalista.
Un minimalista rompe una cosa che gli serve, la butta e ne compra un’altra. Un’eco-minimalista non lo farebbe mai. Le cose che si è deciso di conservare vanno amate e preservate, contro ogni obsolescenza programmata. L’eco-minimalista torna a dare valore agli oggetti, in un’epoca in cui è normale che qualunque cosa sia usa e getta, anche le relazioni. E il valore nasce non tanto da quanto abbiamo speso, ma soprattutto dal tempo dedicato a preservarlo. La mia canottiera da trekking preferita ha assunto sempre più valore ogni volta che l’ho rammendata. Il cavo dello smartphone ha assunto veramente valore nel momento in cui sono riuscita da sola a ripararlo. Prima di buttare qualunque cosa dovremmo pensare a come si può riparare. O chi può farlo per noi. Certo, siamo abituati al fatto che la riparazione costi di più dell’oggetto nuovo. Questo accade perché il nuovo non si sobbarca mai di tutti i costi reali, ambientali e sociali, che non avrebbe la riparazione dell’usato. Il nuovo costa troppo poco. Il Nord Globale è riuscito, sì, a rendere democratico l’accesso a beni una volta desinati solo alle fasce più ricche della popolazione, ma a scapito di un Sud Globale sfruttato e di un ambiente profondamente inquinato. Il valore simbolico che assume così la riparazione di un oggetto (e il suo peso infinitamente minore sull’ambiente e sul sociale) potrebbe quindi farci optare per una riparazione anche antieconomica. Sia chiaro, anche al costo materiale c’è un limite. […]
Non dobbiamo solo comprare meno, ma comprare meglio. Possiamo permetterci acquisti di maggiore qualità nel momento in cui ne compriamo molti meno. Se abbiamo poca disponibilità economica possiamo mettere da parte pochi soldi, finché non ne avremo a sufficienza per poterci permettere qualcosa di più durevole. Alla fine avremo sicuramente risparmiato un mucchio di soldi, anche se sul momento ci sembra di averne spesi di più. Yvon Chouinard dice “Come dice il detto, i poveri non possono permettersi di comprare a buon mercato. Puoi comprare un frullatore a basso costo che si brucerà appena provi a tritare dei cubetti di ghiaccio, o puoi aspettare di poterti permettere un frullatore di qualità che duri. Ironicamente, più aspetterai, meno dovrai spendere.” È il concetto del costo per utilizzo. Ci sembra di spendere poco, ma se quella cosa la usiamo anche poco, il costo per ciascun utilizzo sarà comunque molto elevato. Se il frullatore del discount vi si spacca dopo 10 utilizzi e lo avete pagato 35€, ogni utilizzo vi sarà costato 3,5€. Se aspettate a prenderne uno da 150€ sarà più probabile riuscire ad utilizzarlo per 100 utilizzi, che fanno 1,5€ a utilizzo. Io credo che il “costo per utilizzo” debba essere (almeno nelle nostre menti) sostituito al prezzo d’acquisto, perché è molto più realistico.
Ma non occorre comprare sempre il nuovo. Tutt’altro. L’usato è normalmente accessibile a tutte le tasche. E non dobbiamo acquistare l’usato perché facciamo fatica ad arrivare a fine mese, bensì perché sappiamo che ha un impatto infinitamente inferiore del nuovo. L’usato, in un contesto non consumista, è la scelta di acquisto a minor impatto che possiamo fare. Sottolineo “non consumista”, perché si possono fare acquisti compulsivi anche dell’usato. Ma anche usare erroneamente certe app di compravendita dell’usato: ci forniscono l’alibi per continuare ad acquistare, perché poi tanto lo rivendiamo. E, no. Dobbiamo smettere proprio di comprare. O meglio, limitarci. […] Ma non occorre sempre comprare. Passare al non possesso è ancora più sostenibile dell’acquisto dell’usato. Sfatiamo il mito che dobbiamo essere proprietari di tutto quello che usiamo. […]
L’eco-minimalismo vuole fondamentalmente semplificare la nostra vita, liberando spazi che sono innanzitutto mentali. Avere gli orizzonti casalinghi sgombri rilassa e ci permette di ridurre il tempo dedicato a sistemare e pulire casa. Meno oggetti da spostare per rassettare, meno oggetti da spolverare. La semplificazione poi si basa anche sull’imparare a risolvere problemi (“problem solving”) in maniera creativa, con quello che già abbiamo, senza dover per forza comprare qualcosa apposta.
Questa semplificazione e riduzione è anche, alla fine, risparmio economico.
→ Il libro Ecominimalismo è in libreria (Ed. Gribaudo — 200 pp. 16,9€)
Ecobnb
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Se sei qui, vuol dire che Il colore verde ti piace davvero e ti è utile. La newsletter è nata nel marzo 2020 e la curo io, Nicolas Lozito, friulano, 33 anni. Sono un giornalista e lavoro a La Stampa.
Da febbraio 2024 Federica De Lillis collabora con me. Giornalista romana, ora vive a Milano e lavora per Sky Tg24. I suoi focus: nuove generazioni, diritti e digitale.
La comunità de Il colore verde ha un bosco di 300 alberi in Guatemala, piantato da ZeroCO₂: trovi la sua storia qui. Se vuoi adottare un albero anche tu da ZeroCO₂, usa il codice ILCOLOREVERDE per uno sconto del 30%.
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